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Quando non puoi attaccare i tuoi avversari, o perché sono tropo forti o perché semplicemente non ti conviene, allora attacca quello di loro che è più debole, che casomai genera dubbi e perplessità anche nel gruppo di cui fa parte. È una regola base della politica, quasi elementare, ma Matteo Salvini non poteva non metterla in pratica.

Il boccone, in verità, era troppo ghiotto per non approfittarne: in gioco è nientemeno che la capitale, quella “città eterna” che, se conquistata, sancirebbe il definitivo passaggio della Lega da partito settentrionale a partito nazionale e patriottico. Ma la conquista di Roma, nella campagna per le comunali che ha così già iniziato, avrebbe per Salvini anche un altro valore: attestare a tutti, con la forza dell’esperimento fallito, l’incapacità dei suoi avversari-alleati a governare.

Che Salvini abbia colpito giusto, lo dimostra il fatto che le voci dei leader del Movimento non si sono questa volta alzate a difendere la sindaca. D’altronde, il declino di Roma è sotto gli occhi di tutti. Se occorra o no uno scienziato, come ironicamente si è chiesto Salvini, “per portare via la monnezza, per svuotare i cestini ed evitare gabbiani stile avvoltoio che svolazzano”, a questo punto non è dato sapere. Quel che è sicuro è però che Virginia Raggi, nel replicare al vicepremier, ha dimostrato ancora una volta quei limiti comunicativi e dialettici che sin dall’inizio sono stati la cifra della sua immagine pubblica: “Io le villette dei clan mafiosi le ho abbattute, dopo decenni di silenzio delle precedenti giunte: otto case del clan Casamonica buttate giù con la ruspa”.

Ora, a parte che la ruspa è un elemento portante della retorica salviniana, è sicuramente errato spostare il discorso dai fatti imputatigli ad altri che danno ai più l’impressione di essere ideologici e non concreti. Tanto più ideologica la risposta della sindaca, quanto più, abbia o no le “spalle larghe”, sul fronte dell’onestà tanto decantata e della lotta alla corruzione neanche la sua amministrazione ha tutte le carte in regola: il malaffare, a quanto sembra dalle indagini degli inquirenti, ha prosperato anche fra i suoi stessi collaboratori più stretti.

Conquistare Roma, e poi ben governare, non sarà facile però nemmeno per Salvini. Anche se i sondaggi lo danno in forte ascesa nei consensi delle periferie, a Roma il leader della Lega dovrà vedersela con le ambizioni di Giorgia Meloni, che nella città è molto radicata e che forse al posto di sindaco non ha mai rinunciato. Il compromesso fra i due non sarà facile, considerato che il bacino elettorale di riferimento è in buona sostanza lo stesso.

Quanto alla sinistra, anche sulla capitale, almeno ad oggi, sembra a corto di idee. Se poi utilizzerà contro la destra solo le armi spuntate della lotta al fascismo e al razzismo, casomai chiamando in causa i pochi sparuti gruppi di Casa Pound, la sconfitta sarà anche in questo caso un esito quasi scontato.

salvini

Matteo Salvini ha colpito giusto. Quanto vale la conquista di Roma

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