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Il governo indipendentista regionale della Catalogna ha chiesto all’esecutivo centrale spagnolo “negoziati senza condizioni” per risolvere il conflitto nella regione, aggravato dalla condanna dei leader indipendentisti, che ha già generato cinque notti di proteste. “Chiediamo al capo del governo (il socialista Pedro Sanchez, ndr) di fissare già oggi (o oggi anche) un giorno e un’ora per sedersi a un tavolo per negoziati senza condizioni. È una sua responsabilità e un suo obbligo”, ha affermato il presidente della regione, Quim Torra. “Chiediamo questo processo negoziale per una risoluzione politica di un conflitto politico che va avanti da molto tempo e oggi è più urgente che mai”, ha aggiunto.

“La violenza non è mai stata la nostra bandiera e non lo sarà mai” ha proseguito commentando la notte scorsa, il momento più violento finora di questa settimana di moti a Barcellona. I gruppi radicali legati al movimento separatista si sono scontrati con la polizia e ci sono stati almeno 150 feriti (e dozzine di arresti). “Momenti molto gravi di violenza in una città che crede nella pace e nel dialogo”, ha commentato Ada Colau, la sindaca di Barcellona.

Nella serata di ieri Torra si era riunito con altri membri del suo governo per far fronte a una situazione sempre più complessa, dato che è stato molto criticato perché ritenuto vicino ai gruppi radicali e per questo restio a condannarne l’azione violenta dei suoi simpatizzanti. Condanna che è arrivata in forma soft: è fondamentale “isolare” i violenti, ha detto.

Gli scontri sono stati il risultato della deriva presa dalla manifestazione pacifica iniziata come sciopero generale convocato dai sindacati indipendentisti per protestare contro le condanne alzate lunedì contro i leader dell’indipendenza catalana dal Tribunale Supremo (una specie di Cassazione di Madrid). Nove di dodici imputati ritenuti responsabili del reato di sedizione in merito all’autoproclamazione dell’indipendenza dell’ottobre 2017. “Una situazione molto grave”, secondo Torra, ma il tribunale è restato un passo sotto alla ribellione, massima pena per la Costituzione spagnola. 

Secondo la Guardia urbana di Barcellona, mentre si attendono altre manifestazioni nel fine settimana, più di mezzo milione di persone è sceso in piazza ieri sera, raccogliendo nella vie della città manifestanti arrivato da tutta la Catalogna — sebbene proteste ci siano state anche in altre città come Girona, Terragona e Lleida. Gli scontri sono iniziati quando alcuni manifestanti hanno cercato di raggiungere la sede della Polizia Nazionale — che è appunto sotto il controllo del governo centrale ed è considerata un’autorità nemica dai gruppi separatisti più spinti.

Da lì si sono propagati in modo rapido e feroce in altre aree della città, con i manifestanti che hanno creato barricate improvvisate, lanciato tutto ciò che trovavano contro i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, che hanno risposto in modo duro, con lacrimogeni e proiettili di gomma sparati ad alzo zero. Il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska, aveva avvisato che i responsabili delle violenze avrebbero ricevuto un trattamento severo. Il País scrive che “nessuno a Barcellona ricordava un episodio di guerriglia urbana con tanta violenza”.

La risposta delle autorità è stata considerata al limite del fuori controllo, tra gli arrestati c’è anche un fotoreporter accusato di aggressione contro un agente. I giornalisti dei canali nazionali e internazionali sono stati presi di mira anche dai manifestanti. Il vice presidente della Catalogna, Pere Aragones, ha esortato il governo spagnolo “a far agire la sua polizia con la proporzionalità stabilita dai criteri di qualsiasi polizia democratica”. Il Clasico tra Barcellona e Real Madrid, in programma per il 26 ottobre, e valido per la decima giornata della Liga, è stato già rinviato per i timori di disordini.

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