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I risultati delle elezioni in Abruzzo sono stati eloquenti, anche perché i sondaggi post voto indicano che a) gli elettori del Movimento 5 Stelle (M5S) si stanno assottigliando; e b) l’emorragia è a destra (numerosi eletti del M5S, ed anche alcuni dei loro leader sono cresciuti in ambienti del Movimento Sociale Italiano, Msi) piuttosto che a sinistra. La situazione non è ancora talmente macera da far prospettare una crisi di governo: non conviene soprattutto all’altro contraente del contratto di governo (non un’alleanza), la Lega a cui basta attendere i risultati delle altre elezioni regionali e di quelle europee per dichiarare il fin de partie, lo ‘scacco matto ‘ al tavolo del gioco degli scacchi. Ha come alleato la situazione economica: la recessione si sentirà nelle tasche degli italiani all’inizio dell’estate. Allora, aumenterà anche il rapporto debito-Pil (le stime pensano che viaggerà verso 135% alla fine dell’anno) e la riluttanza degli investitori ad acquistare titoli del debito pubblico italiano. Sarà facile dare la responsabilità a misure volute dal M5S come la rendita di cittadinanza e il fermo alle grandi opere pubbliche come la Tav.

Nel contempo, il M5S (alla ricerca di capolista di grande livello per elezioni europee – compito non facile perché pochi “grandi nomi” si prestano ad essere espressione di un movimento il cui futuro è incerto) è sempre più avviluppato nel suo trilemma.

Di che si tratta? Mentre dilemma indica che tra due alternative si deve scegliere (non se ne può avere una ed il suo contrario), trilemma vuol dire che non si possono perseguire tre obiettivi contemporaneamente se non hanno una forte coerenza interna.

Trilemma è un termine antico. Una prima formulazione di trilemma è quella del filosofo greco Epicuro, il quale rifiutava l’idea di un Dio onnipotente e benevolo (come sintetizzato da David Hume): a) se Dio è incapace di evitare il male, allora non è onnipotente; b) se Dio non vuole impedire il male, allora non è del tutto buono; c) se Dio vuole impedire il male ed è capace di impedirlo, allora perché il male esiste? Sebbene questo trilemma sia stato attribuito ad Epicuro da Lattanzio, si suppone che esso possa, in realtà, essere opera di uno dei primi filosofi scettici, forse Carneade.

In economia, nel 1961, l’allora giovane Robert Mundell (insignito del Nobel) coniò per un fondamentale teorema di economia internazionale, il trilemma di cambi fissi, libertà dei movimenti di capitale e politiche monetarie nazionali. Più di recente, l’economista Dani Rodrik ha formulato un trilemma in base al quale non si può avere integrazione economica, piena sovranità nazionale e democrazia. I trilemmi di Mundell e Rodrik comportano elaborate dimostrazione matematiche, note alla Casaleggio ed Associati me non necessariamente ai leader del M5S.

Quale è il loro trilemma? Fare parte di un governo, fare campagna elettorale e promuovere simultaneamente provvedimenti che, a detta di una pluralità di osservatori interni ed internazionali, indeboliscono l’esecutivo di cui fanno parte. È naturale (oltre che logico) fare parte di un governo e fare campagna elettorale a favore dell’esecutivo di cui fa parte. Nell’ottobre 2007, si sono pure visti ministri in piazza contro le misure sullo stato sociale del governo di cui facevano parte: vennero stigmatizzati dai leader dei loro stessi partiti e dopo poco tempo l’esecutivo si squagliò. È incompatibile essere, però, contro le linee direttrici del governo in politica estera (Venezuela, Francia), in politica economica (fermare i provvedimenti pro-crescita nella speranza che lo sviluppo venga dai sussidi), e via discorrendo.

Il trilemma è un laccio che si stringe ed elettoralmente non paga.

M5S e il suo trilemma (che non paga)

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