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È ormai lampante che la campagna elettorale del Movimento 5 stelle per le elezioni europee sarà basata su un quotidiano attacco alla Francia di Emmanuel Macron. Il fuoco di fila di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, con gli stessi temi e le stesse parole, indica nel governo di Parigi il nemico europeo unendo i temi del deficit, dello sviluppo dell’Africa, della protesta dei gilet gialli e dell’immigrazione. Di Battista e Di Maio gettano nel dibattito un argomento vecchio di anni come quello della moneta utilizzata da alcuni Paesi dell’Africa subsahariana, il Franco Cfa, moneta stampata a Lione e con un cambio legato all’euro: un sistema che, secondo l’accusa dei leader grillini, consente alla Francia di soggiogare le vecchie colonie impedendone l’autonomia. Di Maio in un comizio in Abruzzo (dove si voterà il 10 febbraio) ha sollecitato a questo proposito sanzioni dell’Ue nei confronti della Francia perché finanzierebbe il proprio debito pubblico grazie a questi accordi.

Di Battista ha poi confermato di comprendere la protesta dei gilet gialli, rivendicando che se in Italia non è avvenuto lo stesso è merito del M5S di aver incanalato la protesta. C’è dunque un obiettivo economico, legato ai limiti deficit-Pil, e uno legato all’immigrazione: sia Di Maio che Di Battista, nella giornata di domenica, hanno evocato uno sbarco a Marsiglia dei migranti in balia delle onde proprio perché per sbloccare la situazione servirebbe un incidente diplomatico. Concetti da campagna elettorale con scarse ricadute concrete, così come Di Battista a Che tempo che fa è stato attento a dare un colpo al cerchio e uno alla botte nei rapporti con gli alleati della Lega. A suo giudizio, il venir meno del colonialismo francese in certe aree africane consentirebbe un vero sviluppo mentre il concetto di “aiutarli a casa loro è un’oscenità”: senza quel colonialismo si fermerebbero le torrenziali migrazioni da aree poverissime? A conferma della “linea”, c’è anche un tweet del ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, il quale dopo il salvataggio di 100 migranti domenica sera ha scritto: “Ora i Paesi Ue, Francia su tutti, collaborino a stabilizzare il continente africano”. Un aiuto a Matteo Salvini è arrivato invece da Di Battista quando ha sostenuto che un naufragio avvenuto a 60 miglia dalla Libia non possa essere addebitato al governo italiano.

La Guardia costiera libica, dopo giorni di salvataggi ma anche di mancate risposte alle richieste di aiuto, è uscita finalmente allo scoperto e il suo portavoce, ammiraglio Ayoub Qassem, ha ammesso che non hanno “ancora i mezzi sufficienti per poter effettuare operazioni di soccorso in ogni situazione”. Il barcone nel quale sono morte 117 persone “era troppo distante, le autorità italiane sono a conoscenza delle nostre possibilità”. Qassem, pur elogiando “l’intervento umanitario dell’Italia”, ha chiesto “maggiori aiuti da parte dell’Ue e del governo di Tripoli” per poter essere in grado di operare in mare. “Servono imbarcazioni veloci, quelle che abbiamo ora sono vetuste, hanno bisogno di continua manutenzione” oltre alla “carenza di carburante e di rifornimenti”.

Nonostante il ministro dell’Interno abbia ribadito che la collaborazione con la Libia funziona, non c’è dubbio che per il governo si stia profilando un serio problema: i libici non hanno avuto le motovedette promesse né altri aiuti e i mezzi che hanno non bastano nonostante i 393 migranti recuperati e riportati in Libia nella giornata di domenica (fonte Viminale). La patata bollente riguarda anche il Movimento 5 stelle non solo perché Toninelli ha la competenza sui porti, ma perché le giuste rivendicazioni italiane nei confronti di un’Unione europea che non sa e non vuole decidere si stanno scontrando con le promesse italiane alla Libia finora non mantenute. Al prossimo barcone, e ce ne saranno, non sarà semplice prendersela con Macron.

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