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Lo scenario siriano continua a generare apprensione per la stabilità mediorientale, mentre all’atteggiamento turco nelle acque del Mediterraneo si potrebbe rispondere anche con l’invio di unità navali militari. Nel frattempo, pur nella tutela degli interessi nazionali, il dialogo con la Francia resta necessario su tre dossier: Hormuz, Sahel, e cantieristica navale. È il quadro descritto dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che oggi si è ripresentato alle Commissioni Difesa di Camera e Senato per proseguire la presentazione delle linee programmatiche del suo dicastero.

LE PREOCCUPAZIONI PER LA SIRIA

A generare apprensione è il quadrante mediorientale. L’azione turca sui curdi rischia di cambiare equilibri già fragili nella regione. L’approccio italiano resta inquadrato nell’Alleanza Atlantica. Il tema, ha spiegato Guerini, “è stato discusso anche nell’ultima ministeriale Nato, nel corso della quale è stata registrata una generale disapprovazione per le ricadute gravi sotto il profilo umanitario, di sicurezza e della lotta contro Daesh”. Inoltre, ha aggiunto, “condanna per tali azioni, unita all’appello alla Turchia per fermare la sua offensiva, è stata condivisa anche in ambito Ue, dove sono state prese decisioni sostanziali e non simboliche, quali le restrizioni all’export di armamenti”, nonostante i noti dubbi sull’efficacia di tali iniziative. Attenzione però a complicare la situazione, magari attraverso uno strappo con Ankara che la porterebbe ancora più distante dall’Occidente e più isolata nella Nato.

TRA AZIONE E CAUTELA

“È evidente – ha detto Guerini – che ogni ipotesi di forza multilaterale in Siria che possa essere messa in campo con finalità di interposizione non può che trovare legittimità in un chiaro mandato delle Nazioni Unite, in un processo politico che richiede il consenso delle parti in causa”. L’Italia ha comunque mandato segnali alla Turchia, a partire dal rientro della batteria Samp/T lì dispiegata nell’ambito di un impegno targato Nato. “Il 15 novembre scorso sono cessate le attività operative”, ha spiegato Guerini. “È iniziato il ridispiegamento del contingente nazionale che richiede tempi tecnici necessari per fare rientrare personale, mezzi e materiali, via aerea o a mezzo nave, e che comunque sarà completato entro la fine del mese di dicembre, così come previsto”. Il tema sembra comunque richiedere cautela, visto il rischio di far cadere definitivamente tra le braccia di Vladimir Putin la Turchia. Ieri, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu ha giustificato la volontà di proseguire con l’S-400 russo anche con il ritiro della batteria italiana.

LA QUESTIONE CIPRIOTA

Che l’ambizione neo-ottomana di Recep Erdogan sia una questione delicata per Europa e Alleanza Atlantica lo dimostra tuttavia anche il dossier cipriota. “L’argomento – ha spiegato Guerini – ha da tempo la massima attenzione del governo”. Difatti, “i prioritari interessi nazionali nell’area non sono legati solo allo sfruttamento delle risorse marine, ma più in generale all’importanza strategica del Mediterraneo orientale e alla stabilità che rivestono per l’Italia nel loro insieme”. La posizione dell’esecutivo è chiara: “rispetto del diritto internazionale e tutela degli interessi nazionali”. Fa il paio con “le decisioni dell’Unione europea” che “condannano le azioni turche nel Mediterraneo orientale e richiamano i diritti sovrani di Cipro”. Il ministero di palazzo Baracchini è pronto a ribadirlo. “Già dallo scorso aprile – ha detto Guerini – al seguito di un confronto interministeriale coordinato dal ministero degli Affari esteri, la Difesa ha confermato la sua prontezza a garantire la tutela dei suoi interessi nazionali nell’area”. In più, “in accordo con la compagnia italiana Eni, il governo segue con attenzione le costanti attività di esplorazione in coordinamento con Cipro e la Francia, co-licenziataria in alcuni blocchi attraverso Total”.

UNA MISSIONE A HORMUZ?

E così, oltre alle operazioni in corso e alle esercitazioni programmate, potrebbero arrivare presto “periodiche elongazioni nell’area di assetti nazionali marittimi”. Ma se la acque del Mediterraneo si stanno agitando, lo stesso di può dire del bacino di Hormuz, un’area “che seguiamo con attenzione”, ha detto Guerini. Dalla fine di giugno, la crescente assertività iraniana nella zona ha portato gli Stati Uniti al tentativo di coinvolgere gli alleati su una missione di pattugliamento condiviso. Ha risposto solo il Regno Unito, aderendo all’operazione Sentinel a guida statunitense. Parallelamente, anche la Francia si è fatta promotrice di un impegno simile, “attualmente in fase di pianificazione” con la Difesa italiana che “sta partecipando ai relativi incontri preparatori”. Difatti, ha detto Guerini, non pare al momento “efficace promuovere un’ulteriore iniziativa a guida nazionale”. Si guarda con “predisposizione favorevole l’iniziativa francese, che sembra essere quella più coerente con la posizione nazionale nei confronti dei principali attori nazionali”.

IL DIALOGO CON PARIGI PER IL SAHEL

La Francia risulta interlocutore anche per la proiezione nazionale verso Sahel e Africa sub-sahariana, una zona in cui l’Italia ha “interessi prioritari”. Si tratta della “stabilità essenziale per la prevenzione ai flussi migratori e del contrasto al terrorismo internazionale”, ha detto Guerini, esplicitando una strategia “da inquadrare in ottica multidimensionale” (contribuendo al rafforzamento delle capacità di difesa, sicurezza e controllo del territorio di quei Paesi) e da declinare “bilateralmente (come nel caso della missione in Niger, ndr) e in iniziative bilaterali” come il G5 Sahel. Quando presentò le linee del suo dicastero, Guerini incassò qualche critica per l’intenzione di voler cooperare di più con la Francia nell’area. Una prospettiva che il ministro ha difeso oggi: “Qualunque iniziativa nella regione non può non tenere conto del ruolo della Francia, attore ineludibile nel Sahel”. Perciò, “ritengo che la ricerca di un approccio congiunto e strutturato con Parigi sia necessario, fermo restando la volontà di proseguire bilateralmente i prioritari interessi nazionali”.

IL PUNTO SULLA CANTIERISTICA NAVALE

Il filo con la Francia arriva sino alla cantieristica navale, con Fincantieri protagonista. “Più di due anni fa – ha ricordato Guerini – i governi francese e italiano si sono preposti di costruire un’industria navale più efficiente e di sostenere le iniziative per una più profonda cooperazione militare fra i due paesi e per il miglioramento del settore cantieristico internazionale”. Il lato militare, sebbene forse più delicato, è proceduto al meglio, trovando “la concreta applicazione con l’avvio lo scorso giugno di una joint venture fra Fincantieri e Naval Group”. D’altronde, ha rimarcato il ministro, con Parigi “sono stati individuati interessi comuni per progetti cofinanziati e per programmi che si innestano anche nella Pesco”. Dal governo resta il sostegno alle iniziative: “Costituiscono un catalizzatore in grado di aggregare altri partner europei e possono concretamente intercettare i fondi già stanziati per la difesa europea”. Eppure, con tutte le perplessità italiane del caso, il lato civile, cioè l’acquisizione di Chantiers de l’Atlantique, resta bloccato dall’antitrust di Bruxelles.

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