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In medio stat virtus. L’Italia è fermamente collocata nella comunità atlantica ed europea ma non può rinunciare alla sua “vocazione multilaterale” e ha dunque il diritto di volgere lo sguardo anche a Russia e Cina. È il cuore dell’esposizione delle linee programmatiche della Farnesina che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha tenuto questo pomeriggio di fronte alle Commissioni Esteri riunite di Camera e Senato.

Reduce da un viaggio in Cina dove è stato ospite d’onore di Xi Jinping al Ciie (China international import expo) di Shanghai, il ministro ha delineato il programma del suo dicastero alla vigilia della partenza alla volta di Washington per partecipare alla riunione della Coalizione internazionale anti-Daesh. Di fronte ai parlamentari ha disegnato una breve road map della politica estera italiana.

ATLANTISTI, MA…

L’appartenenza alla Nato non è in discussione e tuttavia deve “tener conto della nostra collocazione geopolitica”, ha spiegato il ministro. Se è vero infatti che “Washington rimane il nostro alleato principale” è altresì vero, ha detto Di Maio, che il governo non intende rinunciare ai rapporti con la Russia, “un attore fondamentale per le crisi globali” e la Cina, “motore economico dell’Asia, nostro partner chiave in materia economica”.

TANTA CINA, POCA RUSSIA

L’Italia può e deve continuare a investire sulla Belt and Road Initiative (Bri), la nuova Via della Seta, il piano infrastrutturale plurimiliardario divenuto un simbolo della presidenza di Xi cui lo scorso governo italiano ha aderito a marzo firmando il Memorandum of understanding (Mou). È intenzione del governo proseguire su questa strada, purché siano garantiti “un migliore accesso al mercato, parità di condizioni tra gli operatori economici e un’effettiva tutela dei diritti di proprietà intellettuale”. Di Maio ha rivendicato il suo contributo nell'”implementazione di questo rapporto con la Cina”. Così come la scelta di aver trasferito l’Ice (Istituto per il commercio estero) dal Mise alla Farnesina, una mossa da tempo annunciata dai suoi predecessori e mai completata”.

La Cina a sua volta, con una nota del ministero degli Esteri, ha fatto sapere oggi di voler mettere in piedi “una partnership strategica” con l’Italia. Un solo accenno alle proteste che da mesi paralizzano le strade di Hong Kong. Dopo che il governo cinese ha richiamato quello italiano per aver dato ospitalità al dissidente Joshua Wong, Di Maio ha tracciato una linea netta: “L’Italia segue con apprensione quello che sta succedendo a Hong Kong, ma è proprio in virtù delle nostre relazioni con la Cina che vogliamo favorire la de-escalation”.

Sporadici i riferimenti alla Russia. Sicuramente meno enfatici di quelli pronunciati dal predecessore Moavero Milanesi nella sua prima audizione nel luglio 2018, quando aveva definito la Russia “geopoliticamente parte della stessa Europa”. “Intendiamo continuare a sviluppare le relazioni bilaterali tradizionalmente intense in campo economico, politico, culturale e di società”, si è limitato a chiosare Di Maio.

LA LIBIA E IL NORD AFRICA

Il memorandum d’intesa siglato fra Italia e Libia nel 2017 per far fronte all’emergenza migratoria non viene meno. Anzi, ha annunciato Di Maio, a breve ci sarà una riunione della commissione congiunta italo-libica per modificare il documento e concordarne “un miglioramento”. Un’altra occasione di dialogo ci sarà a margine dei Med Dialogues, l’annuale conferenza internazionale sul Mediterraneo che Roma ospiterà dal 5 al 7 dicembre con decine di capi di Stato e governo esteri, compresi quelli dei Paesi più coinvolti nella crisi libica. La quale, ha ammesso il ministro, da conflitto civile “si sta trasformando nel più grande conflitto di droni al mondo”. L’Italia continuerà a favorire il dialogo senza balzi in avanti, ha rassicurato, “non vogliamo agire come fornitori di armi come fanno altri Paesi”.

Partner cruciale per la cooperazione contro il traffico di migranti, ha spiegato Di Maio a Montecitorio, è il Marocco, con cui l’Italia ha istituito “un partenariato strategico multidimensionale”. Un “ruolo chiave nella regione” è riconosciuto anche all’Egitto, Paese su cui però pende l’irrisolto caso di Giulio Regeni, “non intendiamo deflettere dalla ferma richiesta di giustizia”.

PORTE APERTE ALL’IRAN

L’attuale governo italiano è risoluto a portare avanti il dialogo per la denuclearizzazione dell’Iran avviato con l’accordo Jcpoa del 2015, ha detto Di Maio alle Commissioni Esteri. Il proposito di mantenere aperto ad ogni costo “il dialogo” con Teheran conferma una consolidata postura dell’Italia verso la repubblica islamica che da sempre vede nel governo italiano un interlocutore. Il dialogo però, ha chiarito il capo del Movimento Cinque Stelle, “deve includere anche argomenti critici, come la sua postura su Yemen, Libano, Siria, il suo programma missilistico e la situazione dei diritti umani nel Paese”.

SIRIA E TURCHIA, L’EMBARGO CONTINUA

La linea del governo sulla guerra in Siria rimane di ferma condanna all’offensiva turca e a favore dell’interruzione delle forniture di armi al governo di Ankara. Di Maio non ha risparmiato una stoccata ai governi sovranisti che al Consiglio europeo hanno opposto resistenze al duro comunicato presentato dall’Italia contro la Turchia, “in Italia i sovranisti mi chiedono di andare giù duro e in Europa mi dicono, rallenta”. Nessun accenno alla richiesta di ritiro dei 130 soldati italiani della batteria SAMP-T impiegati in un’operazione Nato al confine fra Turchia e Siria chiesto con una risoluzione votata all’unanimità dalle Commissioni Esteri.

Atlantisti, europeisti, ma...La politica estera secondo Di Maio

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