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Ci sono delle categorie politiche, o meglio delle culture politiche, che misteriosamente sono scomparse dall’orizzonte pubblico del nostro Paese. Una scomparsa a cui, però, fa da contraltare una presenza delle suddette culture nel corpo e nel tessuto vivo della società. È il caso, nello specifico, del pensiero, della cultura e della tradizione del cattolicesimo sociale italiano.

Ad esempio, ogniqualvolta si cita Torino, il Piemonte e molti altri territori del nostro Paese, la vulgata recita che in quelle zone il cattolicesimo sociale vanta una ricca e variegata tradizione secolare fatta di presenze significative, azioni straordinarie e valori vissuti e radicati in molte generazioni. Un cattolicesimo sociale che, purtroppo, in quest’ultima stagione – almeno sul versante politico per non dire quello più squisitamente partitico – è stato colpevolmente e irresponsabilmente assente. Ed è perfettamente inutile, al riguardo, lanciare accuse astratte, generiche o virtuali. Tocca a chi ha militato in quel campo o a chi ha condiviso, e condivide, quella cultura politica e quell’universo valoriale avere il coraggio, la capacità e la forza di saper nuovamente inverare nella cittadella politica contemporanea quel pensiero e quella nobile tradizione.

Non per replicare meccanicamente, come ovvio e scontato, formule e meccanismi organizzativi superati dalla storia. Ma, semmai, per riproporre in termini nuovi ed aggiornati una presenza culturale e soprattutto politica che sia in grado di fare rivivere un pensiero che si può riassumere in un concetto di fondo.

E cioè dalla difesa, dalla promozione e dalla rappresentanza autentica dei ceti popolari di oggi ricavare ed elaborare un progetto politico, e di governo, generale in cui si possano riconoscere un partito o una coalizione o una alleanza di partiti e movimenti. Del resto, su questo versante non c’è nulla da inventare. È appena sufficiente rileggere, seppur con spirito critico e distaccato, l’ultima grande e significativa esperienza politica riconducibile alla tradizione e al pensiero del cattolicesimo sociale – e cioè la “sinistra sociale” della Dc e di altri partiti che succeduti alla stessa Dc di Carlo Donat-Cattin, Franco Marini, Guido Bodrato e Sandro Fontana per fermarsi agli esponenti più significativi – per rendersi conto che quei valori, quella tradizione ideale e quel progetto politico non possono essere banalmente e qualunquisticamente archiviati. Come se fosse un ferro vecchio nella politica contemporanea. E questo perché farsi carico delle istanze, delle richieste, delle esigenze e delle domande che provengono dai ceti popolari e in un contesto politico purtroppo ancora caratterizzato da una persistente ed inquietante “questione sociale” e trasformarli in un progetto politico, non è una azione del passato ma, al contrario, una iniziativa drammaticamente attuale o moderna.

E oggi, e proprio in questo preciso contesto culturale, quasi si impone una iniziativa politica che riscopra sino in fondo il pensiero e la tradizione del cattolicesimo sociale.

Certo, per poter centrare questo obiettivo serve il ritorno dei partiti popolari e democratici e non di quelli personali o padronali; delle culture politiche e non solo del verbo dogmatico del capo partito; della partecipazione popolare e non solo dei follower; e in ultimo ma non per ordine di importanza, serve una politica che faccia della rappresentanza legittima e trasparente di determinati interessi sociali la sua ragion d’essere e non più e non solo ispirata a grigi ed aridi cartelli elettorali. Insomma, un pensiero e una tradizione costitutiva della nostra storia democratica non possono essere sacrificati sull’altare di una maldestra ed equivoca modernità. E il cattolicesimo sociale locale e nazionale, dopo la stagione ricca e feconda dei Donat-Cattin, dei Bodrato, dei Marini, dei Fontana, dei Gorrieri e di molti altri protagonisti dell’associazionismo cattolico italiano, richiede nuovamente di essere presente e visibile.

Non solo per riscoprire una storica e nobile cultura ma, soprattutto, per rilanciare una presenza politica di cui, francamente, si sente drammaticamente la mancanza pubblica ed organizzativa.

Cattolicesimo sociale, ora serve una presenza politica. La riflessione di Merlo

Oggi, e proprio in questo preciso contesto culturale, quasi si impone una iniziativa politica che riscopra sino in fondo il pensiero e la tradizione del cattolicesimo sociale. La riflessione di Giorgio Merlo

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