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Il piano di salvataggio messo a punto dal governo, che vede l’intervento combinato del Mediocredito centrale, dunque lo Stato, delle banche del Fondo interbancario e, in ultima istanza, di non meglio identificati soggetti privati, è e rimane la scelta più saggia. Un default della Popolare barese avrebbe comportato serie ripercussioni per l’intero sistema bancario italiano. Di questo è convinto Nicola Rossi, pugliese di Andria, economista e docente a Tor Vergata, che con questa intervista a Formiche.net interviene per la prima volta sulla crisi della Popolare di Bari.

Non ci sono dubbi, il piano architettato dall’esecutivo è il male minore. “Se si escludono ipotesi più radicali e traumatiche”, spiega Rossi, “e viste attuali condizioni del comparto bancario, temo di sì, questa era l’unica soluzione possibile”. Chiarito questo primo, essenziale, punto, è tempo di porsi un’altra domanda. E cioè, la Vigilanza bancaria ha fatto fino in fondo il suo dovere? D’altronde, ogni qualvolta c’è una crisi bancaria, la Vigilanza finisce sempre nel mirino. Ma Rossi non ha dubbi.

“Non mi sembra questo il caso. Se ben ricordo nel caso della Popolare di Bari ispezioni si sono avute nel 2013, nel 2016 e nel 2019, segnalando criticità di rilevanza crescente fino a determinare nel 2016 la richiesta di un cambio radicale degli amministratori e nel 2019 il commissariamento”, mette in chiaro l’economista. “Non bisogna mai dimenticare che il commissariamento è un intervento di ultima istanza che se protratto nel tempo può determinare il progressivo ulteriore indebolimento del rapporto fra la Banca e la clientela. Le domande allora sono altre e riguardano anche la classe politica nazionale e locale”.

Il messaggio di Rossi è chiaro: la vigilanza ha fatto il suo, le colpe vanno cercate da altre parti. Colpe che quasi certamente hanno fatto passare un brutto quarto d’ora ai 70 mila risparmiatori della banca, che forse hanno vissuto per un attimo i fantasmi delle altre Popolari saltare negli anni scorsi, a cominciare dalle due venete. Secondo Rossi però, non è l’ora del panico. “Se parliamo dei correntisti, mi sembra che la loro condizione sia pienamente tutelata dalla continuità della banca”. Caso diverso per i soci. “Se parliamo invece dei proprietari della Banca – e cioè degli azionisti – salvo il caso di truffa comprovata, essi potrebbero invece perdere una parte molto significativa dell’investimento. E dovrebbero, in questo caso domandarsi, se non avrebbero potuto giocare un ruolo più vigile e attento in occasione delle assemblee”.

Rossi dice la sua anche sul lancio, collaterale all’intervento sulla Popolare di Bari, della Banca per gli investimenti cara al M5S. Una creatura nata e pensata per il Sud su cui oggi è tornato anche l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che già negli anni del suo dicastero ne teorizzava l’esistenza. Uno strumento “non solo reso necessario dal crac della Popolare di Bari ma più in generale per l’interesse del Paese”, ha detto Tremonti. Non la pensa esattamente così Rossi, per il quale “la cosiddetta Banca pubblica degli investimenti non è altro che una cortina di fumo che nasconde un salvataggio in senso stretto. Stiamo ripetendo errori già fatti in passato che il Mezzogiorno ha pagato molto cari”.

La Banca per gli investimenti è un errore da non ripetere. Parla Nicola Rossi

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