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La Novaya Gazeta, giornale indipendente russo famoso per le sue inchieste scabrose (in un’immagine: era il giornale di Anna Politkovskaya) ha pubblicato un articolo che parla di attività condotte contro alcuni oppositori di un famoso oligarca russo legato al Cremlino, compiute attraverso operazioni clandestine di intimidazione che almeno una volta sono arrivate fino all’assassinio.

Il protagonista dell’inchiesta è Yevgeny Prigozhin, uomo d’affari conosciuto come “lo chef di Putin”, ex sciatore e maestro di sci, ha sbancato nel settore della ristorazione, sia di lusso con ristoranti frequentati dal presidente Vladimir Putin (per cui poi aveva iniziato a curare i banchetti istituzionali), sia dei servizi per scuole e caserme. Prigozhin è un fedelissimo del presidente, ed è noto per aver istituito la Internet Research Agency, ossia “la fabbrica dei troll” di San Pietroburgo, il centro delle operazioni di info-war russe da cui vengono diffuse le campagne di interferenza in altri paesi. Inoltre, è l’eminenza grigia dietro alla PMC Wagner, società di contractor militari che Mosca ha inviato sia in Ucraina (a dar sostegno alle operazioni di annessione crimeana e alla campagna nel Donbass), sia in Siria (a puntellare il regime senza rischiare vite di soldati regolari, per evitare polemiche interne).

prigozhin

A febbraio, Prigozhin è stato accusato dal procuratore speciale del Russiagate, Robert Mueller, di aver avuto un ruolo di direzione e finanziamento nelle attività di interferenza russe alle presidenziali americane del 2016. Venerdì scorso, la commercialista dell’oligarca, Elena Khusyaynova, è stata accusata di gestire i soldi della troll factory di San Pietroburgo.

La garanzia sulla credibilità dei fatti è la pubblicazione stessa nel giornale, uno dei più affidabili e tersi in Russia. Comunque le informazioni raccolte dalla Novaya sono corroborate da tre fonti, due restano anonime, una si fa indicare per nome e cognome: Valery Alemchenko, 61enne con un passato criminale che ha iniziato a lavorare per lo Chef tra il 2012 e il 2013. Ha racconta di aver preso parte a queste operazioni clandestine per conto di Prigozhin sia in Russia che all’estero.

Ha raccontato di essere stato parte di due killer team che hanno preso di mira due blogger, a Sochi e Pskov, noti per scrivere – con un seguito rilevante – pezzi contro Prigozhin, e in generale contro la gestione del potere e del paese putiniana. La fonte non ha fatto nomi, ma ha detto che dopo l’intimidazione (un pestaggio, ha raccontato Alemschenko) il blogger di Sochi ha “cambiato carriera”, mentre quello di Pskov secondo la Novaya è Sergey Tikhonov, morto di infarto il 29 giugno 2016 (Alemchenko dice che su di lui in realtà è stato usato un particolare farmaco psicotropo, che poi lo avrebbe ucciso).

Ha parlato di missioni a Mosca, a Kiev, un omicidio a Luhansk (una delle attuali repubbliche che hanno autoproclamato l’indipendenza nell’Est ucraino), a Tenerife (fallita), in Siria. Secondo il racconto, nel 2017, diverse persone che lavorano per Prigozhin si sarebbero recate in Siria per testare un veleno non identificabile sui siriani che si rifiutavano di combattere per il governo del rais Bashar al-Assad (che in quel momento soffriva di carenza di volontari alla leva e in centinaia disertavano o fuggivano). Alemchenko aveva promesso alla Novaya che avrebbe parlato di più di Siria soltanto quando lo avrebbero messo al sicuro. Ricevere l’assistenza editoriale per la sua sicurezza, dice l’articolo, è una delle ragioni per cui ha accettato di parlare con i giornalisti.

Però qualcosa è andato storto: meno di due ore dopo aver incontrato il giornalista che ha curato il pezzo, Denis Korotkov (la sera del 2 ottobre, al caffè Shokoladnitsa di via Malaya Sadovaya a San Pietroburgo), Alemchenko è scomparso. Poco dopo il loro incontro, Alemchenko aveva chiamato Korotkov dicendogli che due uomini lo stavano seguendo. Più tardi, Korotkov e un vicino di Alemchenko avevano trovato due telefoni cellulari e una scarpa sul pavimento dietro il garage del suo palazzo.

La sorte del testimone è fino a questo momento sconosciuta, la polizia l’ha iscritto nel registro delle persone scomparse. La scorsa settimana una corona di fiori funebre è stata inviata a casa di Korotkov: sopra c’era la scritta “traditore della patria”. Una testa di ariete tagliata e garofani rossi sono stati lasciati davanti all’ufficio del giornale con un biglietto: “Al capo redattore di Novaya Gazeta con saluti a voi e Korotkov”. Dal 2000 ad oggi, cinque reporter della Novaya sono stati uccisi.

Un altro membro del servizio di sicurezza di Prigozhin, Oleg Simonov, è sospettato di aver attaccato il marito di un avvocato della Fondazione Anticorruzione del politico dell’opposizione Aleksei Navalny e di avergli iniettato del veleno. Simonov è morto nel 2017 in circostanze oscure.

Lo chef o il macellaio di Putin? Prigozhin e la caccia agli oppositori (del Cremlino)

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