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Il motto “Brazil first” sta iniziando a infastidire gli Stati Uniti di Donald Trump, in passato convinto sostenitore del governo di Jair Bolsonaro.

L’asse tra i due leader populisti si era rinsaldato alcuni giorni fa, quando il presidente brasiliano aveva plaudito all’omologo per l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, confermando di aver ricevuto informazioni secondo cui il comandante pasdaran aveva partecipato all’attentato contro il centro ebraico della Mutual Israeli Argentine Association a Buenos Aires nel 1994 che causò 85 morti e 300 feriti. La vita di Soleimani “si è concentrata principalmente sul terrorismo. E, qui in Brasile, la nostra posizione è molto semplice: tutto ciò che possiamo fare per combattere il terrorismo, lo faremo”, ha detto Bolsonaro.

Ma ad allontanare Washington e Brasilia è stata la recente intervista di Marcos Pontes, ministro della Scienza, del lavoro, della tecnologia, dell’innovazione e della comunicazione del governo brasiliano. È lui, primo e unico astronauta del Paese, l’uomo che il presidente Bolsonaro ha incaricato di definire i criteri per la costruzione della rete mobile di quinta generazione. “Il Brasile non accetterà alcuna forma di pressione da parte degli Stati Uniti sull’opportunità di permettere o meno all’azienda cinese Huawei di partecipare all’asta per la rete 5G”, ha dichiarato il ministro Pontes in una recente intervista pubblicata sul sito del suo ministero in cui ha anche confermato che non porrà alcun tipo di veto su alcuna compagnia. Un “Brazil first” che ha ricevuto anche il plauso russo, a giudicare dagli articoli pubblicati dalla versione brasiliana di Sputnik.

“Un buon partner”, ha spiegato il ministro Pontes, “comprende sempre i bisogni degli altri. Infatti il Brasile non indica agli Stati Uniti quali affari fare con la Cina nonostante questi influenzino la nostra agricoltura”.

Il punto è proprio questo, l’agricoltura. Brasilia e Pechino si sono molto avvicinate negli ultimi tempi come dimostrano due progetti in particolare: il lancio di un nuovo satellite, sviluppato congiuntamente da Cina e Brasile, inviato nello spazio il 20 dicembre scorso e l’affidamento a un consorzio di aziende cinesi di proprietà statale della costruzione e della gestione di quello che sarà il secondo ponte più lungo di tutto il Brasile (12,4 chilometri).

Attenzione però a due elementi. Il primo: i tempi dell’asta 5G in Brasile, piuttosto lunghi. Infatti, era prevista per marzo 2020, poi è stata rinviata alla seconda metà di quest’anno anche se, ha detto il ministro Pontes, potrebbe tenersi nel 2021 a causa di un problema tecnico di interferenza 5G nella frequenza delle antenne paraboliche che trasmettono il segnale della televisione satellitare. Il secondo: il titolare della Scienza ha sottolineato nella stessa intervista l’importanza degli accordi tra Brasilia e Washington in tema di cooperazione su intelligenza artificiale, biotecnologia e smart cities.

“Scienza e tecnologia sono un grande elemento della diplomazia”, ha sottolineato il ministro Pontes. In questa frase c’è il succo del messaggio che il Brasile vuole mandare agli Stati Uniti, un messaggio che va recapitato in fretta. Ecco il perché di quest’intervista: la prossima settimana Pechino e Washington firmeranno un accordo di Fase 1 sulla guerra di dazi. L’intesa prevede che la Cina torni a comprare soia statunitense. Il che rappresenterebbe un problema per il Brasile, grande esportatore del legume verso l’Oriente proprio sulla scia delle tensioni tra Pechino e Washington.

Soia e 5G dividono Bolsonaro e Trump. Ecco perché

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