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FRANCESCHINI AVEVA PRONTA “L’ARMA FINE DI MONDO”: LA RIFORMA DEL SISTEMA ELETTORALE IN SENSO PROPORZIONALE

“Tiriamo fuori il proporzionale dal cassetto e facciamolo approvare da almeno un ramo del Parlamento, la Camera, prima dell’estate. Poi la parcheggiamo al Senato e si vede” – aveva detto, richiesto e spinto i suoi deputati dem a fare, il ministro Dario Franceschini, quando nei Palazzi del Potere, appena sgonfiatosi il tifone del coronavirus, erano tornati a soffiare i venti di imminenti crisi di governo. “Così, nei confronti di chiunque voglia andare a votare, o ne abbia la tentazione, abbiamo la pistola carica sul tavolo”, aveva aggiunto il capodelegazione dem, consapevole che – davanti a parlamentari spaventati e riottosi all’idea delle urne, ma anche davanti a leader politici bizzosi e ambiziosi – la sola arma “fine di Mondo” in mano che puoi usare è quella di minacciare di fare la legge elettorale e, quindi, di correre alle urne, ché le due cose, si sa, vanno a braccetto. Una prospettiva, quella di scrivere la nuova legge elettorale, in senso proporzionale puro e con lo sbarramento al 5%, che alletta di parecchio sia i 5 Stelle “lato” Di Maio, che vogliono mani libere, in Parlamento, oggi come domani, sia Forza Italia del Cav che potrebbe così, finalmente, liberarsi dall’abbraccio mortale sia di Salvini che di Meloni.

“IL BIG BEN HA DETTO STOP!”. RENZI FERMA TUTTI E TUTTO: LA NUOVA LEGGE ELETTORALE RESTERÀ AD AMMUFFIRE NEI CASSETTI

Ma, come hanno subito constatato i deputati dem come pure quelli M5s, pronti alla pugna e a ubbidir tacendo, “Il Big Ben ha detto stop!” ha urlato Renzi e tutto si è fermato. “Bene che vada la nuova legge elettorale la approviamo, alla Camera, prima dell’estate, sì, ma solo in commissione… – spiega un deputato dem che segue da vicino l’intero dossier – perché con IV contraria se andiamo in Aula, al primo voto segreto, la maggioranza va sotto, la legge muore e il governo rischia grosso. Quindi, prima di settembre-ottobre, di legge elettorale non si riparlerà più”, sospira il dem che, da maggioritarista convinto, neppure lo vorrebbe firmare, il proporzionale, ma che è obbligato agli “ordini” di partito. Renzi, infatti, che di solito detesta, come anche Berlusconi, occuparsi di “cose noiose come le leggi elettorali”, ha mangiato la foglia, e cioè il tentativo di stipulare, tra Pd e M5S, un accordo ai suoi danni. Il sistema proporzionale in discussione prevede, come vedremo, lo sbarramento al 5%, cifra da cui, nei sondaggi attuali, IV è lontanissima. Senza dire delle rivalità, in campo centrista, dove la concorrenza, per il partito di Renzi, è sempre più spietata.

LA CONCORRENZA AL CENTRO È SPIETATA. IL “PARTITO DI CONTE” HA, PERÒ, UGUALI ESIGENZE DI IV: ABBASSARE LA SOGLIA AL 3%

Prima il partito della Bonino e degli ex Radicali (+Europa), poi il partito di Calenda e Richetti (Azione civile), poi il partito di Toti e, pare, di altri centristi in fuga dagli azzurri (Cambiamo!). Nessuno dei quali vuole “fidanzarsi” con IV. Infine, ecco arrivare anche il nascituro e già testato dai sondaggi, con lusinghieri risultati, ad ora, “partito di Conte”. A sua volta contrario, alla nuova legge elettorale di stampo proporzionale e con sbarramento al 5% – come rivela oggi un retroscena di Francesco Verderami sul Corriere della Sera – perché una cosa sono i sondaggi, se fai un partito, e una cosa i voti reali: quindi, meglio tenere lo sbarramento al 3% come prevede la legge elettorale attuale, il Rosatellum. Renzi ha fatto, in queste settimane, identico e speculare ragionamento e, tanto per cambiare, ha effettuato quello che gli riesce meglio, il “rovesciamento delle alleanze” o, come recita il titolo del suo nuovo libro, La mossa del cavallo: scartare di lato e prendere d’infilata l’avversario stordito.

LA “GRANDE RIFORMA” RENZIANA E I SOGNI DELLA BOSCHI

E così, dopo essersi convertito, nell’ultimo anno, alla “religione” del proporzionale – che un tempo detestava – eccolo tornare, come d’incanto, a farsi tifoso e fan del sistema maggioritario, nonché delle riforme costituzionali. In occasione delle presentazioni del suo libro, ha lanciato “il modello del sindaco d”Italia”, cioè l’elezione diretta del premier con corollario di sistema maggioritario a doppio turno di ballottaggio e collegi uninominali secchi. Una riforma che, in teoria, può piacere alla destra, che l’ha sempre voluta, ma che, per attuarla, bisognerebbe mettere mano alla Costituzione e stravolgerla tutta. Il che vuol dire, banalmente, che è una riforma destinata “all’anno del mai” o, per dirla altrimenti, una “Grande Riforma” inattuabile, come furono quella craxiana e, appunto, quella renziana.

Insomma, la legge elettorale – almeno quella di stampo proporzionale, detta anche Germanicum o Tedeschellum o Brescellum, dal nome del presidente Giuseppe Brescia (M5S) – continuerà a dormire, nei prossimi mesi, i sonni del principe di Condé prima della battaglia di Rocroi, cioè quelli del Giusto. E, in buona sostanza, a prendere polvere nei cassetti della commissione Affari costituzionali della Camera, detta anche, in parlamentarese, “la Prima”, perché ritenuta, da sempre, la commissione più importante, anche perché vi passano tutte le leggi per il vaglio di costituzionalità e, a maggior ragione, le riforme, che siano elettorali o istituzionali o costituzionali. Motivo, peraltro, per cui si dice che la capogruppo di IV, Maria Elena Boschi, ex ministro alle Riforme, miri a prendere il posto del povero Brescia quando, a metà giugno, bisognerà rinnovare le presidenze delle commissioni parlamentari – che scadono tutte dopo due anni – e IV ha i suoi “appetiti”.

Non sia mai che, invece della legge elettorale, ci scappa la “Grande Riforma Istituzionale” (sindaco d”Italia, etc.): una come Boschi, ovviamente, vuole esserci e, da ex ministro alle Riforme, accetta di sedersi solo in posti di prima fila.

Perché a Renzi (e Conte) non piace il proporzionale. Il diario di Colombo

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