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Non è esattamente un bel periodo per il Partito Democratico americano. Nonostante sia riuscito a riconquistare la Camera dei Rappresentanti alle ultime elezioni di metà mandato, l’Asinello risulta infatti afflitto da non pochi problemi.
Da più di due anni, questa compagine è dilaniata da durissime lotte intestine, che vedono contrapposte le correnti centriste alla sinistra guidata dal senatore socialista, Bernie Sanders. Si tratta di dissidi profondi che l’attuale presidente del partito, Tom Perez, non sembra stia riuscendo ad appianare. Non a caso, l’Asinello stenta a trovare una linea politica chiara e coerente. E questa situazione tumultuosa è ben rappresentata da alcuni dossier specifici: a partire dalla sanità. Se le correnti moderate vogliono infatti limitarsi a difendere la riforma sanitaria di Obama dai picconamenti di Trump, la sinistra chiede invece l’istituzione di un sistema sanitario universale: una proposta cui le alte sfere democratiche guardano con una certa freddezza. Un altro elemento di discordia è poi rappresentato dall’eventualità di istruire un processo di impeachment contro l’attuale inquilino della Casa Bianca: un’ipotesi che, pur essendo particolarmente caldeggiata dalle correnti della sinistra, lascia invece piuttosto scettico l’establishment dell’Asinello: il timore è che possa infatti innescarsi un effetto boomerang come accadde ai repubblicani, quando misero in stato d’accusa Bill Clinton.

Ma non è tutto. Perché i malumori vanno ben al di là delle questioni legate ai singoli provvedimenti. La battaglia politica si sta infatti consumando anche sulla dirigenza del partito. Alcuni settori dell’Asinello sono non a caso decisi a colpire un bersaglio di non poco peso: Nancy Pelosi. La storica capogruppo democratica alla Camera sta incontrando non poche difficoltà nell’ottenere i voti necessari per essere eletta alla carica di speaker. Vari deputati dem sono infatti sul piede di guerra e un insperato aiuto potrebbe paradossalmente arrivare proprio dal presidente Trump, il quale – dopo aver recentemente elogiato la leader – ha annunciato che, in caso, alcuni voti repubblicani potrebbero essere dirottati in sostegno della sua candidatura.

Una mossa anomala. Ma fino a un certo punto. Con la Camera in mano all’Asinello, il Congresso è infatti adesso spaccato in due. Ragion per cui, se Trump scegliesse la strategia del muro contro muro, si condannerebbe a diventare la proverbiale “anatra zoppa”. In quest’ottica, il presidente sta cercando di tendere una mano agli avversari democratici. E, al di là del sostegno a Nancy Pelosi, punti di convergenza potrebbero registrarsi su alcune questioni programmatiche (dal commercio internazionale alla riforma infrastrutturale). Anche perché, contrariamente a quanto spesso si dice, Trump non è semplicisticamente derubricabile a presidente “di destra”. Il magnate newyorchese risulta infatti una figura politica profondamente trasversale che, su alcuni temi, appare molto più vicino alla tradizione democratica che al reaganismo repubblicano.

Certo: i punti di dissidio non mancano (si pensi solo al problema dell’immigrazione clandestina). Eppure un dialogo potrebbe alla fine rivelarsi utile a entrambe le parti. Trump potrebbe isolare le aree più riottose del Partito Repubblicano, mentre i democratici potrebbero approfittarne per abbandonare il settarismo barricadiero degli ultimi mesi e cercare di uscire così dall’angolo in cui sono stati spinti. È su questo bivio che si gioca il futuro del Partito Democratico americano. Soprattutto in vista delle primarie del 2020.

L'Asinello è al bivio. Il futuro del Partito democratico negli Usa

Di Stefano Graziosi

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