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Un’Italia digitale è possibile. Basta volerlo, e non sperperare le risorse del Recovery Fund che presto o tardi pioveranno sull’Italia. Una road map è contenuta nel Libro bianco per l’economia digitale, realizzato dal Centro economia digitale (Ced) di cui Rosario Cerra è fondatore e presidente. Il file rouge è chiaro: no agli investimenti ciechi, sì interventi mirati.

L’opera è stata presentata ieri mattina presso la Regione Lazio, alla presenza di numerosi top manager delle principali aziende italiane, molte delle quali partecipate. Un’occasione utile per fare il punto della situazione di un Paese alla perenne rincorsa dell’innovazione, come racconta a Formiche.net lo stesso Cerra.

DIGITALE FA RIMA CON PIL 

“Oggi assistiamo a un’Italia a due velocità. Da una parte grandi realtà come Eni, Leonardo, Enel, che sono assolutamente all’avanguardia. Poi però, dietro, c’è il vuoto del Paese reale e allora ecco la necessità di ricucire questo strappo tra le eccellenze italiane e un tessuto economico e sociale che fa ancora molta difficoltà sul digitale. Noi, come Paese, siamo purtroppo ancora agli ultimi posti per quanto riguarda il Desi (l’indice di competitività digitale, ndr). Questo dato deve far riflettere e allo stesso tempo innescare reazioni industriali”, spiega Cerra. “Oggi, dire digitale vuol dire produttività, ricchezza, efficienza, competitività. E questo non ce lo possiamo dimenticare, non se lo deve dimenticare la politica”.

MISSIONE RECOVERY FUND

Cerra sa bene che i 170 miliardi di euro destinati all’Italia nell’ambito del Recovery Fund sono una grande occasione per la digitalizzazione dell’Italia. “Ritengo che ci sia la necessità di avere un’attenzione tutta particolare sulla distribuzione della digitalizzazione. I fondi andranno impiegati su interventi mirati, non certo spot.  D’altronde il digitale in Italia ha un moltiplicatore di 2,4, il che vuol dire che per ogni euro investito, se ne ottengono oltre due. Ovviamente questo vale se questi investimenti sono fatti in economia reale e non effettuati a pioggia su segmenti che un futuro non lo hanno più”.

LA LEZIONE DEL LOCKDOWN

Che non tutti i mali vengano per nuocere lo pensa poi anche lo stesso Cerra, per il quale due mesi e mezzo di lockdown hanno messo il Paese dinnanzi alle proprie mancanze. “La realtà vale molto più delle parole, delle promesse e lo abbiamo visto. Il lockdown e più in generale la pandemia ci hanno messo di fronte alla consapevolezza che ora più che mai servono azioni vere, concrete, veloci, per un Paese che ha bisogno di digitale per ripartire e dunque sopravvivere alle prossime crisi. Guardiamo a quello che è successo e dove abbiamo sbagliato e alla prossima crisi, saremo pronti”.

MESSAGGIO ALLA POLITICA

Non è finita. Il Libro bianco è sicuramente una buona base di partenza, ma deve a tutti i costi fare breccia nei palazzi che contano, dice. “Nel volume ci sono 85 proposte, questo è un grande tema: riuscire a far capire che il digitale non è una delle tante sfide, una delle tante problematiche, ma qualcosa di più che sta al vertice e questo una politica intelligente e moderna dovrebbe capirlo. Capire cosa blocca il Paese, cosa lo tiene fermo. Perché oggi, vincere la sfida del digitale equivale a vincere tutte le altre”.

Così (con i fondi Ue) acceleriamo sul digitale. Parla Cerra (Ced)

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