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Negli Stati Uniti, i morti di coronavirus sono oltre 56 mila e supereranno, tra oggi e domani, i caduti in Vietnam, circa 58 mila: fra i deceduti della pandemia molti sopravvissuti a quella guerra, o perché ne tornarono vivi o perché s’imboscarono e non ci andarono.

I dati della John Hopkins University indicano che i contagi sfiorano i 990 mila e potrebbero oggi superare il milione. Ieri, per il secondo giorno consecutivo, il numero delle vittime è stato relativamente basso – 1.303 -, rispetto alla media della settimana precedente.

Dopo avere annunciato che non avrebbe più partecipato in modo regolare ai briefing quotidiani sull’andamento dell’epidemia, e averne pure annullato un paio, Donald Trump ha ieri convocato una conferenza stampa per affermare che gli Stati dell’Unione “o sono in buona forma o stanno andando meglio”. Il presidente prevede che il bilancio definitivo del coronavirus si situerà tra le 60 e le 70 mila vittime; e nega l’intenzione, attribuitagli dal suo rivale Joe Biden, di volere rinviare l’Election Day il 3 novembre (“Perché dovrei farlo?”).

Fronte democratico, la speaker della Camera Nancy Pelosi ha dato l’endorsement formale a Biden: “Sarà un presidente straordinario”, ha detto. “Mentre affrontiamo l’epidemia, Joe è stato una voce della ragione e della flessibilità, indicando un chiaro cammino per condurci fuori da questa crisi”. L’appoggio di Pelosi a Biden era scontato e giunge, anzi, relativamente tardi: segue quelli già espressi, tra gli altri, da Barack Obama, dall’ex vice-presidente Al Gore, dai senatori ed ex rivali Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Prima o poi, arriveranno anche i Clinton.

La settimana vede numerosi Stati, a macchia di leopardo, allentare il lockdown e riprendere attività economiche non essenziali. Dopo le proteste dei giorni scorsi, proliferano sul web siti, spesso farlocchi, che criticano le misure di prevenzione e ne chiedono la revoca. Riunito in tele-conferenza coi governatori, Trump ha evocato la riapertura delle scuole prima della fine dell’anno accademico, almeno in alcuni Stati: “Alcuni di voi potrebbero iniziare a pensare alla riapertura delle scuole e potrebbero farlo”.

Prima della conferenza stampa, il presidente aveva attaccato gli Stati a guida democratica e i “fakes-news media” bollati come “nemici del popolo”. In conferenza stampa, ha negato con un secco “no” ogni responsabilità nelle polemiche dei giorni scorsi sulle sue controverse ricette mediche anti-coronavirus. Contestualmente, il Washington Post, però, rilancia e dettaglia le informazioni secondo cui Trump ignorò tra gennaio e febbraio gli allarmi delle agenzie di intelligence.

In un tweet, il presidente s’è chiesto “perché i contribuenti americani dovrebbero salvare Stati e città governati male (come l’Illinois, per esempio) e in tutti i casi governati e gestiti dai democratici, quando la maggior parte degli altri Stati non sta cercando aiuto per un salvataggio?”. Trump ha così rilanciato l’ipotesi del leader dei repubblicani al Senato Mitch McConnell: far andare in bancarotta gli Stati che non riescono a sostenere l’emergenza coronavirus senza fondi federali.

La parola d’ordine dei repubblicani, in vista della campagna elettorale per Usa 2020, se mai si farà, e se si faranno le elezioni a novembre, è tenere Donald Trump al riparo dalle critiche per l’impatto dell’epidemia di coronavirus negli Usa, con il crollo del Pil e l’impennata della disoccupazione.

La ricetta di un memo di 57 pagine distribuito ai candidati repubblicani, e reso noto da Politico, è molto semplice: “Dalli alla Cina”, accusare i democratici di essere morbidi nei suoi confronti, minacciare sanzioni a Pechino per la diffusione del virus. Lo scoop di Politico crea allarme in Cina, dove il ministero degli Esteri proclama la volontà di restare fuori dai giochi politici interni Usa. Ma Trump, in conferenza stampa, dice di volere “una seria inchiesta” sulle mene cinesi.

(Usa2020)

Biden ottiene l'appoggio di Pelosi, Trump fa i conti col suo nuovo Vietnam

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