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Se davvero il governo, come dice il ministro delle Infrastrutture, non cadrà sulla Tav dovrà quantomeno trovare una soluzione urgente per la crescita. Perché alla fine tutto riconduce a quelle tre parole: Prodotto interno lordo. Che non c’è, perché l’Italia non cresce. Il confronto più difficile da digerire è sicuramente quello col resto d’Europa, finito al centro di un’analisi del Centro studi di Confindustria, diretto da Andrea Montanino. Da quelle cifre si evince l’enorme divario tra l’economia italiana e quella dei Paesi membri. Tutto molto noto, solo che quando ci sono di mezzo i numeri la musica cambia un po’.

Tutto parte da una constatazione. Negli ultimi cinque anni l’Italia è stata costantemente indietro rispetto all’Eurozona. Nel 2014 per esempio il nostro Pil è cresciuto dello 0,1%, contro l’1,6% della media europea. L’anno dopo, era il 2015, 2,3% contro lo 0,9% italiano e così via per gli anni successivi: 2,1-1,1%, 2,5-1,6%, 1,9-1%. Non è tutto. Perché Confindustria ha fatto anche un altro tipo di calcolo sul Pil italiano, con l’obiettivo di quantificare lo sforzo necessario da qui a fine anno per centrare il target dell’1% di crescita per l’anno in corso. Insomma, la rincorsa che Matteo Salvini e Luigi Di Maio dovrebbero prendere per afferrare un timido 1% di Pil.

Secondo i calcoli di Viale dell’Astronomia, l’Italia dovrebbe macinare lo 0,5% a trimestre. Impresa semi-impossibile dal momento che la stima più accreditata per la crescita di quest’anno è proprio uno zerovirgola, 0,6% per la precisione secondo l’Fmi. “Il calo del Pil anche nel quarto trimestre 2018 (-0,2 dopo -0,1 per cento) porta a -0,2 per cento l’eredità per la crescita annua dell’Italia nel 2019”, scrive Confindustria nella sua analisi.

“Ciò rende difficile raggiungere una crescita soddisfacente nell’anno in corso, anche in considerazione del contesto economico attuale che, stando agli indicatori congiunturali, risulta ancora fragile. Ottenere un incremento del Pil dell’1% per cento richiederebbe una variazione trimestrale di +0,5 per cento fin dal primo trimestre. Quattro trimestri con questo ritmo si sono visti, l’ultima volta, 18 anni fa. Per far ripartire l’espansione è necessario attivare investimenti pubblici e privati. Anche per ridurre il differenziale negativo di crescita rispetto al resto dell’Eurozona (nel 2018 ancora intorno a un punto percentuale)”.

Non stupisce dunque il messaggio arrivato questa mattina da Kristalina Georgieva, designata presidente ad interim e ceo della Banca Mondiale, destinato all’Italia. “Non siamo enormemente preoccupati in questo momento per le prospettive di crescita in Europa, ma siamo preoccupati per l’aumento dei rischi: il nostro messaggio ai politici è ‘siate prudenti, rendetevi conto che lavorate in un contesto molto più incerto”.

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