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Le istituzioni finanziarie hanno tradizionalmente svolto un ruolo di intermediazione tra i risparmiatori e gli investitori, assicurando l’incontro sui mercati, un’adeguata informazione oltre alla formazione e al buon fine dei contratti. Allo stesso tempo, attraverso strumenti finanziari diversificati, esse hanno alimentato le opportunità di investimento, contribuendo in modo cruciale alla fornitura della provvista di fondi necessari per le imprese, gli investimenti e i consumi. In questo quadro, la finanza ha sempre avuto una funzione di sviluppo, ma solo negli ultimi anni questa funzione si è andata orientando verso obiettivi più ambiziosi di sviluppo sostenibile.

Il concetto di sostenibilità è emerso gradualmente in teoria economica, a partire da una pluralità di indirizzi che riguardano anzitutto l’ambiente, ma anche, più in generale, i modelli di crescita economica virtuosi dal punto di vista dell’equilibrio tra generazioni presenti e future. Al di là delle sue definizioni tecniche, la sostenibilità è diventata una parola-chiave per indicare l’esigenza di contemperare sviluppo economico e conservazione dell’ambiente, sfruttandone le complementarietà e riducendone le contrapposizioni. La sostenibilità ha inoltre assunto un significato via via più ampio, che si è progressivamente esteso alle condizioni finanziarie, politiche e sociali necessarie a ottenere equilibri stabili tra economia, istituzioni, comunità e ambiente e, a un livello più astratto, tra giustizia e libertà.

In questo quadro di progressiva presa di coscienza della necessità di trovare equilibri sociali più soddisfacenti tra mercato e società, nonché modelli più efficaci di governance sociale ed economica, la finanza ha avuto un ruolo difficile, diviso tra speculazione e innovazione. Le spinte speculative hanno soprattutto riguardato la sua funzione di motore dei profitti, legati alla crescente liquidità internazionale, nel contesto di una globalizzazione dei mercati associata a una sempre maggiore frequenza e volatilità delle transazioni di breve termine.

Ciò ha anche generato la tendenza a sottrarsi a ogni forma di controllo in nome dell’efficienza dei mercati, alimentando bolle speculative e ponendo una pesante ipoteca sulla stabilità dell’intero sistema economico. L’innovazione finanziaria ha facilitato questo modello di crescita, generando una molteplicità di strumenti che hanno accelerato la presenza di una finanza globale di tipo impersonale, ad alto rischio sistemico e che hanno determinato, in gran parte, l’ultima grave crisi economica e finanziaria che ha travolto i mercati mondiali a partire dal 2008.

Una parte dell’innovazione finanziaria ha però dovuto rispondere alle istanze crescenti degli operatori e della società civile, che vedeva nella involuzione degli strumenti di finanza internazionale una precisa caduta di responsabilità del sistema degli intermediari e specialmente di quella parte del sistema – le banche di sviluppo – che, da Bretton Woods in poi, aveva ricevuto il mandato di assicurare la stabilità degli scambi e di tutelarne la qualità economica e sociale di breve e lungo termine. Dalla presa di coscienza da parte degli operatori del ruolo ambiguo e dagli interrogativi sulla sostenibilità di un sistema finanziario rivolto solo al perseguimento di profitti immediati nascono quindi una serie di nuovi strumenti conosciuti variamente come finanza verde, sociale o, più in generale, finanza sostenibile.

La nascita di questi strumenti si incrocia con l’esigenza di affrontare sfide di investimento importanti come quelle sulla mitigazione del cambiamento climatico e delle nuove infrastrutture, a fronte di una paradossale tendenza alla caduta degli investimenti pubblici e privati di lungo termine. I nuovi strumenti hanno generalmente due aspetti che li distinguono dalla finanza tradizionale. Essi sono anzitutto finalizzati al raggiungimento di particolari obiettivi di investimento (la cosiddetta finanza di scopo), al miglioramento della efficienza aziendale per il perseguimento di finalità sociali (performance finance) o al perseguimento di risultati più estesi di benessere sociale e ambientale (la finanza di impatto).

Inoltre, essi assumono caratteristiche di prodotti etici, ossia di prodotti che incorporano qualità che trascendono gli interessi individuali ed esaltano l’altruismo e la fiducia. Tali strumenti si propongono quindi come alternativi agli strumenti tradizionali di finanza (sia privata sia pubblica), compresi i tentativi esperiti nel passato attraverso il partenariato pubblico-privato, la finanza di progetto e le concessioni. Più in generale, i nuovi strumenti, che vedono nelle obbligazioni verdi il loro prodotto leader, si propongono di estendere e approfondire il mercato dei capitali, diversificandone l’offerta attraverso prodotti finanziari che mirano a trasformare il rapporto tra finanza e società.

Questi fanno appello alla disponibilità a pagare per beni pubblici da parte di soggetti privati e di istituzioni pubblico-private quali i fondi pensione, le fondazioni e altri protagonisti del settore non profit allargando progressivamente il rapporto tra finanza di sviluppo e settore privato, e svolgendo un ruolo catalitico di condivisione del rischio con le entità pubbliche e di assunzione di responsabilità sociale da parte delle imprese private e dei cittadini.

Con la finanza verde rinasce il rapporto tra capitali e società. La visione di Scandizzo

Di Pasquale Lucio Scandizzo

Le istituzioni finanziarie hanno tradizionalmente svolto un ruolo di intermediazione tra i risparmiatori e gli investitori, assicurando l’incontro sui mercati, un’adeguata informazione oltre alla formazione e al buon fine dei contratti. Allo stesso tempo, attraverso strumenti finanziari diversificati, esse hanno alimentato le opportunità di investimento, contribuendo in modo cruciale alla fornitura della provvista di fondi necessari per le imprese, gli…

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