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Per alcuni la situazione in Venezuela è di completa normalità, va tutto bene. Il deputato del Movimento 5 Stelle, Pino Cabras, si è scatenato giorni fa in difesa del regime di Nicolás Maduro in Venezuela.

Da quanto si legge sulle pagine de Il Foglio, le proteste in piazza contro il secondo mandato del presidente socialista – considerato illegittimo per via delle irregolarità del processo elettorale del 20 maggio 2018 – sarebbero infondate. Dall’Italia Cabras sostiene che “il sistema elettorale venezuelano è stato giudicato dal Carter Centre tra i migliori ed i più efficienti al mondo” e che in Venezuela “la stampa gode di un’ampia libertà di espressione, soprattutto se confrontata con la situazione di altri Paesi latinoamericani”.

L’onorevole omette il riconoscimento dell’inquinamento dei risultati da parte dell’impresa Smartmatic, incaricata del sistema elettronico del voto in Venezuela. E la chiusura definitiva di 11 quotidiani per pressioni del governo, denunce di motivazioni  politica e limitazioni da parte del governo della carta e l’inchiostro.

Per alcuni esponenti del M5S quella venezuelana è la migliore democrazia possibile.

Ma la quotidianità dei venezuelani (e la comunità italiana residente in Venezuela) è ben diversa. Alla mancanza di cibo e medicine e la criminalità, ora si sono aggiunte l’incertezza politica e i disordini notturni e i saccheggi.

La sera le strade di Caracas si trasformano in campi di battaglia. Nei quartieri popolari, le vie continuano ad essere chiuse con spazzatura bruciata. Si lanciano bombe molotov e girano armi di guerra. L’Osservatorio Venezuelano di Conflitti Sociali ha registrato 26 omicidi durante gli scontri tra polizia, esercito, manifestanti e bande armate che sostengono il governo di Maduro.

Durante il giorno lo scenario cambia. Tutti tornano alle fatiche quotidiane in un clima di “calma chicha” (calma intesa). I negozi riaprono, i bambini tornano a scuola, riprendono gli appuntamenti culturali. Si torna a vivere. Anche se il Paese rimane spaccato, politicamente e socialmente, con due presidente e due Parlamenti.

La tensione tornerà sicuramente tra due giorni, quando finirà il tempo concesso da Maduro ai diplomatici americani per abbandonare il Paese, dopo avere chiuso i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti.

Intanto, il Dipartimento di Stato americano ha ordinato l’uscita del personale non indispensabile dall’ambasciata americana per motivi di sicurezza. Ma la sede diplomatica a Caracas resterà aperta.

Il governo di Donald Trump ha dichiarato che non eseguirà l’ordine perché non riconosce Maduro come presidente. Il presidente incaricato, Juan Guaidó, ha annunciato su Twitter di avere ricevuto da Washington la disponibilità di 20 milioni di dollari per aiuti umanitari.

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