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L’Italia è in una fase di preoccupante emergenza sanitaria, ma anche di riconosciuto declino politico, istituzionale, sociale ed economico. La vicenda che riguarda la pandemia da Covid-19 è quella che tiene maggiormente in ansia gli italiani. Non meno rilevanti però sono i fatti che in queste settimane stanno chiamando in causa le istituzioni, la scarsa tenuta morale dei partiti politici, la permeabilità di settori della magistratura e dell’informazione alle sollecitazioni di note e ignote consorterie. Il caso Palamara lo sta dimostrando in tutta la sua drammaticità. La pubblicazione delle sue intercettazioni con colleghi, con alti esponenti militari, con quelli delle istituzioni e dell’informazione stanno creando un giustificato allarme in chi ha sempre ritenuto l’ordine giudiziario indipendente e sovrano nella sua azione.

Emerge con evidenza dai resoconti pubblicati dai giornali e dalle televisioni che così non è. La frenetica attività che Palamara ha svolto nell’incontrare colleghi bisognosi di sostegno di qualsiasi natura, alti ufficiali dell’Arma e di altri corpi militari, giornalisti delle testate più diffuse, influenti parlamentari e rappresentanti di governo suscita interrogativi di incomprensibile interpretazione. Relazioni di certo normali in occasione di eventi pubblici ufficiali, ma che diventano sospette quando maturano in privato con frequenza. I dubbi sono giustificati in chi ha sempre creduto nella divisione dei poteri e nei valori della democrazia. Il cittadino attento, che agisce nel rispetto delle regole, non può che rimanere profondamente turbato da certe censurabili condotte, fino a diffidare del nobile ruolo dell’ordine giudiziario e delle istituzioni in genere. Una magistratura poco limpida è un pericolo per la tenuta della democrazia. Il corretto processo democratico viene alterato in presenza di comportamenti al di fuori dei canoni istituzionali, che lasciano nell’opacità l’azione di rappresentanti delle varie istituzioni, perché viene disatteso il superiore interesse dello Stato, a vantaggio di altri interessi di natura ignota.

È la prova della debolezza, se non dell’assenza della politica autorevole. Le intercettazioni in questione raccontano di intrecci preoccupanti tra alcuni settori dell’informazione con pezzi di magistratura, con settori della politica. Niente di nuovo sotto il sole. Il circuito politico-mediatico-giudiziario ha fatto strage già nella “Prima Repubblica”, inventandosi con il determinante sostegno di ben indirizzata informazione la cosiddetta “tangentopoli”, attentando seriamente alla vita democratica. Si pensava che quelle pagine fossero state definitivamente storicizzate. Proprio per niente, sono attualissime. Nella brutta storia di questo tempo non si tratta semplicemente della difesa di interessi lobbistici, c’è di più: sono presenti all’interno dello Stato relazioni trasversali, che possono destabilizzare da un momento all’altro la vita istituzionale, politica, sociale, economica del Paese. C’è un clima insopportabile, senza alcun rispetto delle regole, scritte e non scritte.

Manca poco per dire che il sistema Paese ormai è solo frammenti, dove non si distinguono più i caratteri, né i confini di una normale democrazia repubblicana. Tutti possono salire sul piedistallo e dare indicazioni di natura etica, politica, giuridica secondo una libera e arbitraria interpretazione della norma. Non a caso anche giornalisti di tv commerciali si consentono non di criticare come è ovvio che sia, ma addirittura censurare, pur non avendone titolo, il corretto ma veemente intervento di qualche parlamentare a Montecitorio, reo di aver accusato l’autorità politica regionale lombarda di incapacità nel contrastare l’epidemia di coronavirus.

Si è di fronte ad una profonda crisi dello stato democratico, iniziata nel 1992, proprio ad opera di una parte della magistratura in alleanza con alcuni settori dell’informazione e della politica, di sinistra e di destra. L’attuale sistema è figlio di quella triste stagione che massacrò spudoratamente la politica. I partiti oggi, di maggioranza e di opposizione, sono solo dei contenitori improvvisati, senza contenuto, qualche illustre intellettuale li definirebbe “gusci vuoti”. È necessario, quindi, eliminarli per ritornare alla politica vera, quella che pone il bene comune e l’etica della responsabilità in cima agli impegni di ogni partito. La moralizzazione della vita pubblica è stato sempre l’imperativo categorico di don Sturzo durante gli anni della sua esperienza politica nel Partito Popolare Italiano, ricominciare da qui è una indicazione concreta per ridare dignità e moralità alla politica e alle istituzioni.

Come ridare dignità a politica e istituzioni. Il commento di Reina

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