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F-35, investimenti e Alleanza Atlantica. Se ci fossero stati ancora dubbi sulla centralità della Difesa nel rapporto tra Italia e Stati Uniti, a dissolverli completamente ci ha pensato la conferenza stampa congiunta tra Donald Trump e Sergio Mattarella. L’impressione, come sempre per i vertici di questo tipo, è che ai giornalisti della Casa Bianca i due presidenti abbiano offerto poche pennellate di un quadro ben più dettagliato nel corso del precedente incontro riservato. Se così fosse, gran parte del colloquio avrebbe riguardato proprio la difesa.

IL RICHIAMO DI TRUMP…

Il punto più delicato riguarda le spese dedicate al settore. Come era prevedibile, Donald Trump non ha risparmiato critiche al risicato budget italiano, attualmente intorno all’1,15% del Pil con poche possibilità di raggiungere entro il 2024 l’obiettivo del 2% sancito in ambito Nato. Il tema è caro all’attuale amministrazione Usa, che non ha perso occasione negli incontri bilaterali e nei vertici atlantici per richiamare all’ordine gli alleati. “Il problema”, così lo ha chiamato Trump, non era però mai stato così pesantemente presentato all’Italia in maniera frontale.

…E LA LINEA ITALIANA

“Spero che l’Italia aumenti le spese”, ha detto il tycoon accanto a Mattarella, con un riferimento che chiaramente non è al capo dello Stato (che anzi, sul punto, ha più volte ricordato l’importanza di assicurare investimenti al settore) ma ad anni di budget ristretti e scarsa capacità programmatica, imputabile a esecutivi che precedono di gran lunga anche l’esperienza giallo-verde. Eppure, il presidente della Repubblica ha risposto a Trump: “L’Italia resta il quinto contributore Nato e il secondo in termini militari dopo gli Stati Uniti”. Significa, ha aggiunto, che dopo gli Usa è il nostro Paese a fornire più uomini alle missioni dell’Alleanza. Un sottolineatura non casuale, che segue la linea tracciata da tempo dall’Italia affinché, oltre il cash, la Nato tenga bene presente anche il contribution, e cioè il contributo alle operazioni alleate.

IL DOSSIER F-35…

C’è poi il tema F-35. Come anticipato alla vigilia dell’incontro dalla Casa Bianca, Trump e Mattarella hanno parlato anche del velivolo di quinta generazione. Già in passato, presiedendo il Consiglio supremo di Difesa, il capo dello Stato si era esposto sul tema, richiamando il governo con una chiara nota dal Quirinale quando tardavano i pagamenti italiani per commesse già avvenute. Nella conferenza stampa a Washington, Mattarella ha toccato l’argomento ricordando i sei F-35 italiani in volo sui cieli dell’Islanda, i primi a partecipare a una missione Nato. Trump ha invece ricordato i 90 velivoli che l’Italia si è impegnata ad acquistare, sottolineando che “il programma va molto bene”. Due messaggi che nascondono altrettanti significati rilevanti. La specifica sul numero dei jet realizzati da Lockheed Martin pare un segnale sul recente dibattito, tutto italiano, relativo a un’eventuale revisione al ribasso degli impegni. Ricordando “i 90 F-35”, Trump ha voluto chiarire che per gli Stati Uniti il programma è strategico e che lo è con i numeri attuali, tra l’altro già ridotti dagli iniziali 131.

…E IL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE USA

È invece più sottile il riferimento al programma che “va molto bene”. L’impressione è che qui ci sia l’apertura alle richieste italiane di avere maggior lavoro per l’industria nazionale, sfruttando soprattutto le competenze del sito di Cameri, in provincia di Novara, l’unico centro di assemblaggio e verifica finale del Vecchio continente per i velivoli di quinta generazione. Il programma Joint Strike Fighter va effettivamente molto bene. È recente la richiesta della Corea del sud per altri venti F-35 oltre i quaranta già previsti, arrivata poco dopo l’ufficializzazione da parte dell’Olanda per altri nove velivoli ulteriori rispetto ai 37 programmati. Anche il Giappone ha aumentato gli impegni, prevedendo un acquisto complessivo di 147 velivoli. Lo scorso anno, Belgio e Polonia hanno scelto l’F-35 per le rispettive Aeronautiche, mentre il velivolo resta in gara in Svizzera e Finlandia.

LA VOLATA DI GUERINI

Tutto questo (soprattutto le notizie dall’Europa) offre opportunità importanti per il sito di Cameri, che già assembla i velivoli olandesi, e per tutta la filiera coinvolta, dal big nazionale alle Pmi. Trump lo sa, e lo ricorda all’Italia con quel riferimento ai “90 F-35” che rende il messaggio chiaro: per avere maggiori ritorni, occorre rispettare gli impegni. Mattarella sembra dunque aver incassato la disponibilità americana sul tema, anche grazie alla volata tirata dal ministro Lorenzo Guerini. La scorsa settimana, il titolare della Difesa aveva assunto una posizione forte a supporto del programma, assumendosi “la responsabilità” per la conferma degli impegni al fine di “assicurare efficacia ed efficienza dello strumento militare”. Il messaggio del ministro era arrivato anche a Washington, con un funzionario della Casa Bianca che prima dell’arrivo di Mattarella spiegava che l’Italia “è un partner chiave e fondamentale per l’F-35”.

Spese per la Difesa e F-35. Perché Trump ha insistito con Mattarella

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