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Il passo indietro di Marco Minniti, le cene saltate, le tentazioni macroniane di Matteo Renzi e quelle repubblicane di Carlo Calenda, gli “accoltellatori” e le smentite, la scalata gentile di Nicola Zingaretti. È un miracolo se il Pd arriva tutto intero al tanto sospirato congresso. Oggi il traguardo delle europee sembra lontano anni luce, non c’è l’ombra di un piano d’azione, e intanto gli euroscettici volano ovunque in doppia cifra. “La vera sfida per la sinistra italiana è ritornare ai numeri di una volta in Italia” spiega a Formiche.net Nicola Piepoli, il decano dei sondaggisti italiani. Le europee? “Le hanno perse in partenza. Si possono anche non fare”.

Cosa comporta il passo indietro di Minniti dalla corsa alla segreteria del Pd?

Minniti è un valoroso, e quando un valoroso se ne va rimane sempre una traccia. Anche se personalmente non sono convinto che il suo sia un passo indietro dal Pd, rimarrà un riferimento nel partito.

Davvero Minniti era il candidato dei renziani?

Che fosse il candidato renziano, un comunista o un socialdemocratico poco importa, conta solo essere un buon cittadino e Minniti lo è. Io l’ho conosciuto bene, sono un suo grande estimatore, devo tornare indietro a Enzo Bianco per ricordarmi un ministro dell’Interno valido come lui.

Ora Zingaretti ha campo aperto. Che idea si è fatto del presidente della regione Lazio?

Zingaretti è la persona giusta per mantenere integro il partito. È l’unico che è riuscito a dimostrare concretamente che la guerra la vince chi non la fa. Mentre tutti si facevano la guerra Zingaretti è riuscito a vincere la presidenza della regione, sia pur per un soffio, attirando a sé anche forze politiche non proprio amichevoli come Leu.

Intanto Renzi si defila. Secondo voci di corridoio starebbe pensando a un En Marche in salsa italiana, raccogliendo i fuoriusciti di Forza Italia. Può funzionare?

L’universo politico francese e quello italiano sono completamente diversi, non sono paragonabili, altrimenti ci ritroveremmo per le strade di Roma i gilets jeaunes. Qui in Italia hanno preferito mascherarsi da governativi e vincere le elezioni (ride, ndr). È un azzardo paragonare le due culture politiche: io sono stato cresciuto da un padre meridionale all’insegna di Benedetto Croce, non di Levi-Strauss.

Mi sembra di capire che non è un fan della Francia.

Tutt’altro. Io ho enorme rispetto per il senso dello Stato dei francesi.

Ma stanno mettendo a ferro e fuoco gli Champs Élysées..

Appunto. Questi gilet gialli sono dei rivoluzionari, e saranno perseguiti come tali. O vincono e prendono la Bastiglia un’altra volta, oppure vanno alla forca. Se non saranno impiccati è solo perché esiste l’habeas corpus.

Torniamo in Italia. Che chances ci sono per la sinistra di strappare un buon risultato alle elezioni europee di maggio?

Le elezioni europee le ha già vinte il governo gialloverde. Saranno una fotografia del quadro attuale, sarei sorpreso se ci fossero sorprese. Lega e Cinque Stelle prenderanno complessivamente una cifra intorno al 57-58%. È inutile stare a discutere di un partito che ha il 17%, la sfida di maggio è persa in partenza. La vera sfida per la sinistra è tornare al 30% in Italia. In fondo con Veltroni era al 34%, e così prima ancora con Berlinguer.

Erano altri tempi..

Chi cade si rimette in piedi se ha fegato e vuole battersi. L’importante è battersi per l’intero corpo sociale del partito, se si dà ossigeno a una corrente piuttosto che un’altra il partito si disgrega. Vogliono distruggere un partito di massa che ha il 17%? Facciano pure. Io sono uno studioso, non ho partecipato alla sua costruzione e non assisterò al suo disgregamento. Ma da cittadino sono dispiaciuto se il Pd si divide, perché ha fatto un pezzo della storia italiana.

Solo quattro anni fa, nella primavera del 2014, il Pd di Matteo Renzi ha preso il 40% alle elezioni europee. Oggi nel migliore dei casi fatica ad arrivare al 20%. Cosa è successo?

Renzi aveva alle spalle un partito molto forte con una base elettorale salda sul territorio. Una ragione del declino sta nella classe dirigente. Un tempo la sinistra italiana metteva il partito prima dei singoli. Due segretari del Pc come Togliatti e Berlinguer non erano obbedienti al partito, erano il partito stesso.

Salvini vola altissimo nei sondaggi. Anche il suo successo rischia di essere effimero come quello di Renzi?

Dipende da come si comporterà. Se sceglierà di defilarsi dal partito o se ne rimarrà al vertice, rappresentandolo e creando lui il mercato elettorale. Non dimentichiamo che Salvini non è l’ultimo arrivato. La Lega è l’unico partito esistente nato nel secolo scorso, ha più di trent’anni di vita, ha costruito e lavorato bene al Nord. I suoi rappresentanti al governo fanno una bella figura, ha un’ottima leadership e un’organizzazione strutturata. Solo per i tweet Salvini ha tre collaboratori, questo significa essere un partito.

I Cinque Stelle sembrano soffrire la convivenza con il Carroccio. Come si spiega?

Questo lo devono capire fra di loro a Palazzo Chigi. Il Movimento Cinque Stelle rimane un grande partito di massa che risponde a bisogni di massa, come quello del popolo meridionale di essere assistito. Che abbia il 33% o il 25% dei consensi rimane un partito che intercetta le istanze di migliaia di famiglie italiane, non se ne andrà da un giorno all’altro.

Le europee? Il Pd le ha perse in partenza. Parla Piepoli

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