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LA FIRMA DI BOLTON

La Casa Bianca ha annunciato con uno statement ufficiale il dispiegamento di una portaerei strategica nel Medio Oriente in funzione di deterrenza anti-Iran. La dichiarazione è firmata dal Consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, che ha comunicato che la “USS Lincoln” entrerà nella acque mediorientali con il suo gruppo da battaglia “per inviare un messaggio chiaro e inconfondibile al regime iraniano”, perché ogni “attacco contro gli interessi degli Stati Uniti o quelli dei nostri alleati” riceverà una risposta “con forza inesorabile”.

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Gli Stati Uniti non stanno cercando una guerra con il regime iraniano. Ma siamo pienamente preparati a rispondere a qualsiasi attacco, sia per procura, il Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica, o le regolari forze iraniane”, ha scritto Bolton che è considerato uno dei falchi anti-Iran all’interno di una delle più severe amministrazione di sempre con Teheran.

Non è così raro per una portaerei essere spedita in quell’area ma il linguaggio di Bolton punta a essere particolarmente duro contro gli iraniani. Per aumentare la pressione su Teheran. Su queste colonne, l’analista Nicola Pedde aveva spiegato che l’obiettivo profondo di questa strategia di massima pressione è poter giustificare “un’escalation della crisi portando l’Iran a compiere un passo falso”.

LA STRETTA DI WASHINGTON

La Washington di Donald Trump ha stretto particolarmente la cinghia con la Repubblica islamica, un’attività giocata di sponda con i principali alleati regionali, tutti nemici esistenziali dell’Iran: Arabia Saudita, Emirati Arabi, Israele. L’amministrazione statunitense ha iniziato col ritiro dall’accordo sul congelamento del programma nucleare iraniano deciso nel 2015, per poi procedere con il re-inserimento di tutte le sanzioni primarie e secondarie contro Teheran (precedentemente sospese proprio per effetto di quell’accordo), e continuato con azioni anche simboliche come l’inserimento dei Pasdaran (i Guardiani delle rivoluzione, il corpo militare che obbedisce al vertice teocratico) nella lista dei gruppi terroristici.

Atti ostili che dimostrano una volontà di confronto ampia che passa anche da quelle che viene definita la dimensione proxy della politica estera iraniana: nelle scorse settimane, per esempio, gli Stati Uniti hanno avviato un’operazione a metà tra contro-terrorismo e lotta finanziaria per disarticolare Hezbollah. Il partito/milizia libanese è il paradigma del motivo per cui Washington ha lanciato questo genere di confronto: per gli americani il problema è sostanzialmente legato al fatto che l’Iran sta spingendo per espandere la propria influenza su altri paesi, come il Libano, la Siria, l’Iraq. Si tratta di un’influenza giocata in chiave anti-occidentale – o meglio: anti-americana – che ha una dimensione egemonica che Washington detesta, sostanzialmente perché non è parte di questo progetto.

La Lincoln – sul cui ruolo Bolton ha voluto dare particolare enfasi con l’annuncio, anche se lo spostamento rientra in un’attività che era stata programma all’inizio di aprile – era già nel Mediterraneo (mercoledì tra Puglia e Albania), dove ha partecipato a esercitazioni congiunte con un’altra portaerei. Un dispiegamento doppio che aveva come scopo anche in questo caso la deterrenza riguardo ai tre principali rivali americani: la Cina, che sta cercando di inserirsi in stati europei (per esempio in Italia, ma è già forte in Grecia e sui Balcani) e nordafricani, la Russia (che ha interessi da giocare sia nel Nordafrica e nel Mediterraneo orientali), l’Iran appunto (che con la guerra in Siria ha ottenuto uno sbocco mediterraneo).

Lo spostamento della portaerei e del suo gruppo da battaglia – un dispositivo strategico composto anche da una nave da difesa area, una anti-sub, un sottomarino e diverse navi ausiliarie – segue un’indicazione specifica fatta circolare sulla stampa da un funzionario del Pentagono che ha avvisato alcuni media americani (l’Associated Press per esempio) che i militari americani avevano avuto informazioni che gli iraniani stavano progettando di colpire forze statunitensi nella regione attraverso i loro elementi proxy.

LO STRETTO DI HORMUZ

Il segretario di Stato, Mike Pompeo, commentando a caldo la dichiarazione sul dispiegamento con i reporter a bordo dell’area che lo stava portando in Europa per un tour diplomatico, ha detto che se “certe azioni avverranno, e anche se dovessero essere compiuto da qualche delegato di terze parti (i proxy, ndr), per esempio un gruppo di miliziani o Hezbollah, riterremo comunque la leadership iraniana direttamente responsabile”.

Nei giorni scorsi, dopo che gli Stati Uniti avevano annunciato la fine del meccanismo di esenzione dalle sanzioni che prevedeva di lasciare un minimo di esportazione petrolifera iraniana attivo, la Repubblica islamica aveva minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz, la strozzatura del Persico tra Bandar Abbas (Iran) e Kuzmar (Oman). Si tratta di un tratto di mare stretto poche miglia nautiche ma dall’immenso valore strategico, perché viene tagliato dalle rotte petrolifere del Golfo. Teheran pensava a un blocco navale come rappresaglia, che con la presenza della Lincoln nei dintorni diventa un’opzione più complessa da attuare. Una ragione ulteriore per lo spostamento.

Secondo lo statement di Bolton, le navi entreranno nell’area del Central Command, ossia il CentCom, comando del Pentagono che gestisce l’areale che va da Egitto ad Afghanistan. È dunque possibile speculare sulla rotta: la nave scenderà per il Mar Rosso, ossia una zona ad est dell’Egitto come richiede la gestione CentCom, magari tagliando Aden e risalendo per Golfo dell’Oman, Hormuz e Persico.

(Foto: Facebook, il ponte della USS Lincoln)

La portaerei Lincoln invia un messaggio (non di pace) di Washington a Teheran

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