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Evitare tagli ai budget della Difesa, aumentare il coordinamento nell’Ue e rinsaldare i rapporti con gli Stati Uniti. È la ricetta per evitare che il Vecchio continente soccomba nel mondo post-Covid-19 secondo Claudia Major (a capo della divisione Sicurezza internazionale del think tank tedesco SWP) e Christian Mölling (research director del German Council on Foreign Relations). L’editoriale, pubblicato sulle pagine di Carnegie Europe, si aggiunge ai tanti appelli di esperti per preservare il livello d’ambizione (e di investimenti) della Difesa comune.

GLI ESPERTI IN PRIMA LINEA

Qualche giorno fa era infatti stata la volta degli analisti del centro di ricerca Armament industry european research (Ares), con una richiesta di attenzione rivolta ai governi del Vecchio continente rilanciata in Italia dagli esperti dell’Istituto affari internazionali (Iai). Major e Mölling si inseriscono nella scia a partire dalla stessa constatazione: il mondo post-Covid-19 sarà più insicuro, competitivo e complesso, ragion per cui serve più Difesa. Lo sforzo analitico vuole evitare un rischio che cresce di giorno in giorno (come dimostra la nuova polemica italiana su F-35): una riduzione delle risorse pubbliche destinate alla difesa, proprio come avvenne dopo la crisi del 2008-2009.

I RISCHI DALL’ESTERNO…

La proposta di Major e Mölling è unire le forze. “Se gli europei mancano l’opportunità (della Difesa comune, ndr) e insistono su risposte nazionali, minacciano di ridurre l’Europa all’irrilevanza strategica”. Da soli, aggiungono, “i Paesi europei non avranno la capacità di gestire i rischi militari”. Questo perché il futuro si preannuncia denso di minacce. “La crisi da coronavirus – spiegano gli esperti – influenzerà la stabilità strategica a livello globale e avrà un impatto diverso su ogni questione urgente che gli europei devono affrontare: dalla guerra in Siria alla Corea del Nord, all’Iran, al terrorismo e alle relazioni con la Russia”. Nel frattempo, “aumenterà lo stress sui decisori politici, chiamati a far fronte a cambiamenti radicali e paralleli in diverse aree, dalla finanza all’energia, dalla pianificazione delle emergenze a misure straordinarie per la gestione della pandemia”.

…E GLI ERRORI DEL PASSATO

E se l’Europa resta divisa, come emerso nel dibatto sugli eurobondo, “aumenta il pericolo che i competitor colgano l’opportunità per far avanzare la loro influenza sugli affari europei”. Ciò riguarda direttamente anche gli affari militari, con le Forze armate europee “decimate” dai tagli ai bilanci che seguirono la crisi finanziaria. All’epoca, “molti Paesi hanno credettero che fosse espressione della sovranità nazionale fare tagli in solitudine piuttosto che in coordinamento con i partner europei”. I governi, aggiungono Major e Mölling, ignorarono “i canali di cooperazione Ue-Natp e non capirono che le operazioni, dai Balcani occidentali all’Afghanistan, avrebbero potuto dare un contributo significativo solo se le Forze armate europee avessero lavorato insieme”. Il risultato, sentenziano, è “scioccante: gli europei hanno perso circa il 30% delle loro capacità di difesa”. I successivi tentativi di porre rimedio (dalla cooperazione Ue-Nato ai programmi comuni) “non sono riusciti a correggere gli errori precedenti”.

RIPARTIRE DALL’UE E DALLA NATO

Ora lo scenario sembra molto simile. Per questo, gli esperti suggeriscono agli europei di optare per un approccio condiviso alla Difesa. Per prima cosa, spiegano, “dovranno informarsi a vicenda in modo completo e trasparente sullo stato della Difesa nei rispettivi Paesi, così da valutare congiuntamente le conseguenze di potenziali misure di austerità e discutere su come garantire la Difesa europea”. Il settore non passerà dunque indenne la fase di revisione della spesa pubblica, a cui probabilmente tutti saranno chiamati. Si può però mitigarne l’effetto, attraverso il ricorso “ai forum di Ue e Nato”, rilanciano Major e Mölling. L’Europa, in altre parole, non può permettersi di tagliere i ponti con il partner d’oltreoceano (come un’interpretazione radicale, francese, di “autonomia strategica” vorrebbe). “Il coordinamento con Washington – concludono i due esperti – è urgentemente necessario perché, nonostante le turbolenze transatlantiche, la difesa dell’Europa dipende dal contributo degli Stati Uniti”.

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