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Nuove indiscrezioni sulla crisi in Venezuela. Per il Washington Post, nel fallito piano dell’opposizione venezuelana per rovesciare Nicolás Maduro ha avuto un ruolo chiave il presidente della Corte Suprema di Giustizia, Maikel Moreno. L’uomo – nominato più volte dal consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, John Bolton – voleva diventare presidente del Paese sudamericano durante il governo di transizione, togliendo spazio e protagonismo al presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidó.

Secondo la ricostruzione degli eventi del 30 aprile, al centro dell’Operazione Libertà doveva esserci una dichiarazione della Corte Suprema di Giustizia che privava di legittimità l’Assemblea costituente creata da Maduro, riportando tutti i poteri al Parlamento guidato da Guaidó. Con la dichiarazione, il potere giudiziario garantiva la copertura legale per fare schierare i militari a favore dell’opposizione, con la condizione che Moreno ne prendesse la presidenza. L’uomo però non si è fidato del tutto e ha espresso il timore di dovere fuggire negli Stati Uniti.

Gli Usa restano ben presenti nel dossier del Venezuela. Mentre l’ambasciata venezuelana a Washington è epicentro di scontri tra sostenitori di Maduro e di Guaidó (si parla dell’avvertimento di uno sfratto entro poche ore, ma nulla è stato confermato), oggi il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha incontrato per la seconda volta a Sochi il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. I temi in agenda sono diversi: la crisi venezuelana, l’accordo con l’Iran e la questione nucleare della Corea del Nord. Successivamente, Pompeo incontrerà il presidente russo Vladimir Putin.

Sul Venezuela, Stati Uniti e Russia restano su due binari diversi. Mentre per Washington tutte le opzioni sono ancora sul tavolo per risolvere l’emergenza dei venezuelani, Mosca si mantiene a favore del regime di Maduro.

In un’intervista concessa alla Bbc, l’ambasciatore russo alle Nazioni Unite Dmitry Polyanskiy ha respinto qualsiasi accusa di violazione dei diritti umani in Venezuela. Sull’eventuale intervento militare americano nel Paese sudamericano, ha avvertito che questo potrebbe aprire “una grave crisi internazionale, con conseguenze devastanti per la regione e per l’intera sicurezza mondiale”.

“Il mandato di Maduro è di sei anni secondo la Costituzione venezuelana – ha spiegato Polyanskiy -, per questo non ha fretta di rifare le elezioni. Noi non sosteniamo il presidente Maduro in Venezuela. Noi sosteniamo il diritto internazionale e il principio di non ingerenza negli affari interni di altri Stati. Il presidente Maduro è l’unico presidente eletto del Venezuela, secondo la legge venezuelana e per questo stiamo con lui”.

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