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La cancelliera tedesca Angela Merkel è tornata a parlare pubblicamente di Libia questo giovedì, durante il suo intervento al World economic forum di Davos, in Svizzera. A meno di una settimana dalla Conferenza di Berlino organizzata sfruttando i suoi buoni rapporti con la Russia (schierata al fianco del generale Khalifa Haftar) e con la Turchia (principale alleato del governo di Fayez Al Serraj), nel suo discorso ha spiegato che “con la Libia oggi si rischia una seconda Siria”. “Dobbiamo essere vigili”, ha avverto. “E ora, se guardiamo alla Libia, dobbiamo stare molto attenti” che non si scoppi una crisi umanitaria simile a quella interessò quasi 7 milioni di profughi siriani.

Della Libia la cancelliera Merkel ha parlato nei giorni scorsi telefonicamente anche con diversi leader mondiali. Con il presidente cinese Xi Jinping, incassando il sostegno di Pechino al dialogo per la pacificazione del Paese nordafricano. Con il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohamed bin Zayed al Nahyan. E con il presidente tunisino Kais Saied, concordando sull’impegno dei due Paesi che “lavoreranno a stretto contatto per attuare quanto deciso a Berlino”.

Quest’ultimo colloquio è avvenuto nelle ore del viaggio in Nord Africa del ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas. Prima di arrivare a Tunisi per colloqui con le autorità locali, il capo della diplomazia tedesca ha partecipato oggi ad Algeri alla riunione dei Paesi vicini della Libia. Con lui i ministri degli Esteri di Egitto (Sameh Shoukry), Sudan (Asma Abdullah), Niger (Kalla Ankourao), Mali (Tiebilé Dramé), Ciad (Moussa Faki) oltre al segretario generale del ministero degli Esteri tunisino, Sabri Bachtobji. Maas ha insistito nell’occasione sulla “necessità di applicare i risultati della conferenza di Berlino, soprattutto per quanto riguarda il divieto all’ingresso di armi in questo Paese, e il rispetto del cessate il fuoco su tutto il territorio libico”. “La Germania, al pari degli altri Paesi che hanno partecipato alla Conferenza di Berlino, sostiene le iniziative dei Paesi vicini della Libia per contribuire alla pace”, ha concluso il ministro. 

Secondo una fonte diplomatica algerina citata dall’Agenzia Nova, l’obiettivo della riunione di Algeri è quello “è di moltiplicare gli sforzi per la sorveglianza delle frontiere della Libia per impedire l’ingresso di armi in questo paese e il passaggio di combattenti stranieri legati ai gruppi terroristici”. Si tenta quindi di mettere un freno alle ingerenze straniere. E tal proposito il ministro degli Esteri algerino, Sabri Boukadoum, ha affermato: “L’Algeria sostiene il principio di dialogo tra i libici come approccio per risolvere la crisi nel loro Paese”. Si sta cercando quindi di risolvere come una questione tra vicini uno dei principali punti di criticità della Conferenza di Berlino, ossia l’assenza di meccanismi di verifica (e sanzioni) a chi viola la tregua e l’embargo. 

In tutto questo, anche attraverso il ministro Maas, la cancelliera Merkel sta cercando di capitalizzare la decisione presa nel 2011 alle Nazioni Unite di tenersi alla larga dalla guerra in Libia. Andreas Kluth, ex direttore di Handelsblatt Global, in un editoriale su Bloomberg ha lodato la capacità della cancelliera, donata di un pregio raro di questi tempi tra i leader mondiali cioè di mancare di vanità, di disinnescare le tensioni meglio di nessun altro “con il linguaggio del corpo e il suo equilibro imperturbabile”.

Tuttavia, se vuole lasciare un’eredità duratura, avverte Kluth, deve sfruttare i due anni che le restano alla guida della Germania (ha annunciato, infatti, che non si ricandiderà alle elezioni che si terranno a settembre del 2021) per “essere all’altezza della responsabilità internazionale”. Il che significa ricordare al suo popolo che, “come disse una volta Federico il Grande, la diplomazia senza potenza militare è come la musica senza strumenti”. Tradotto: senza truppe in Libia, è difficile contare davvero – specie se altre potenze si fanno ben pochi scrupoli a inviare soldati, consiglieri e armamenti -, figuriamoci mantenere la tregua e guidare un processo di pacificazione.

I tedeschi sono restii alla guerra, “ci vorrà coraggio”, conclude Kluth. “Ma questo è il potere. La Libia potrebbe ancora diventare l’ultimo test per la Merkel”. Che potrebbe, aggiungiamo noi, incidere anche sulla corsa alla presidenza tedesca, con il mandato di Frank-Walter Steinmeier che scadrà a sei mesi dalla fine della legislatura, e dal ritiro della cancelliera.

La Merkel si prepara all'ultimo test internazionale: la Libia

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