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Il refrain, sempre quello: la crescita, quella attraverso la quale viene generata la ricchezza.
Il vice direttore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, lo sa. Sa pure come questa crescita non cresca e con puntiglio dice la sua nell’intervento all’incontro di Bologna dell’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti), gruppo emiliano romagnolo: L’economia italiana “ha bisogno di tornare a crescere a ritmi sostenuti. Soltanto lo sviluppo può generare le risorse necessarie per contrastare le diseguaglianze e alleviare le difficoltà in cui versano numerose famiglie. Soltanto il lavoro può offrire prospettive credibili ai giovani per realizzare i loro progetti di vita”.

Si, insomma, invoca quella crescita che dovrebbe sconfiggere diseguaglianze, penuria, disoccupazione e la precarietà della condizione giovanile.
Poi, con un accorato appello, chiosa: “L’innovazione tecnologica rappresenta un formidabile strumento di progresso economico e sociale. L’adozione delle nuove tecnologie consente agli operatori finanziari e alle imprese di ridurre i costi e di migliorare la qualità dei beni e dei servizi offerti; può favorire l’inclusione sociale e quella finanziaria. Potremo innalzare il percorso di crescita della nostra economia se sapremo cogliere queste opportunità, governandone i rischi. È un impegno che riguarda tutti”.

 La Cgia di Mestre fa i conti: “Dal 2000 l’economia italiana si trova su un binario morto. A dispetto del ventennio precedente il Pil italiano ha registrato una crescita poco sopra lo zero, crescendo mediamente dello 0,2 per cento ogni anno.
Poi snocciola: I comparti che hanno registrato i risultati più deboli sono la gomma/plastica (-27,4 per cento),il mobile (-28,4 per cento),il legno/carta/stampa (-32,9 per cento),il tessile/abbigliamento/calzature (-34,3 per cento),il computer/elettronica (-38,4 per cento) le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (-49,9 per cento). Tra tutti i comparti analizzati solo gli alimentari/bevande (+15,7 per cento) e il farmaceutico (+31,6 per cento) hanno incrementato la produzione in questi ultimi 18 anni”.
Dunque mi tocca fare il Ragioniere: se da diciannove anni si spende per poter soddisfare a mala pena i bisogni alimentari e i malanni, come si poteva far tutta la spesa per fare tutta la crescita possibile che il Panetta auspica?
I redditi insufficienti, per fare la spesa auspicata, sono la causa non l’effetto dalla mancata crescita.
Essì, questo stava già scritto a chiare lettere nel report del 2013 del centro studi Confcommercio: “Il reddito disponibile delle famiglie italiane torna ai livelli di 25 anni fa; 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988.
In ultimo: quante merci da acquistare, per numero e volume, sono arrivate al mercato in più da quell’88?
Tra i pochi spicci in tasca e le troppe merci in vendita, il gap dell’output esplode e lo sviluppo si avviluppa!
Già, così magari, con inconsolabile tristezza, tocca dover constatare come venga a mancare ancor più quella spesa che genera il lavoro e lo remunera.

Mauro Artibani, l’economaio
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La mancata crescita, tra la causa e l'effetto

Il refrain, sempre quello: la crescita, quella attraverso la quale viene generata la ricchezza. Il vice direttore generale della Banca d'Italia, Fabio Panetta, lo sa. Sa pure come questa crescita non cresca e con puntiglio dice la sua nell'intervento all'incontro di Bologna dell'Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti), gruppo emiliano romagnolo: L'economia italiana "ha bisogno di tornare a crescere a ritmi…

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