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Il feeling c’è, e anche un’agenda comune. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e la cancelliera tedesca Angela Merkel si incontrano a Villa Pamphili e ricevono la stampa prima della cena ufficiale. È l’ennesimo di molti incontri da quando l’avvocato è entrato a palazzo Chigi, ci tiene a precisare lei, a sottolineare il buon rapporto personale che, non è un mistero, si è creato nell’ultimo anno. All’indomani della celebrazione dei trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, Germania e Italia si scoprono più vicine del previsto. Unite nella buona ma soprattutto nella cattiva sorte. La prima è entrata in recessione tecnica, la seconda fa i conti con una crescita fantasma. Entrambe hanno più di un buon motivo per far fronte comune dentro e fuori l’Europa.

“Le nostre relazioni bilaterali sono eccellenti – esordisce Conte – la Germania è da sempre il nostro primo partner commerciale e presenta notevoli affinità delle strutture economiche e produttive con quelle italiane, in alcuni casi i sistemi produttivi sono interdipendenti”. È vero, alcuni settori produttivi di eccellenza sono legati a un doppio filo che scorre da Roma a Berlino. Specie quelli ora più in affanno. L’automotive, ad esempio.

Ma anche la siderurgia, che rischia di vedere il suo campione europeo, l’ex Ilva, chiudere i battenti una volta per tutte con conseguenze devastanti per il comparto e i suoi risvolti occupazionali. Conte non ci gira intorno, “è in cima alla nostra agenda”. Con Arcelor-Mittal che continua a rilanciare e ha già un piede fuori dalla porta, il governo, dice il premier, rimane ostinato a tenere aperto il “cantiere Taranto”: “in queste ore stiamo lavorando a una soluzione che tenga in piedi e soddisfi differenti esigenze, la tutela della salute e dell’ambiente così come del lavoro”. Facile a dirsi, difficile a farsi. “Sappiamo della difficoltà della siderurgia italiana, anche noi abbiamo problemi in questo settore, i nostri ministeri devono cooperare più strettamente” gli fa eco Merkel.

L’economia è il pallino fisso della cancelliera, e non potrebbe essere altrimenti. La locomotiva tedesca ha bruscamente frenato, e la valanga di dazi che l’amministrazione statunitense di Donald Trump promette di riversare sui beni europei rischia di arrestarla del tutto. I rapporti fra Washington e Berlino sono in picchiata. Di qui l’appello all’unità con Roma: “le tensioni commerciali impattano negativamente la nostra economia, dobbiamo scommettere su un commercio basato sulle regole, perseguiamo insieme questo obiettivo”.

I due capi di governo parlano di Ue, e dei progetti che vedono l’una e l’altra parte su fronti opposti. Come la garanzia unica dei depositi bancari lanciata dal ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz e cassata dal collega italiano Roberto Gualtieri. Merkel rilancia e difende il suo ministro:  “l’intero governo federale crede che l’unione bancaria sia fondamentale per la stabilità dell’euro, troveremo una soluzione congiunta”. Il plauso al sistema bancario italiano, “avete compiuto grossi progressi”, non basta a smuovere Conte, che tiene il punto. “L’Italia è favorevole al rafforzamento dell’Unione bancaria e monetaria – dice il premier, ma – riteniamo che questo sistema debba rafforzarsi in tutte le sue componenti in modo equilibrato”.

Sulla politica estera le convergenze sono più semplici da trovare. Il convitato di pietra a villa Pamphili si chiama Emmanuel Macron. Sia Merkel che Conte, il secondo più velatamente, prendono le distanze dalle parole del presidente francese che ha decretato la “morte cerebrale” della Nato. A inizio dicembre l’Alleanza si riunirà per il suo vertice a Londra. Una buona occasione per “riannodare il dialogo transatlantico – spera Conte – la Nato è l’alleanza più potente e longeva della storia, per noi è un pilastro della politica internazionale”. “Ha alle spalle 70 anni di successo, noi europei dobbiamo mostrare di più il nostro impegno e interesse” aggiunge frau Merkel con uno sguardo all’Eliseo.

La Francia viene continuamente tirata in ballo, senza essere nominata. Così quando Merkel affronta il dossier dei Balcani occidentali e della richiesta di adesione all’Ue di Albania e Macedonia del Nord lancia un messaggio a Parigi, che più di tutti ha voluto mettere i bastoni fra le ruote ai negoziati. Italia e Germania, dice la cancelliera, condividono “la stessa strategia sui Balcani occidentali, soprattutto per aprire i negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania. Altrimenti il vuoto sarà colmato da altri e questo non è nell’interesse strategico europeo”.

I Balcani non sono l’unico scenario di crisi che vede Italia e Germania allineate. Lo sono anche in Libia, dove da tempo Roma e Berlino chiedono un approccio comune e condannano le sortite solitarie (francesi). La settimana prossima la capitale tedesca ospiterà una conferenza internazionale cui sarà presente Conte, assieme ad altri capi di Stato e di governo. La road map è sempre la stessa, chiarisce il premier: “un rapido cessate-il-fuoco e la ripresa del processo politico sotto l’egida dell’Onu”. La Merkel ringrazia “di cuore” per l’impegno italiano in Libia, poi spezza una lancia a favore dello sforzo di Roma nell’accoglienza dei migranti. La cooperazione con la guardia costiera inserita nell’accordo con Tripoli e finita ora nel ciclone della polemica politica “è di grande importanza”, sentenzia la cancelliera, “non possiamo abbandonare i Paesi rivieraschi del Mediterraneo”.

Anche sulla crisi in Siria c’è piena sintonia. Conte mette in guardia la Turchia, protagonista dell’invasione del Nord del Paese a danno dei curdi, “deve prendersi le responsabilità da membro della coalizione anti-Daesh e della Nato per stabilizzare la regione”. Poi un ultimo accenno al Medio Oriente, con un pensiero “di commossa vicinanza” e un augurio “di pronta guarigione” ai cinque soldati italiani rimasti feriti in un attentato dell’Isis a Kirkuk, in Iraq.

Ilva, banche e Macron. Così Conte e Merkel ritrovano l'intesa

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