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È proprio quando si ha l’impressione che su un argomento si sia oramai detto tutto e che l’attenzione (e tensione) giornalistica si sia spostata altrove, che il momento è opportuno per l’analista per tentare un “colpo di coda” che torni su quello stesso tema.

Non tanto con l’ambizione di svelare aspetti sconosciuti, quanto di proporre chiavi di lettura alternative sulla base di informazioni già note a tutti. E magari giungere – questo si – a conclusioni nuove.

Il tema su cui torniamo è quello del recente repentino crollo di credibilità nelle ultime settimane subito dalla Organizzazione Mondiale della Sanità/ World Health Organization  (Oms/ Who)

Lo spunto lo danno una serie crescente di critiche culminate in un duro articolo del Wall Street Journal che elenca ritardi, contraddizioni, e passività che hanno caratterizzato l’attività della Oms sul Covid-19 nei quattro mesi che vanno da gennaio ad aprile 2020. Quella che verrà ricordata come la famigerata Fase 1 di questa crisi.

Per comprenderlo a pieno, questo atto d’accusa non va gestito singolarmente ma va inserito nel quadro complessivo della diffusa impotenza e inefficacia dimostrata dal multilaterale nel gestire la pandemia, dominata dal protagonismo incontrastato dello Stato-nazione.

Di per sé questo fallimento è paradossale. Quale migliore occasione di affermazione per il globalismo se non il governare con comune risposta il primo virus globale della storia. Ovvero, una crisi che per la prima volta ha posto tutti i leader del mondo, senza eccezioni, davanti allo stesso rischio e con una simile agenda di governo orientata a combattere il medesimo problema, con poche variazioni sul tema.

E invece il multilateralismo classico è stato quasi del tutto assente dalla gestione della crisi. Dalle povere performance dalla Ue alle Nazioni Unite passando per la Nato hanno regolarmente confermato questo declino, ognuna per il suo settore di competenza.

Dagli Stati membri europei che cancellano di propria iniziativa in una notte il mostro-sacro Schengen, a Bruxelles che a fine aprile (!) ancora discute su come distribuire i fondi di emergenza per la ricostruzione; dalla Nato che critica gli aiuti russi e cinesi all’Italia ma non riesce a organizzare sue iniziative di sostegno e nemmeno a dirimere questioni “logistiche” tra i suoi Paesi alleati (vedi Italia e Turchia), alle Nazioni Unite e  il loro “Consiglio di Sicurezza”, che si trovano silenti nel loro ruolo di governo del mondo e propongono improbabili moratorie sui conflitti e appelli sul cambiamento climatico quando l’attenzione – e  paura – è altrove.

Agli albori della crisi pandemica e fino a circa metà marzo 2020, l’Oms era sembrata essere al riparo da questa crisi del multilaterale, sia perché attiva come unico livello esistente di coordinamento globale sul nuovo virus, sia perché esclusiva fonte di informazione per infotainment nazionali impreparati sull’argomento, sia per via dell’aggettivo mondiale nel suo stesso nome, evocativo di una simbologia di governance totale cui un certo provincialismo culturale inesperto di vicende internazionali concede sempre un forte credito a-critico iniziale.

Invece – dopo l’alternarsi di una serie di decisioni prese in ritardo rispetto allo scenario (prima fra tutte, l’ufficializzazione dell’emergenza pandemica); o raccomandazioni di profilassi cadute in aperta contraddizione tra di loro (vedi utilità di tamponi e mascherine), o prese di posizione sulla genesi e gestione della pandemia (con sperticati encomi a Pechino) – il rispetto per l’organizzazione ha lasciato spazio prima al sospetto e poi a una critica aperta dai toni sarcastici, talmente diffusa da diventare argomento mainstream.

E forse più che dall’attacco frontale arrivato da parte del presidente americano Donald Trump, un segnale dell’imporsi del bilaterale è venuto dalla stessa corsa in difesa dell’Oms da parte di Cina e Russia, abbraccio politico mortale da parte di due dei soggetti che oggi al meglio interpretano l’azione dello Stato-Nazione dominante nel contesto internazionale.

Nonostante questo, a colpire non è stata tanto la assodata debolezza operativa (e politica) dell’Oms, quanto il fatto che essa abbia sorpreso le opinioni pubbliche, come se queste veramente si aspettassero che quel tipo di multilateralismo arrivato stanco ai giorni nostri potesse gestire una crisi del genere. Come se l’Oms avesse al contempo l’indipendenza politica, il potere decisionale e le capacità tecniche indiscusse, necessarie per una governance mondiale di una tale pandemia.

Incapace di guadagnarsi una propria autonomia politica dai propri azionisti Stati-Nazione di riferimento; il multilateralismo negli ultimi decenni è proliferato in strutture burocratiche spesso ridondanti e simili le une alle altre; popolate da un numeroso ceto intermedio di funzionari amministrativi senza competenze specifiche ma determinati alla propria auto-preservazione.

Alla loro guida gli stessi azionisti di riferimento hanno messo figure provenienti dalle seconde (quando non terze) file dei propri sistemi politici, rigorosamente a-carismatiche per non fare ombra ai leader nazionali.

Ogni concreta proposta di auto-riforma è stata rigettata nella sostanza con un muro di gomma, con cambiamenti di facciata e nominali. Rilanciando retoriche che hanno sistematicamente omesso di denunciare le carenze operative croniche delle stesse organizzazioni.

La prima cosa ad essere sacrificata in questo quadro di riferimento è la political accountability dell’Organizzazione internazionale stessa. La seconda è la sua capacità di imporre una scomoda verità tecnica alla pressione politica esterna del momento.

Prima del Covid-19, questa inerzia burocratica senza una chiara visione politica autonoma aveva già mostrato tutti i suoi limiti nella gestione delle ultime principali crisi mondiali (dalla Bosnia al Kosovo, dall’Ucraina all’ Iraq), protagonista di occupazioni in massa dei Paesi in transizione con proprie strutture multilaterali ridondanti ma senza un preciso mandato e chiaro obiettivo politico.

A ben guardare, quindi, la debolezza dell’Oms è solo una particolare espressione di quella più generale del multilateralismo, la cui assenza dalla gestione concreta della crisi del Covid-19 non è tanto causa quanto conseguenza di un’inconsistenza politica e funzionale stratificatasi negli anni.

La vera ingenuità è stata coltivare l’illusione che l’Oms (e ogni altra simile organizzazione multilaterale) potesse veramente gestire – con le attuali regole del gioco e la struttura rococò che si ritrova – la prima vera crisi mondiale del nostro tempo.

Lo scorso 24 aprile, in piena pandemia, si è celebrata la Giornata mondiale del multilateralismo (sic!). Pochi se ne sono accorti. Quasi nessuno ne ha gioito. Resterà così, almeno fino a quando le Organizzazioni  internazionali non riusciranno a diventare vere Istituzioni politiche internazionali.

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