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Si tratterebbe della prima vendita di asset importanti da quando, due settimane fa, gli Stati Uniti l’hanno inserita in una lista nera del Dipartimento del Commercio per il timore di potenziali attività di spionaggio a favore di Pechino. Il gruppo cinese Huawei potrebbe cedere la sua quota di maggioranza nella sua strategica impresa di cavi sottomarini, cruciale per le telecomunicazioni internazionali perché queste infrastrutture rappresentano la ‘spina dorsale’ dell’Internet globale attraverso la quale passano i dati che vanno da un Paese all’altro.

CHI COMPRA

Per comprare il 51% delle azioni di Huawei Marine Networks – joint venture (interamente proprietaria di Huawei Marine Networks) tra la compagnia di Shenzhen e la britannica Global Marine Systems – si è fatta avanti la specialista cinese di fibre ottiche e cavi Hengtong Optic-Electric, che ha annunciato la sua volontà di acquistare la quota. Non è noto, per il momento, il valore della possibile operazione (non ancora conclusa e soggetta a variazioni, rileva Bloomberg), ma potrebbe essere finalizzata attraverso un pagamento in contanti e azioni.

I NUMERI DI HUAWEI MARINE

Fondata nel 2009, Huawei Marine – riporta il Financial Times – ha realizzato oltre 90 progetti dal Pacifico all’Atlantico per un totale di oltre 50mila chilometri di cavi sottomarini. Un business che nel 2018 – secondo il rapporto annuale di Huawei Technologies – ha contribuito con 115 milioni di renminbi (circa 15 milioni di euro al tasso di cambio odierno) agli utili netti di gruppo, con ricavi per 394 milioni di renminbi (oltre 50 milioni di euro).
Tuttavia – rimarca ancora il quotidiano della City – un rapporto del ministero dell’Industria e dell’Information Technology cinese del 2017 descriveva Huawei come un “leader del settore” nei sistemi di comunicazione ottica, ma avvertiva anche che questa industria in Cina mancava di autosufficienza a causa dell’assenza di fornitori di componenti chiave. Anche per questa ragione, le recenti misure della Casa Bianca, che tra le altre cose vietano alle compagnie americane di vendere tecnologia a Huawei, potrebbero aver inciso profondamente nella scelta dell’azienda cinese di pensare di ritirarsi (forse temporaneamente) da questo segmento.

UN MERCATO STRATEGICO

Formiche.net aveva già evidenziato le ambizioni cinesi nel settore e il ruolo del colosso di Shenzhen, che con Huawei Marine, sussidiaria specializzata con sede nel porto di Tianjin, ha provato a scalare un mercato finora controllato da tre società: l’americana SubCom, l’Alcatel Submarine Networks finlandese, e la giapponese Nec Corp. La ditta cinese, aveva raccontato questa testata, ha completato la posa di un cavo da oltre quattromila chilometri tra Brasile e Camerun a settembre (il progetto è stato cofinanziato dalla statale Ex-im Bank of China e dall’operatore Unicom, anche questo statale), e di recente ha iniziato a lavorare su un cavo lungo più del doppio per collegare Europa, Asia e Africa.
Una Via della Seta sottomarina, parte della Via della Seta digitale che la Cina ha inteso affiancare alla Bri. Un esempio: la China Construction Bank ha finanziato una cavo da 60 Tb che da Gibuti, dove la Cina ha piantato la prima base militare extraterritoriale, arriverà in Pakistan, a Gwadar, un porto che è stato acquisito dalla Cina nell’ambito del cosiddetto Corridoio Cina-Pakistan, parte della Bri, su cui Pechino ha creato una zona economica speciale e progetterebbe di piazzare una base navale.
I documenti strategici di Pechino segnano l’importanza centrale dei cavi sottomarini per quella che viene chiamata la Digital Silk Road, nonché l’importanza dell’applicazione di Huawei nel settore (anche se l’azienda, nonostante i dubbi sollevati, dichiara ufficialmente di non essere collegata ai programmi governativi di Pechino). Ad ogni modo, un istituto di ricerca interconnesso col ministero dell’Industria e dell’Information Technology cinese, in un altro documento pubblicato a settembre 2018, ha però elogiato l’abilità tecnica di Huawei nella trasmissione di cavi sottomarini e ha detto che la Cina è destinata a diventare “uno dei più importanti centri di comunicazione via cavo sottomarini internazionali nel giro di un decennio o due”. Motivo per il quale alcuni analisti sentiti da questa testata ritengono che – vista la tempistica e i paletti imposti da Washington – una eventuale cessione potrebbe rappresentare “solo una mossa di facciata”.

LO SCENARIO

Secondo produttore di smartphone al mondo dietro alla sudcoreana Samsung, e davanti all’americana Apple, Huawei è da tempo una osservata speciale da parte di Washington, che teme l’espansionismo cinese condotto attraverso le nuove tecnologie, in particolare le nuove reti mobili ultraveloci di nuova generazione, il 5G, oggetto di una vasta campagna di sensibilizzazione diplomatica da parte del Dipartimento di Stato.

Perché Huawei vuol fare dietrofront nel mercato (strategico) dei cavi sottomarini

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