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Gli F-35 italiani in Islanda? Sono motivo d’orgoglio per il Paese, con una missione che dimostra l’indivisibilità della sicurezza della Nato e che rafforza la nostra posizione al suo interno, anche per gli interessi legati al Mediterraneo. Parola dell’ambasciatore Francesco Maria Talò, rappresentante permanente dell’Italia al quartier generale dell’Alleanza Atlantica, che Formiche.net ha raggiunto mentre si trovava in visita alla basa di Keflavik, in Islanda, dove i velivoli dell’Aeronautica militare hanno fatto registrare all’Italia un nuovo primato nell’ambito del programma internazionale: il primo dispiegamento di quinta generazione in una missione della Nato, certificazione ottenuta proprio mentre il dossier in Italia tornava a scaldare il dibattito politico.

LA MISSIONE

Da circa una settimana, sei jet del 32° Stormo di Amendola operano infatti dalla base islandese partecipando all’operazione Northern Lightning. Dopo le prime sortite di familiarizzazione, gli F-35 italiani sono stati certificati alla piena capacità operativi da un team di valutatori dell’Alleanza Atlantica appartenenti al Combined air operations centre (Caoc) di Uedem, in Germania. È il nuovo primato per l’Italia nell’ambito del programma F-35, salutato con orgoglio dai vertici militari. Sabato scorso, difatti, alla Task force italiana hanno fatto visita il capo di Stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, e il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica Alberto Rosso. Ieri, a Keflavik è arrivato l’ambasciatore Talò.

GLI OBIETTIVI

Non si tratta di un’operazione in uno Stato marginale. “L’Islanda – ha ricordato Talò – è uno Stato fondatore della Nato e, seppur privo di Forze armate, svolge un ruolo importante sotto il profilo geo-strategico in qualità di guardiano dell’Atlantico del nord, un bastione che ci consente di vigilare sulla nostra sicurezza in una delle zone più rilevanti per l’intera area euro-atlantica”. In più, ha aggiunto, bisogna tenere a mente “l’indivisibilità della sicurezza: la nostra sicurezza dipende anche da quello che succede qui in Islanda”. Difatti, “se consideriamo l’Europa come una penisola circondata da mari, entriamo in un concetto di vasi comunicanti, e l’Italia, agendo qui, dimostra di avere a cuore l’affermazione di una Nato che si muove a 360 gradi, senza trascurare alcuna area, dal nord al sud, a cui teniamo tanto”. In sintesi, “se vogliamo che gli alleati guardino al Mediterraneo, dobbiamo dimostrare la stessa attenzione che richiediamo anche sulle altre aree”. Ciò vale in particolare per l’alto nord, regione del globo dalla “crescente rilevanza” pure in virtù della concentrazione di diversi interessi sull’Artico.

IL DISPIEGAMENTO ITALIANO

I velivoli italiani, ha spiegato Talò, svolgono “attività di intercettazione e sorveglianza per la sicurezza dei cieli di Islanda, cieli di enorme vastità per un’area che equivale quasi all’intera Europa continentale”. In un’espressione, si tratta di una missione di air policing, con l’Italia che è ormai giunta alla sua quinta turnazione. L’ambasciatore ci ha raccontato dunque di “un’attività che riscuote grande apprezzamento da parte delle autorità islandesi”, riscontrata negli incontri avuti con il segretario generale degli Esteri islandese (dicastero che ha inglobato anche la Difesa) e con il capo di Stato maggiore delle Forze nazionali. “Mi hanno spiegato quanto sia importante per loro poter operare con le nostre Forze armate, così come è importante per noi poter agire in un ambiente operativo ben diverso da quello italiano”.

IL SALTO DELL’F-35

“Tutto ciò – ha rimarcato il rappresentante d’Italia alla Nato – avviene con l’F-35, un mezzo che rappresenta un salto di qualità straordinario rispetto al passato”. Il loro impiego è motivo “di enorme orgoglio”, poiché segna l’ennesimo primato dell’Italia nell’ambito del programma internazionale. “Dopo aver compiuto la prima trasvolata oceanica, e dopo che l’Aeronautica italiana è stata la prima in Europa a dichiarare la capacità operativa iniziale, ora siamo i primi a impiegare il velivolo in una missione Nato”. Ciò, ha notato Talò, “è il segno della straordinaria capacità espressa dall’Aeronautica e dall’intero sistema-Paese”. Va ricordato, infatti, che i velivoli sono assemblati – non solo per l’Italia – in Italia nello stabilimento di Cameri in provincia di Novara, con ritorni per le nostre industrie e per l’occupazione.

UNA TRADIZIONE PER IL FUTURO

In più, “qui a Keflavik ho visto una grandissima capacità pure nella proiezione logistica, per una forza di 130 persone trasferita in pochi giorni a notevole distanza dalle rispettive basi, intorno a sei velivoli F-35 e undici piloti che prendono quotidianamente il volo”. Si tratta della “capacità di essere al passo con i tempi”, per una missione che “poggia sui valori che costruiscono l’Alleanza Atlantica, gli stessi valori che ci hanno consentito settant’anni di pace in Europa, il periodo più lungo nella storia del Vecchio continente”. Ora, con il primo ricorso al velivolo di quinta generazione, “dimostriamo di adattarci alle nuove sfide con tecnologie all’avanguardia, dispiegate da una Forza armata che guarda al futuro e costruisce una nuova tradizione”. Difatti, proprio l’F-35 “ci rende molto più forti dentro la Nato – ha detto concludendo Talò – poiché io potrò raccontare ai nostri colleghi a Bruxelles di una partecipazione italiana di grandissima qualità”.

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