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Il dipanarsi degli eventi rende evidente che è la tappa in Vaticano al centro della visita romana del Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, Mike Pompeo. Visita vaticana che è già cominciata con il discorso che il capo della diplomazia americana ha già pronunciato nell’aula Paolo VI, dove si svolge un incontro internazionale sul tema della libertà religiosa. La linea esposta da Pompeo è netta. Parte dalla condanna di Pechino e il suo comportamento con la minoranza musulmana, gli uiguri, per poi usare toni non dissimili nei confronti di altri paesi che non garantiscono le forme più elementari di libertà religiosa, citando espressamente, oltre alla Cina, Iran, Pakistan e Birmania (Myanmar). È il recente rapporto dell’Osce sulla libertà religiosa nel mondo la base del suo discorso e probabilmente il tassello centrale della sua visita in Vaticano, che culminerà domani nell’incontro con Papa Francesco. Il curriculum vitae di Mike Pompeo parla per lui, il suo passato alla guida della Cia ne fa un naturale esponente del fronte della fermezza. Eppure Pompeo arriva sotto altre spoglie oggi, presentato e probabilmente non solo presentato come il punto di riferimento dell’ala morbida dell’amministrazione Trump.

Padre Luciano Larivera, gesuita e direttore del Centro Veritas di Trieste, dove l’osservazione attraverso i confini è di casa, si sofferma per prima cosa su di lui, cioè su Mike Pompeo. Esponente di quel nuovo protagonismo politico del cattolicesimo americano Pompeo sa che sono 70 milioni i cattolici americani, e anche loro sapranno chiamati alle urne l’anno prossimo. Il loro voto è importante per l’imprevedibile Trump e così quando domani arriverà all’appuntamento con Francesco sarà importante osservare se, come è probabile, sarà accompagnato dalla moglie. “Le consorti, dice padre Larivera, ovviamente non partecipano ai colloqui, ma la loro presenza contribuisce a creare un clima, in questo caso l’auspicata familiarità”, in questo caso va aggiunto che sarebbe notizia, visto che Francesco recentemente non ha esitato a definire un onore essere attaccato da americani.

Ma chi lo conosce sa che nella geopolitica della misericordia di Francesco nessuno è perduto pregiudizialmente. La misericordia non ha pregiudizi. Ma certo questo tassello fondamentale dell’approccio papale, che per molti lo rende imprevedibile anche se non tanto quanto The Donald, difficilmente può essere considerato sufficiente a facilitare l’agenda del colloquio. Ambiente, migrazioni, muri, Cina, Venezuela, Siria, Iran, sono tutti capitoli complessi, importantissimi per Bergoglio e la Santa Sede ma sui quali i punti d’incontro con la Casa Bianca sembrano scarseggiare. Ci può essere un calcolo alla Casa Bianca? “Guardando al passato – osserva padre Larivera – nessuno può escludere che in occasione di un viaggio europeo di Trump si possa ipotizzare anche un’udienza in Vaticano, se venisse richiesta. Molto più difficile un viaggio americano del papa, che non ama recarsi in Paesi immersi nei loro processi elettorali, se non in casi limite, come quello colombiano, dove in gioco c’era la pacificazione, o quello analogo del Mozambico. Ricordando però che in occasione della precedente udienza fu diffusa l’impressione di una delusione pontificia”.

E oggi i problemi si sono appesantiti. Provando a farne un sommario con padre Larivera appare naturale partire dal punto più preoccupante, la Cina. L’accordo temporaneo sulle nomine dei vescovi funziona e così la Santa Sede si tiene alla larga da Hong Kong, che non è una città cristiana ma dove i cristiani ci sono. La preoccupazione è evidente come evidente è anche il timore di poter peggiorare le cose con mosse inappropriate. “Certo è un problema non sottovalutato, come non può essere sottovalutato il divario sulla questione migratoria”, osserva. Chissà se Pompeo avrà modo di vedere il gruppo scultoreo inaugurato proprio domenica scorsa dal Papa in Piazza San Pietro? L’idea di libertà religiosa, osservandolo, potrebbe mutare. Lì si uniscono tante ferite delle nostra storia e della nostra umanità.

Comunque per padre Larivera il capo della diplomazia americana “non potrà trascurare che domenica si aprirà in Vaticano un sinodo fortemente voluto dal Papa, quello sull’Amazzonia”. Saranno tre settimane di confronto cruciale, e la questione ambientale diventerà questione culturale, di modello di sviluppo, di quella che al sinodo verrà chiamata “ecologia integrale”. Se il ritiro trumpiano dagli accordi di Parigi non ha avvicinato Stati Uniti e Santa Sede sulle questioni ambientali altrettanto può dirsi per il ritiro dall’accordo con l’Iran, che alla Santa Sede appariva utile a non aggravare il conflitto mediorientale, che porta con sé tantissime problematiche, a partire da quella della presenza cristiana in quelle terre.

“Insomma – conclude padre Larivera – difficile pensare a un’agenda in discesa, ma la geopolitica della misericordia non può non tenere conto della priorità del dialogo” che noi potremmo tradurre in priorità dell’abbattimento dei muri, degli steccati. È questa la grande visione grazie alla quale Pompeo potrà rafforzare la sua opzione “moderata”, come probabilmente tenterà di fare.

Vi spiego come andrà l'incontro tra Pompeo e papa Francesco. Parla padre Larivera

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