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Un valzer chiamato 5G. Dopo che un rapporto del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha suggerito alle autorità competenti di “considerare molto seriamente” l’esclusione delle aziende legate al Partito comunista cinese dalla fornitura della rete di ultima generazione, il governo ha risposto tramite il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro che avrebbe certamente tenuto in conto le conclusioni. Oggi un suo collega del Movimento Cinque Stelle, il ministro allo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, fa un passo indietro e chiarisce che non ci saranno ulteriori misure da parte dell’esecutivo. In un’intervista a La Stampa il titolare del Mise ha dichiarato che “con le giuste difese, la possibilità d’accesso (delle aziende cinesi, ndr) non si discute”. Fra le “giuste difese”, annuncia il ministro, non rientrerà un nuovo provvedimento chiesto dall’organo di raccordo fra Parlamento e Servizi segreti. “Risposta semplice: qual è l’alternativa? – dice – Abbiamo varato una normativa che garantisce la sicurezza nazionale. Detta condizioni agli operatori nei mercati sensibili, cioè Tlc”.

La normativa cui fa riferimento Patuanelli è il “decreto cyber” discusso durante il primo Consiglio dei ministri a settembre e approvato dal Parlamento lo scorso 13 novembre. Si tratta di una nuova legge che ampia il perimetro della sicurezza cibernetica nazionale estendendo alla rete 5G il cosiddetto “Golden power” già in dotazione a palazzo Chigi e attribuendo al presidente del Consiglio più incisivi poteri di intervento nel caso in cui si verifichi un “rischio grave e imminente per la sicurezza nazionale connesso alla vulnerabilità di reti” (art. 5).

Un simile rischio, ha concluso il rapporto del comitato bipartisan dopo un anno di indagini e audizioni dei vertici dei Servizi, personalità politiche e diplomatiche, rappresentanti dei campioni del settore telco, esisterebbe qualora la rete 5G fosse affidata ad aziende cinesi considerate un’estensione del governo, perché “in Cina gli organi dello Stato e le stesse strutture di intelligence possono fare pieno affidamento sulla collaborazione di cittadini e imprese”.

È il caso, si legge nel rapporto, di Huawei, multinazionale tech e della telefonia mobile con base a Shenzen accusata dagli Stati Uniti di spionaggio industriale. Patuanelli però è di diverso avviso. Secondo il ministro Huawei “offre le soluzioni migliori ai prezzi migliori”. Una sua esclusione dal mercato non è dunque giustificata neanche per esigenze di sicurezza, spiega l’esponente M5S: “Non si può sventolare la bandiera del libero mercato con una mano e quella del protezionismo con l’altra”.

Lo stop di Patuanelli certifica che non esiste al momento una linea d’azione comune nel governo. A detta del ministro il decreto cyber, che effettivamente ha introdotto una stretta legislativa, è sufficiente per garantire la sicurezza della rete. Eppure il rapporto del Copasir, peraltro sottoscritto anche da una deputata del Movimento, Federica Dieni, ha chiesto un passo in più, con l’introduzione di “provvedimenti nei confronti di operatori i cui legami, più o meno indiretti, con gli organi di governo del loro Paese appaiono evidenti”.

In questa direzione si stanno muovendo, dopo le iniziali reticenze, altri Paesi europei dove la fase sperimentale del 5G è più avanzata. È questo il caso della Germania. Questa settimana la Cancelliera Angela Merkel, inizialmente contraria al bando di Huawei, Zte e le altre aziende filogovernative cinesi, ha bloccato un contratto da 533 milioni di euro fra Deutsche Telekom e Huawei per la fornitura di apparecchiature di radio-trasmissione. Nel frattempo la maggioranza di Csu, Cdu e Spd ha presentato al Bundestag una nuova proposta di legge che mira alla diretta esclusione dalla fornitura del 5G di tutti gli operatori a “rischio di influenza da parte di uno Stato senza controlli costituzionali”.

Il governo italiano, nonostante le pressioni della diplomazia americana e i moniti delle stesse agenzie di Intelligence, non sembra ad oggi propenso a intraprendere questa strada. Intanto le dichiarazioni di Patuanelli hanno attirato le critiche del vicepresidente del Copasir in quota Fratelli d’Italia Adolfo Urso: “Dispiace constatare che la risposta del ministro Patuanelli non tenga conto della relazione approvata alla unanimità dal Copasir, che ha specifiche competenze nel campo della sicurezza nazionale, in cui vengono anche considerate le ricadute tecnologiche e commerciali”. Per Urso la soluzione avanzata dal comitato non mette a rischio la concorrenza nel mercato del 5G, anzi: “Nella relazione viene anche evidenziato come la strategia delle aziende cinesi possa configurarsi come una sorta di dumping, aspetto che dovrebbe essere adeguatamente valutato dai competenti organi europei e internazionali”.

Così Patuanelli difende Huawei e smentisce il Copasir (e Fraccaro)

Un valzer chiamato 5G. Dopo che un rapporto del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ha suggerito alle autorità competenti di "considerare molto seriamente" l'esclusione delle aziende legate al Partito comunista cinese dalla fornitura della rete di ultima generazione, il governo ha risposto tramite il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro che avrebbe certamente tenuto…

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