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Dalla Farnesina a Palazzo Chigi, dal Mise alla Sanità, la macchina istituzionale italiana sta reggendo l’urto del coronavirus e anzi è un esempio all’estero, dice a Formiche.net Francesco D’Uva, già capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, oggi questore di Montecitorio e parlamentare vicino a Luigi Di Maio. L’Eurogruppo di questo martedì è l’ora della verità, spiega, ma l’Italia ha fatto (bene) i compiti a casa e non ha di che rimproverarsi.

D’Uva, cosa c’è davvero in ballo in questo Eurogruppo?

Molti direbbero il nostro futuro, io dico il nostro presente. In questa corsa contro il tempo bisogna prendere decisioni che incidono adesso e valgono anche per il dopo. Penso che, seppure in una difficoltà senza precedenti, l’Italia abbia una grande opportunità: trasformarsi da uno degli epicentri globali della pandemia in modello internazionale di ripresa.

Come?

Dipenderà anche dagli sviluppi che si registreranno in seno all’Eurogruppo. L’Italia si è posta come motore di una virata verso strumenti nuovi per l’economia comunitaria. Ma siamo un esempio anche per le misure adottate, nonché il centro nevralgico della solidarietà internazionale. Uniamo questi elementi e ne verrà fuori l’immagine plastica di un Paese che mostra agli altri come rialzarsi.

Il governo deve tenere il punto sui coronabond?

Il governo italiano è capofila di una serie di esecutivi nazionali che stanno indicando soluzioni nuove e condivise. Tra queste ci sono proprio i bond comuni. Non vogliamo addossare agli altri Paesi il nostro debito, stiamo semplicemente dicendo che se non si forniscono a Stati come l’Italia strumenti adeguati, ne risulterà penalizzato tutto l’ecosistema economico europeo. Se cade l’Italia, cadono tutti. Un esempio tangibile: se all’industria automobilistica tedesca si togliesse l’apporto della componentistica italiana, rischierebbe seriamente la chiusura. E così, su larga scala, per le economie nazionali nella cornice europea.

E il Mes? È una soluzione o una trappola?

Il Mes è uno strumento superato. Ha una forma inconciliabile con la sostanza dei problemi che dobbiamo affrontare adesso. È un meccanismo pensato per crisi isolate, mentre questa emergenza è di tutti.

Patuanelli ha annunciato un potenziamento del Fondo di garanzia per le Pmi, che prevede una garanzia al 100% per alcune tipologie di prestito. Non è troppo rischioso?

Questa misura fa parte dell’ottimo lavoro che sta facendo il governo per fronteggiare la crisi. Prima con il Cura Italia e adesso con il nuovo decreto, puntiamo a immettere liquidità nel sistema e soldi nelle tasche degli italiani, che per i più fragili significa cibo a tavola. Per farlo, lo Stato deve essere in prima linea. Come succede anche nel caso della liquidità alle imprese con la garanzia del 100% da parte dello Stato. Su questo l’Italia, grazie alla proposta del Movimento 5 Stelle, è stata la prima ad ottenere l’ok della Commissione europea. Oggi anche la Germania ha annunciato che applicherà la stessa misura, e sono sicuro che seguiranno anche altri Paesi. Ecco cosa intendo per ‘modello italiano’.

Il rischio in un momento di crisi come questo è che in prima linea ci siano anche le organizzazioni mafiose, un allarme che è stato lanciato recentemente da diversi esponenti della lotta antimafia.

Sì, e bisogna tenere altissima l’attenzione. Nei giorni scorsi mi sono unito anche io a questo monito. Su questo fronte lo Stato deve agire – come di fatto sta agendo – in due direzioni: interventi economici a sostegno di famiglie e imprese, per evitare che le mafie strumentalizzino condizioni di disagio diffuse nella popolazione. Azioni di capillare controllo del territorio, che impediscano alla criminalità organizzata, ad esempio, di fare sciacallaggio sul materiale sanitario.

D’Uva, il reddito di cittadinanza è una delle vostre più grandi battaglie. È la soluzione giusta per questo momento di crisi?

Ormai è chiaro a tutti. Il reddito di cittadinanza è lo strumento giusto per sostenere i più fragili. Per il Movimento è stata prima una lotta e poi una conquista. Adesso è una misura che gode di un larghissimo riconoscimento nel panorama politico. Quale occasione migliore, quindi, per potenziarlo e allargarlo? Aggiungo che se in queste ore è possibile deliberare l’assunzione di migliaia di nuovi docenti, si deve a un’altra misura contenuta già nel nostro programma elettorale e poi realizzata, ossia Quota 100.

La ministra Catalfo ha annunciato l’introduzione di un reddito di emergenza. Giusto estenderlo anche a chi lavora in nero?

Come le dicevo, abbiamo sperimentato un metodo efficace. Adesso siamo al lavoro per declinarlo anche in altre forme, come il Reddito di Emergenza già invocato da più parti, a cominciare dagli amministratori locali. Su ammontare preciso e platea sono al lavoro i tecnici. Intanto dal canto mio le dico che è giusto estenderlo, e al più presto, a una categoria che purtroppo si sta formando in questa precisa fase: quella dei “poveri da coronavirus”. È una nuova forma di povertà, e va combattuta senza perdere tempo.

La Farnesina sta raccogliendo un grande numero di donazioni internazionali. Hanno fatto discutere quelle arrivate da Cina e Russia, perché si teme abbiano secondi fini e non siano politicamente gratuite. Che idea si è fatto e come giudica il lavoro di Di Maio?

Il ministro Di Maio sta facendo un lavoro gigantesco e senza sosta. Sta facendo arrivare tonnellate di dispositivi medici dall’estero, dopo aver sbloccato quelli trattenuti in varie parti del mondo. Sta facendo rimpatriare gli italiani rimasti lontani da casa.

C’è da vigilare su queste attenzioni?

Come diceva Di Maio questa domenica riferendosi a comuni e regioni, non è il momento di mettere bandierine politiche o nazionali. Ma di mostrarsi grati a tutti e solidali a nostra volta. Gli aiuti sono aiuti, non modificano la geopolitica. L’Italia è al centro della solidarietà internazionale, e questo è frutto delle relazioni storiche di questo Paese, ma anche di come Luigi Di Maio sta riuscendo a mantenerle e a rafforzarle. Penso che dobbiamo essergli tutti grati.

Si parla in queste settimane di un governo di unità nazionale per seguire quella fase, magari con Draghi a Palazzo Chigi. Pensa che un passo indietro si debba prendere in considerazione?

Credo moltissimo in questo esecutivo. Ricordo che, come allora capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera, ho anche contribuito alla sua formazione. Assolutamente nessuna esigenza di altri governi. Questo sta facendo bene e a dirlo non sono io, ma ad esempio l’Oms. L’unità nazionale è possibile anche con questo assetto, grazie alla collaborazione politica. Una maggioranza fattiva e aperta, assieme a un’opposizione responsabile e propositiva, possono fare il bene del Paese in un momento come quello che stiamo vivendo. Ognuno nel suo ruolo, nel rispetto del ruolo degli altri.

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