Skip to main content

La complessità della crisi in Libia aumenta. Dalla primavera dell’anno scorso, le tensioni sono sempre più critiche. Per fare fronte ad un quadro pieno di sfumature, la comunità internazionale ha deciso di far sedere intorno ad un tavolo tutte le parti coinvolte e mettere in atto le strategia della diplomazia. La conferenza di Berlino del 19 gennaio conferma l’interesse di radunare gli sforzi per la ricerca di una soluzione. Tuttavia, il presidente del governo di Unità Nazionale di Tripoli, Fayez al-Serraj, e il generale Khalifa Haftar, capo dell’autoproclamato Esercito Nazionale Libico (Enl) e leader della fazione della Cirenaica, hanno rifiutato il documento finale. Cosa succederà ora?

Per analizzare gli scenari futuri della crisi libica, l’Osservatorio di politica internazionale, progetto di collaborazione tra Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e ministero degli Affari esteri, ha elaborato un approfondimento, a cura del Centro di Studi Internazionali, intitolato “Cosa può succedere dopo la conferenza di Berlino sulla Libia”.

A cura di Lorenzo Marinone, il focus sottolinea l’importanza della conferenza di Berlino perché “ha raccolto una convergenza vasta e trasversale tra gli attori esterni, compresi quei Paesi come Turchia, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia che hanno una presenza militare sul campo più o meno ufficiale”. Questo sarebbe il principale risultato di Berlino: aver seduto nello stesso tavolo i protagonisti esterni che hanno contribuito all’escalation militare del conflitto. Un conflitto che rischia di degenerare a livello regionale.

Ma l’esito dell’incontro a Berlino può essere superato dagli eventi sul campo. “Se dovessero riprendere le ostilità – si legge nel report – nessuna delle parti contraenti disporrebbe di strumenti diplomatici condivisi per far tacere di nuovo le armi. Tutto resta affidato all’influenza del singolo Paese sulla fazione libica di riferimento, esattamente come avveniva in precedenza”. È molto probabile che in Libia riprendano le ostilità da parte dell’Enl e dei suoi promotori esterni, non su vasta scala ma piuttosto con offensive e avanzate mirate.

Nonostante siano passati anni, la crisi in Libia si è trasformata in maniera considerabile nell’ultimo anno, a causa anche dalla forte influenza di agenti esterni. Rischiando inevitabilmente di coinvolgere nel conflitto molti dei suoi vicini. “Questo significa che tanto la Turchia, che appoggia il fronte di Tripoli, quanto gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto impegnati a fianco di Haftar, leggono gli sviluppi della situazione come parte di una partita più ampia, innestata sulla rivalità per l’egemonia regionale che contrappone il polo guidato da Ankara e vicino alla Fratellanza Musulmana a quello delle monarchie del Golfo e ai loro referenti regionali”, sottolinea il report Cesi.

Non va sottovalutato, dunque un fattore: l’ambizione personale del leader della Cirenaica. Secondo l’approfondimento, Haftar “ha indubbiamente fretta di chiudere la partita, o perlomeno di arrivare al governo con una patente di legittimità internazionale e sufficienti margini di manovra per gestire in autonomia il Paese”. A Berlino è stata riconosciuta la parità di Serraj, capo di un governo riconosciuto dall’Onu e dalla comunità internazionale, e di Haftar, leader militare impegnato in un attacco totale contro quel governo.

La conferenza di Berlino ha anche dimostrato “l’apertura di una nuova fase negoziale che abbia come presupposto il congelamento dello status quo sul campo. Una fase che resterebbe comunque viziata da molte delle criticità che, in passato, hanno fatto naufragare ogni sforzo diplomatico e hanno contribuito a erodere il capitale di fiducia tra le fazioni libiche. Al pari del precedente summit di Mosca, Berlino non ha prodotto alcuna tregua ufficiale e formalizzata dalle parti in lotta”.

Il focus sostiene che sulla Libia, lo scenario migliore per l’Europa è la tregua con monitoraggio internazionale: “Uno scenario sostanzialmente diverso si aprirebbe nel caso in cui la tregua fosse invece accompagnata dall’introduzione di un meccanismo di monitoraggio internazionale. Innanzitutto, sarebbe un messaggio diplomaticamente più forte da parte di quegli Stati che non appoggiano militarmente alcuna fazione e che, con l’escalation dei combattimenti di questi mesi, hanno perso influenza sugli attori libici”. L’intervento di potenze esterne, che non subiscono direttamente gli effetti dell’instabilità del Paese nordafricano, “non solo hanno messo l’Unione europea di fronte al rischio concreto di essere completamente marginalizzata, ma hanno tolto incisività all’azione dei singoli Paesi membri, inclusi quelli, come la Francia, che per un certo periodo hanno mantenuto un atteggiamento ambiguo e hanno provato a forzare la mano con iniziative diplomatiche ‘solitarie’”.

A che punto è la crisi in Libia. Scenari e (possibili) soluzioni nel report Cesi

La complessità della crisi in Libia aumenta. Dalla primavera dell’anno scorso, le tensioni sono sempre più critiche. Per fare fronte ad un quadro pieno di sfumature, la comunità internazionale ha deciso di far sedere intorno ad un tavolo tutte le parti coinvolte e mettere in atto le strategia della diplomazia. La conferenza di Berlino del 19 gennaio conferma l’interesse di…

Trump vs Greta: il gigante cattivo e la bambina? Non scherziamo. Il commento di Clini

La cronaca di Davos mette in evidenza il confronto tra Greta e Trump. Una “cronaca facile” che mette in risalto l’arroganza dell’uomo più potente del mondo contro l’annuncio disarmato della catastrofe climatica da parte della piccola Greta. Troppo facile. Il dato rilevante, che va oltre la cronaca, è la presa di posizione netta del presidente Usa contro gli allarmi sul…

Blockchain, Spazio e Fintech. Intervista con l'avvocato del futuro

Alessandro Negri della Torre è il fondatore di LX20 Law Firm, una delle prime realtà italiane a specializzarsi nelle materie del diritto del futuro. Dopo una laurea in Italia e due LL.M all’estero (Usa e Uk) ha lavorato per molti anni in boutique firm e ha sviluppato l’iniziativa fintech di un’importante società di consulenza. Lo incontriamo per comprendere meglio chi…

Ecco cosa manca per uno sviluppo del Fintech in Europa

Lo scorso 13 dicembre 2019 il Gruppo di esperti sugli ostacoli normativi all'innovazione finanziaria (Rofieg), istituito dalla Commissione Europea nel 2018, ha pubblicato un documento contenente trenta raccomandazioni alla stessa Commissione, affinché siano superati quei vincoli, anche normativi, che bloccano lo sviluppo del Fintech nell'Unione Europea. Del Gruppo di esperti l'unico componente italiano è la professoressa Antonella Sciarrone Alibrandi, ordinario…

L'addio di Di Maio e le responsabilità di Grillo. L'opinione di Becchi

Era ormai solo una questione di tempo. Luigi Di Maio lo sapeva. Ma raccontiamo brevemente la sua storia politica. Dopo la morte di Gianroberto Casaleggio, prima di molti altri, Di Maio era stato bravo a stringere un accordo con il figlio di Gianroberto, Davide, e prendere la guida del MoVimento Cinque Stelle insieme all’Associazione Rousseau, costituita in punto di morte…

Il successore di Di Maio? Conte, ma senza M5S. La versione di Aldo Giannuli

Un'ascesa velocissima e ora il passo indietro. La parabola di Luigi Di Maio dai banchetti dei MeetUp degli Amici di Beppe Grillo alla guida del Movimento 5 Stelle arriva oggi a un punto di svolta tra i più travolgenti vissuti dall'uomo politico e dalla forza politica che guidava fino al pomeriggio di questo 22 gennaio. Tra le ragioni del passo…

Nessuna rivoluzione: il Movimento si fa partito. Padellaro spiega il M5S

Nessuna rivoluzione, dice a Formiche.net Antonio Padellaro, fondatore del Fatto Quotidiano. Il M5S da movimento si fa (semplicemente) partito, per cui il passo indietro di Luigi Di Maio è solo l'antipasto degli Stati Generali, che saranno un vero e proprio congresso. “E lì, come nella Dc, chi prende il centro vince”. M5s, è rivoluzione copernicana con il possibile passo indietro…

Quale futuro per il Movimento in crisi? L’opinione di Ocone

Parafrasando Winston Churchill potremmo dire che “si tratta di un indovinello, avvolto in un mistero all’interno di un enigma”. Non parliamo qui del futuro dell’Unione Sovietica, che non c’è più da un bel po’, ma di quello del Movimento Cinque Stelle, che rischia più o meno di fare la stessa fine o almeno di trasformarsi in qualcosa d’altro e ridimensionarsi…

Bene l'asse industriale Francia-Italia. Ma sulle scalate... Parla Licheri (M5S)

Forse ci siamo. Dopo mesi, anni, di frizioni, Italia e Francia sono pronte a mettere nero su bianco una ritrovata collaborazione. Sono, forse, lontani i tempi delle tensioni lungo l'asse Roma-Parigi, sulle questioni della grande industria strategica. Da Fincantieri-Stx alle scalate francesi alle nostre aziende. Ora è tempo di regole comuni, per dire basta alle incomprensioni su settori cruciali quali…

Non privatizzare per fare cassa. La voce (inascoltata) di Draghi sul Britannia

Se il discorso di Mario Draghi pubblicato dal Fatto Quotidiano è veramente stato l’incipit del Britannia, se quello è stato il tono di tutti gli interventi durante la famosa mini crociera nello Yacht della famiglia reale del Regno Unito, difficile che sia veramente stata quella la sede nella quale si decisero i destini dei colossi pubblici italiani, che sarebbero stati…

×

Iscriviti alla newsletter