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Forse sono lontani i giorni burrascosi degli scandali e dei contratti derivati Santorini e Alexandria, che costrinsero lo Stato a entrare in Mps (68%) onde evitarne il crack. Gli ultimi anni per la banca più antica del mondo non sono stati facili. La scoperta di diversi buchi nei bilanci, gli esercizi chiusi in rosso, il cattivo andamento del titolo costato all’azionista Tesoro quasi 3 miliardi. Adesso però, a sentire il ceo di Mps, Marco Morelli, c’è speranza di un futuro più solido. Che parte proprio dai conti approvati oggi nell’assise dei soci a Siena (presente il 74,4% del capitale) e cioè un utile di 279 milioni, dopo la maxi-perdita da 3,5 miliardi riportata nel 2017.

Morelli ha analizzato il momento della banca. “Il 2018 è stato un anno in cui l’istituto si è rimesso in cammino e in cui la banca e i suoi dipendenti sono tornati a svolgere un’attività normale e questo marchio e questo brand sono tornati sul mercato, pur con tutti i paletti e i commitment imposti dal piano di ristrutturazione concordato con la Ue, che rende questo esercizio molto più complesso”. Di qui la previsione del manager romano alla guida di Rocca Salimbeni dal 2016. “L’ingresso nel 2019 è molto peggiore dell’entrata nel 2018, mi sembra che ormai ci sia un consenso generalizzato sul fatto che la crescita del Pil del nostro Paese sarà vicino allo zero”. Il senso è chiaro: la banca toscana, vive condizioni di salute di gran lunga migliori rispetto a due anni fa, il problema è che nel frattempo sono peggiorate quelle dell’economia italiana, con la definitiva frenata del Pil. E questo, per una banca che presta denaro al territorio come Mps, non è buono.

Tornando al risanamento di Mps, “il 2018 è stato dedicato alla riduzione dei crediti deteriorati lordi, alla salvaguardia della posizione patrimoniale e della liquidità, alla ripresa dell’attività commerciale dal lato degli impieghi e della raccolta”, ha spiegato Morelli. Su quest’ultimo fronte, dopo che la banca aveva perso 28 miliardi di euro di risparmi nel 2016 e nel 2017 aveva cercato di recuperarli remunerandoli l’obiettivo del 2018 è stato quello di stabilizzare e abbattere il costo della raccolta. C’è poi stata una ripresa dell’attività commerciale come dimostrano ad esempio i mutui erogati ai privati (+68% sul 2017) e alle imprese (+43%). Ancora, nel 2018 la banca ha fatto uscire dal suo bilancio 29 miliardi di crediti deteriorati, passando dal 36% del 2017 al 16,4% sul totale del portafoglio crediti.

Rimessi seppur parzialmente in sesto i conti, adesso nell’immediato futuro sono due le operazioni di peso. Primo, l’uscita del Tesoro dal capitale, come chiede peraltro l’Europa e una possibile aggregazione con un partner dalle spalle larghe. La prima operazione è funzionale alla prima, perché senza l’individuazione di una banca con cui unirsi, è difficile che lo Stato possa uscire da Mps senza ripercussioni sulla banca. Di sicuro il tempo stringe, perché entro pochi mesi lo stesso Tesoro dovrà indicare tempi di uscita dal capitale. Anche per questo l’obiettivo principale di Morelli rimane quello di rendere Mps il più appetibile possibile.

Mps risorge con la cura Morelli. Ora un partner e l'addio del Tesoro

Forse sono lontani i giorni burrascosi degli scandali e dei contratti derivati Santorini e Alexandria, che costrinsero lo Stato a entrare in Mps (68%) onde evitarne il crack. Gli ultimi anni per la banca più antica del mondo non sono stati facili. La scoperta di diversi buchi nei bilanci, gli esercizi chiusi in rosso, il cattivo andamento del titolo costato…

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