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Nonni e nipoti, insieme a sostegno della nuova maggioranza giallorossa. È su questa inconsueta alleanza tra due generazioni distanti anagraficamente ma oggi politicamente vicine che si regge buona parte del sostegno al Conte-bis.

È una rilevazione di Swg a mostrarci come il neonato governo goda di consensi elevati tra i giovanissimi nativi digitali della “generation Z” (63%) e tra i più anziani over 64 (49%); un dato in entrambi i casi superiore alla media nazionale del 44%. Una strana sintonia tra chi è cresciuto nell’epoca dei partiti di massa, immerso nell’ideologia fino al collo, e chi invece non ha conosciuto le forme novecentesche della politica e in una sezione di partito probabilmente non ci ha mai messo piede.

Tuttavia, la coalizione PD-M5S non scalda i cuori della classe media (42% di apprezzamenti) e sprofonda nel gradimento tra le classi popolari con soltanto il 20% dei ceti poveri che ritiene il governo un’opportunità per l’Italia. Prova evidente che il problema resta sempre lo stesso: ciò che piace in Europa viene quasi sempre sonoramente bocciato dalle “periferie”.

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È poi interessante notare come la narrazione della piazza sovranista, riunita in protesta fuori da Montecitorio, abbia attecchito con forza nei piccoli centri (74%), tra quelle comunità più intimorite dalle grandi trasformazioni innescate dalla globalizzazione. Mentre il livello di disapprovazione diminuisce significativamente, superando comunque la metà (57%), nelle grandi città.

Inoltre, gli slogan della Lega convincono soprattutto gli elettori di mezza età, con il 59% della “Generazione X” che considera l’accordo giallorosso un “poltronificio”.

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Cala invece al 47% la fiducia in Giuseppe Conte. Un dato che a prima vista potrebbe sorprendere, dato il protagonismo del premier in queste settimane, ma che non stupisce troppo se si considera che oggi l’ex “avvocato del popolo” è diventato l’avversario numero uno degli elettori di Salvini, ancora ampiamente in testa nei sondaggi.

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Infine, le conseguenze del burrascoso divorzio giallo-verde si ripercuotono sulla percezione del livello di europeismo nelle forze politiche.

Ben il 52% dei cittadini ritiene la Lega ancora più ostile all’establishment di Bruxelles di quanto non lo fosse 12 mesi fa. Dunque, nessuna svolta moderata come qualcuno auspicava: nel passaggio dal salvinismo di lotta a quello di governo i nemici sono rimasti quelli di sempre (Merkel e Macron in testa).

Sono stati invece i pentastellati a compiere una mutazione genetica inversa rispetto a quella del loro ex alleato. Infatti, a distanza di un anno, quasi un terzo dell’elettorato considera il M5S più vicino allo spirito delle istituzioni comunitarie. L’alleanza con Farage e la gita oltralpe per far visita ai gillet gialli appaiono solo un ricordo sbiadito, oggi il Movimento ha il volto istituzionale e rassicurante di Giuseppe Conte (più che di Luigi di Maio), interlocutore privilegiato di Ursula von Der Leyen.

Così, se nasceranno nuove alleanze elettorali giallorosse, saranno sicuramente nel segno delle stelle. Ma stavolta non più cinque, bensì dodici come quelle della bandiera europea.

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