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Tracciamo l’identikit del perfetto anti-Trump democratico per Usa 2020: uomo bianco – Biden è ok -, con presa sulle minoranze e sulle donne – Biden è out -; moderato – ok -, ma che piace a sinistra – out -; esperto ed affidabile – ok -, ma non riconducibile all’establishment politico e istituzionale – out -.

Joe Biden, ex vice-presidente di Barack Obama per due mandati, ed ex senatore del Maryland per 36 anni, eletto la prima volta nel 1972 e rieletto a cinque riprese, somma in egual misura qualità e difetti dell’ideale anti-Trump. Forse pure per questo, e forse sottovalutandolo un po’, il magnate presidente ha dato un ironico e malizioso benvenuto nella corsa alla Casa Bianca allo ‘Sleepy Joe’, cioè a Joe ‘l’addormentato’, pregustando, magari, un dibattito grinta contro aplomb, aggressività contro ‘politically correct’. Donald Trump considera Joe Biden un avversario facile o, almeno, abbordabile, se dovesse ottenere la nomination democratica. Scrive il magnate, con la sgarberia consueta: “Spero che tu abbia l’intelligenza, a lungo in dubbio, d’intraprendere una campagna di successo nelle primarie … Se ce la farai, ci vedremo ai nastri di partenza!”, cioè all’inizio della campagna elettorale per Usa 2020, che partirà dopo le convention estive dei due maggiori partiti e andrà fino all’Election Day del 3 novembre.

Biden è al terzo tentativo: provò a ottenere la nomination nel 1988 e poi di nuovo nel 2008, ma entrambe le volte non andò lontano. Nel 2004, rifiutò la designazione a vice di John Kerry. Nel 2016, fu a lungo il convitato di pietra del match tra Hillary Clinton e Bernie Sanders, ma alla fine rimase a guardare (appoggiando Hillary): gli era da poco morto il figlio Beau, vittima di un cancro al cervello.

I primi sondaggi mostrano che, ‘addormentato’ o meno, Biden è in fuga nella pletora di aspiranti alla nomination democratica ed è pure davanti a Trump in un testa a testa presidenziale. Secondo l’ultima rilevamento di Politico – Morning Consult, l’ex vice di Obama è 8 punti avanti il magnate, con il 42% delle preferenze contro il 34%. E secondo la media dei sondaggi del sito specializzato RealClearPolitics, Biden ha 6,3 punti di vantaggio su Bernie Sanders, finora il democratico più quotato. Ma sono dati ‘drogati’ da due fattori: l’eco dell’annuncio nei media americani e la riconoscibilità sia di Biden che di Sanders a livello nazionale, che nessun altro aspirante alla nomination finora ha. Biden, 77 anni, e Sanders, 78 anni, sono i più anziani, e i più ‘consumati’, del lotto democratico: entrambi sarebbero il più anziano presidente mai eletto alla Casa Bianca, battendo Ronald Reagan che aveva 73 anni nel 1984, quando ottenne il secondo mandato – Trump non è un giovanotto: lui avrà 74 anni, nel 2020 -.

Di Biden, scrive su AffarInternazionali.it Lucio Martino, analista ed esperto di politica e istituzioni degli Stati Uniti: “Biden propone una narrativa apparentemente accattivante: il rifiuto dell’odierna polarizzazione politica. E se i democratici non si innamorano di una nuova speranza, potrebbero finire con il sostenerlo. Però la nostalgia di Biden per un approccio bipartisan pare fuori dal mondo. L’ex vice di Obama gode delle simpatie dei quadri di partito e di buona parte dell’elettorato nero, ma la sua visione politica è molto lontana da quella della sinistra e ha scarsa presa sulle donne e sulle altre minoranze”.

Nel video in cui annuncia di scendere in lizza, Biden non spreca tempo a presentarsi – gli americani lo conoscono – e non usa effetti speciali: esalta i valori dell’America, con fotogrammi dello sbarco in Normandia e di Martin Luther King, e denuncia il rischio che Trump rappresenta per essi, mentre scorrono immagini dei cortei di suprematisti bianchi a Charlottesville nell’agosto 2017, che sfociarono in scontri letali. L’ex vice di Obama dice: “E’ una battaglia per l’anima di questo Paese … I valori fondamentali di questa nazione, il nostro posto nel mondo, la nostra stessa democrazia, tutto ciò che fa l’America è in gioco”.

‘Sleepy’ Joe rappresenta, forse, un’America che oggi non c’è, ma che potrebbe tornare e che molti, in Europa, ma anche in America, sperino che torni presto: l’America campione dei diritti umani e delle buone cause, l’America dei film di John Ford e di Frank Capra, l’America di Apollo XIII e d’Independence Day. Un’America di persone per bene: ’a decent man’, vulnerabile, però, all’aggressività di un Trump e anche dei suoi rivali democratici che giocano a spararsi sui piedi l’un l’altro prima di pensare a ‘mirare al cuore’ dell’avversario repubblicano.

Così, Biden ha già dovuto difendersi – e lo ha fatto male – dalle accuse di una politica democratica che lui nel 2014 baciò – castamente, sulla nuca – senza il suo consenso. La donna, Lucy Flores, 40 anni, ex deputata del Nevada, allora candidata vicegovernatore dello Stato, oggi militante per molte buone cause, ha raccontato a una rivista e ha poi ripetuto d’essersi sentita “a disagio, disgustata e confusa” quando Biden le si avvicinò da dietro, le posò le mani sulle spalle e la baciò sulla nuca. Accadde a un comizio dove l’allora vice-presidente sosteneva la sua candidatura a vice-governatore – Lucy poi perse le elezioni -. “In tanti anni di campagne elettorali e di vita pubblica non ho mai agito in maniera inopportuna”, assicura ora Biden alla stampa. Ma, conscio dello spirito dei tempi, promette di andare a fondo sulle affermazioni della Flores, anche se non ha memoria dell’episodio: “In tanti anni, non si contano le strette di mano, gli abbracci, le espressioni di affetto e di sostegno che ho dato – spiega -. E non è mai stata mia intenzione mancare di rispetto a qualcuno”.

A favore di Biden intervengono donne che lo ebbero amico o collega o capo. Ma altre fanno riemergere episodi e imbarazzi di un lontano passato. Punture di spillo, azioni di disturbo, che, se questa non fosse l’America di #MeToo, lascerebbero il tempo che trovano, tanto la colpa di Biden appare lieve, ammesso che sia colpa. Lo strano è che, se qualcuno dicesse una cosa del genere di Trump, nessuno gli baderebbe, ché al magnate sono stati abbonati dai suoi elettori atteggiamenti e comportamenti ben più pesanti.

Invece, i rivali democratici di Uncle Joe vogliono dire la loro, Sanders per primo – la Flores, nel 2016, stava con lui contro Hillary Clinton – e poi le senatrici Warren e Klobuchar e altri che chiedono che sia fatta piena luce (ma su cosa?).

Moderato, ma profondamente democratico; poco carismatico, ma molto esperto; non un leader, ma una persona affidabile, Biden è il ventesimo candidato alla nomination democratica: oltre a lui e Sanders, ci sono, in ordine alfabetico, Cory Booker, Pete Buttigieg, Julian Castro, John Delaney, Tulsi Gabbard, Kirsten Gillebrand, Kamara Harris, John Hickenlooper, Jay Inslee, Amy Klobuchar, Wayne Messam, Seth Multon, Beto O’Rourke, Tim Ryan, Eric Swalwell, Elizabeth Warren, Marianne Williamson, Andrew Young. E l’elenco potrebbe ancora allungarsi, perché c’è gente che ancora ci pensa. Fra i repubblicani, Trump ha per ora un solo avversario: William Weld, un libertario che non lo preoccupa.

Se non avete mai sentito nominare buona parte dei candidati democratici, non fatevi crucci: neppure gli americani li conoscono. Tant’è vero che pochi, finora, superano i criteri – un mix tra sondaggi e fondi – fissati dal Partito democratico per avere accesso ai dibattiti d’autunno prima delle primarie: di sicuro, ce la fanno la Warren, che completa il terzetto degli ‘stagionati’, l’ex deputato O’Rourke, tre fra senatori e senatrici – Booker, la Harris, la Klobuchar -, l’ex governatore del Colorado Hickenlooper e l’outsider Buttigieg, sindaco gay di South Bend nell’Indiana, fenomeno mediatico di questa fase della campagna. Frank Bruni scrive, sul New York Times, che non sarebbe sorpreso di vederlo “nei final four”, negli ultimi quattro, la prossima primavera.

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