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I partiti di maggioranza crescono mentre quelli d’opposizione, almeno i principali, arretrano o, al massimo, restano fermi. La fotografia emerge dalla media dei sondaggi di alcuni dei più importanti istituti di rilevazione condotta da Youtrend e Agi a un mese esatto dalle europee del prossimo 26 maggio. Nelle ultime due settimane sia Lega che cinquestelle avrebbero visto aumentare i loro consensi dello 0,7%: la prima si conferma il partito in questo momento più amato dagli italiani con il 32,8% dei voti potenziali e il MoVimento 5 Stelle si rafforza al secondo posto in classica con il 22,2%. Che vuol dire quasi due punti di distanza dal Partito democratico in calo dello 0,3%, dal 20,9 di 15 giorni fa al 20,6 di oggi. Forza Italia avrebbe invece perso per strada lo 0,6 e si attesterebbe ora al 9,4%. Stabile Fratelli d’Italia al 4,9% mentre tutti gli altri partiti d’opposizione sarebbero in aumento ma comunque al di sotto della soglia del 4% da raggiungere per entrare nel prossimo Parlamento europeo: +Europa al 3,2%, La Sinistra al 2 e i Verdi all’1,4. Un quadro caratterizzato, dunque, dalla crescita dell’area di governo, arrivata a toccare il 55%. Ma da quali fattori è dipesa questa parziale inversione di tendenza? E l’evocato sorpasso del Pd ai danni del M5s si materializzerà oppure no? Domande che Formiche.net ha posto a Lorenzo Pregliasco, analista politico e co-fondatore e direttore di Quorum e Youtrend.

La vicenda Siri e le polemiche sempre più intense di queste settimane sembrano non aver scalfito il consenso dei due partiti di governo. Tutt’altro. E’ così?

I numeri paiono dire questo. La Lega rimane saldamente il primo partito, anzi nelle ultime due settimane ha anche arrestato quel lieve calo che c’era stato tra fine marzo e inizio aprile. In pratica, in questo momento è vicina al suo picco massimo del 33,5%. Dall’altra parte, però, pure i cinquestelle sembrano aver interrotto la discesa che avevano imboccato da inizio settembre e che dal 29% li aveva portati fino al 21. Un rimbalzo verso l’alto che specularmente fa allargare la forbice con il Partito democratico.

Il sorpasso di cui si è molto parlato a marzo sembra a questo punto più difficile? 

Partiamo da un presupposto: tra M5s e Pd non ci sono neppure due punti di distanza. E, quindi, sia l’uno che l’altro potrebbero aggiudicarsi la corsa per il secondo posto. Mi ricorda un po’ il derby tra Forza Italia e Lega delle politiche dell’anno scorso: secondo i sondaggi erano di fatto appaiate, anzi i sondaggi davano gli azzurri in lieve vantaggio. Poi, però, abbiamo visto com’è finita. Quando i valori sono così vicini non si può dire con certezza chi finirà davanti.

Ma i dati delle ultime settimane cosa ci dicono?

Che quella tendenza di febbraio e marzo – di crescita del Pd e di calo dei cinquestelle – nell’ultima fase si è arrestata. Non abbiamo la palla di vetro per anticipare come finirà tra un mese ma di sicuro al momento è in atto un’inversione di tendenza.

Per quale motivo a suo avviso? Perché i cinquestelle si sono spostati a sinistra oppure perché il Pd non ha saputo dare seguito a quel primo alito di speranza che avevano generato le primarie?

L’attuale fase di dialettica tra M5s e Lega sta chiaramente favorendo le forze di maggioranza, soprattutto in un contesto come quello delle europee di tipo proporzionale, nel quale ogni partito deve puntare a massimizzare il proprio consenso. In quest’ottica Lega e cinquestelle sembrano voler occupare un po’ tutti gli spazi.

A discapito anche del Partito democratico. Come valuta il momento che stanno vivendo i dem?

Il Pd ha avuto una crescita rilevante tra febbraio e metà marzo ma da quel momento è iniziato lo stallo che dura ancora oggi. I motivi di questa dinamica sono diversi. Certamente le primarie, con l’affermazione di Nicola Zingaretti, avevano rappresentato, pure mediaticamente, un momento di rilevante curiosità ma dopo fatico a ricordarmi una situazione in cui il Pd sia stato particolarmente centrale nel dibattito. Non mi pare abbia toccato granché palla nelle ultime settimane e ciò ovviamente non aiuta un partito che deve rimontare. E poi, chi lo sa, non escludo che in questa fase politica vi sia pure una sorta di tetto che il Pd non riesce a superare.

Ma è possibile che questa opposizione di governo, che sta caratterizzando soprattutto i cinquestelle, sia stata in qualche modo concordata dalle forze politiche di maggioranza?

Non credo che sia condivisa, mi pare però che sia molto consapevole da parte dei cinquestelle. Se uniamo i puntini, non possiamo non notare le numerosissime prese di posizione delle ultime settimane che non mi sembra ragionevole ritenere frutto del caso. Dal 25 aprile al caso Siri, solo per citare un paio di fronti aperti. Che poi si tratta di schermaglie per carità, il cui l’impatto sul grande elettorato non deve essere sopravvalutato. Però in queste piccole polemiche quotidiane si costruisce quella dinamica dell’opposizione di governo in cui soprattutto i cinquestelle sembrano voler sottolineare un po’ di differenze. Per adesso i primissimi segnali per loro non sono negativi. Ma attenzione a un fattore.

Quale?

Che il 26 maggio andranno al voto pure quattromila comuni. Questa concomitanza tra amministrative ed europee, a mio avviso, potrebbe favorire il Pd rispetto ai cinquestelle perché, lo sappiamo, i dem sono comunque, malgrado tutto, più strutturati sul territorio.

E quanto sarà importante il Mezzogiorno?

Moltissimo, come alle politiche. Stiamo parlando di quel pezzo di Paese che ha determinato grandemente l’esito delle elezioni del 4 marzo: con il voto in massa per il movimento, ha impedito la creazione di una maggioranza di centrodestra e reso necessario uno schema di governo in cui i pentastellati fossero protagonisti. Quella stessa parte di Paese a maggio potrebbe decidere di dare un mandato più ampio alla Lega oppure di restare in modo importante con i cinquestelle. E poi dipende pure da quante persone andranno a votare nel Mezzogiorno: se il Sud vota poco, può essere un bene per il Pd e un male per l’M5s.

Ultimissima domanda su Forza Italia, in calo nei sondaggi e soprattutto in crisi d’identità. Cosa ne sarà di quell’area? Ed esiste, a suo avviso, uno spazio politico al centro?

Il tema chiave in questo senso è chiaramente la leadership. Un partito nato e vissuto intorno al suo leader, Silvio Berlusconi, che oggi resiste ma con una presa sempre meno forte. E con una concorrenza interna al centrodestra molto rilevante, quella di Matteo Salvini. Una novità da non sottovalutare, perché in passato le leadership alternative piacevano agli editorialisti e agli addetti ai lavori – penso ad esempio al caso eclatante di Gianfranco Fini – ma poi non riuscivano mai a mettere minimamente in discussione davvero il primato di Berlusconi. Da questo punto di vista un altro rischio per Forza Italia è che lo spazio al centro venga occupato sempre più dal Pd che in effetti dalla sua fondazione a oggi si è molto spostato in questa direzione. E’ vero – in quest’ottica Zingaretti non rappresenta la figura più temibile – ma certamente si tratta di un tema che oggi esiste.

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