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La pressione economica e geopolitica cinese sull’Europa e sull’Italia in particolare non terminerà con l’approvazione da parte del governo di un nuovo decreto che rafforza i controlli sulle reti. La presenza di Pechino è infatti destinata a durare e i suoi progetti espansionistici devono essere arginati impedendo in ogni modo che la Repubblica Popolare possa penetrare i mercati attraverso i suoi colossi tecnologici, come chiedono gli Stati Uniti.
È questo l’appello che Antonio Tajani, già presidente dell’Europarlamento, oggi numero due di Forza Italia e presidente della Commissione per gli affari costituzionali a Strasburgo, ha lanciato oggi dal palco della manifestazione Atreju organizzata da Fratelli d’Italia.

LA LINEA FORZISTA (E DEL CENTRODESTRA)

Tajani è interprete di una linea forzista (sposata anche da Meloni e Salvini), più volte ribadita nei mesi passati dal leader degli azzurri Silvio Berlusconi, di chiusura rispetto ai progetti cinesi criticati a più riprese da Washington, che teme che Pechino possa usare i suoi colossi per fini di spionaggio, facendo leva su una legge nazionale sull’intelligence che li costringe a cooperare con la madrepatria.

L’APPELLO DI TAJANI

Oggi invece Tajani, parlando con i giornalisti al termine di una conferenza stampa per presentare punti per aumentare sicurezza a Roma, si è detto nettamente contrario a un coinvolgimento delle aziende cinesi nell’implementazione della rete 5G nazionale. “Non darei informazioni a una società cinese” ha spiegato, “perché sono troppo importanti. Sono come i lingotti d’oro della Banca d’Italia. Rischiamo di cedere spazi di sovranità: i cinesi già vogliono prendersi i porti, non è il caso di concedere anche dati sensibili sul piano della sicurezza”.
“Occhio a svendere anche la rete 5G a Huawei”, ha sottolineato l’esponente di Forza Italia, “perché significa impossessarsi delle banche dati di milioni di persone. Hanno ragione gli americani. E oggi la banca dati vale più del tesoro di Bankitalia… ormai”, ha aggiunto, “molti porti sono diventati cinesi, il Pireo, per esempio…”, con riferimento ai rischi correlati anche a un altro progetto cinese al quale l’Italia ha già aderito, unico tra i Paesi G7: la nuova Via della Seta.

CON I DATI NON SI SCHERZA

Attenzione a cedere spazi di sovranità, è dunque l’appello di Tajani, tanto più se ciò avviene in disaccordo con l’alleato statunitense. In Italia l’attuale esecutivo non ha chiuso le porte ai colossi della Repubblica Popolare, ma dopo i tentennamenti degli scorsi mesi e le divergenze tra M5S (fautore di un legame più stretto con la Cina) e la Lega (contraria a coinvolgere le aziende cinesi nelle reti), il nuovo esecutivo sembra intenzionato a segnare un cambio di passo. Una manciata di giorni fa il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge (che ora dovrà essere convertito) che rafforza anche per il 5G la disciplina dei poteri concessi dal Golden Power e che crea un ‘perimetro cyber’, ovvero un elenco di realtà, ancora da definire formalmente, che assicurano attraverso reti e sistemi informatici l’erogazione di servizi essenziali per gli interessi del Paese. E che per questo saranno soggette a misure di sicurezza più elevate. Tuttavia, ha ricordato Tajani, sarà bene tenere alta l’attenzione. Con i dati non si scherza.

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