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Con l’uccisione del generale iraniano Soleimani e l’attività militare della Turchia in Libia il Medio oriente si è ripreso il palcoscenico della geopolitica mondiale, ricordandoci la complessità degli avvenimenti a cui assistiamo. E che non hanno mai una sola spiegazione o motivazione: per quanto riguarda la Libia, per esempio, si sarebbe portati ad attribuire la tensione che sta crescendo alla consueta corsa per mettere il cappello sulle aree di produzione energetica. Ma forse non è così semplice.

Lo scenario libico presenta molti elementi di interesse. Intanto per i protagonisti, che non sono solo la Turchia di Erdogan, le cui mosse paiono ispirate da una nostalgia del sultanato, ma anche l’immancabile Russia del novello zar Putin, che nel Medio Oriente intende giocare un ruolo da protagonista – e a questo fine sono essenziali le sue strategie legate agli approvvigionamenti di oil&gas ma anche alla missione della difesa della Cristianità a cui Mosca “la Terza Roma” si sente investita – e gli Stati Uniti, che hanno compiuto la scelta di portare alle estreme conseguenze il conflitto coi persiani.

Ma c’entrano solo le risorse energetiche? A mio parere una delle chiavi di lettura della nuova tensione coinvolge le tecnologie e i big data. Non è un caso che proprio il conflitto tra Iran e Usa sia stato giocato finora con i droni, che sono stati usati per colpire le installazioni petrolifere saudite e che gli americani hanno attribuito proprio alla mano di Soleimani, così come i droni hanno posto fine alla vita del potentissimo generale persiano. E gli stessi Usa si attendono che la replica del Paese degli ayatollah (anche se nell’immediato si sono affidati ai sicuri missili per fare la prima rappresaglia) venga proprio utilizzando i “soldati teleguidati2: siamo entrati definitivamente in una nuova era dove controllare queste tecnologie è cruciale.

Perché dietro l’utilizzo dei droni c’è la tecnologia più avanzata delle Tlc, che è ormai l’elemento centrale su cui si basa la sicurezza nazionale. Non a caso proprio il territorio libico è quello da cui passano e passeranno i preziosi cavi delle telecomunicazioni e dove sono collocate le centrali di raccordo. Ed è per questo che non è certo da oggi che la Libia ha attratto l’attenzione di Francia, Usa, Egitto e Russia. Uno scenario che, verrebbe da dire come di consueto, vede l’Italia ai margini, nonostante non siamo certo gli ultimi nello sviluppo di queste tecnologie: chiedere a Telecom Italia Sparkle spa, la controllata Telecom che gestisce la rete di tipo Tier-1 per i dettagli. In ballo come sempre c’è il nodo di Gibuti nel quadrante del corno d’Africa, conteso da Stati Uniti e Cina, che ha accresciuto la propria presenza in terra africana con l’obiettivo di acquisire posizioni nel settore delle Tlc. Una competizione che si allarga dalla dorsale mediorientale che arriva nel cuore del Mediterraneo passando proprio dall’Iran e dalla Turchia.

Risorse energetiche e telecomunicazioni: la geopolitica d’inizio 2020 si sta misurando sui settori strategici per lo sviluppo economico e per la supremazia politica. E per quanto riguarda l’energia, non dimentichiamo che il settore da sempre vede coinvolto il nostro colosso energetico, l’Eni, che si è sempre saputa districare quando una crisi appariva all’orizzonte, anche se è vero che alle spalle aveva il sistema Paese mentre ora non pare che i suoi destini importino come un tempo.

I conflitti che potrebbero scoppiare da un momento all’altro – e speriamo che la diplomazia riesca a riprendersi la scena – ripropongono quindi un tema che per noi italiani è ormai diventato un mantra consumato: la mancanza di investimenti nell’innovazione tecnologica industriale ma anche di coraggio nel cercare di essere protagonisti.

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