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Tre lettere che simboleggiano una (quasi) crisi di governo. Tav uguale scontro Salvini-Di Maio e a questo punto anche Conte. Il fatto è che la Torino-Lione (qui l’intervista di ieri all’economista Salvatore Zecchini) è molto più di una ferrovia diventata simbolo di uno scontro politico: è una storia lunga quasi 30 anni e che, forse, non è ancora finita.

LE ORIGINI DELLA TAV

Il primo studio sulla fattibilità della Tav Torino Lione è stato commissionato dai governi italiano e francese già nel 1991, ma a dare il maggiore impulso all’iniziativa fu il Consiglio europeo di Essen del 1994, che iscriveva la nuova linea Torino-Lione tra i 14 progetti prioritari europei nel settore dei trasporti. Dieci anni dopo, dopo diverse manifestazioni contrarie, proteste e dopo un triennio di studi di fattibilità, il 29 gennaio 2001 fu sottoscritto il trattato italo-francese per la realizzazione della nuova linea. Italia e Francia si impegnavano a ultimare i lavori della parte comune italo-francese. L’accordo prevedeva una parte francese tra Montmélian e i dintorni di Saint-Jean-de-Maurienne, una parte comune italo-francese tra Saint-Jean e Bussoleno, una parte italiana tra Bussoleno e il nodo di Torino.

IL PRIMO STOP NEL 2005

Nel 2003 Ltf, come si evince da una spiega di Sky Tg 24, l’azienda francese creata appositamente per la realizzazione dell’opera, rende noti i progetti preliminari: prevedevano un tunnel geognostico a Venaus, in provincia di Torino. Si tratta però di un sito che suscita molta preoccupazione nella comunità del posto per la natura amiantifera dei sedimenti rocciosi locali. Il tentativo del governo Berlusconi di avviare il cantiere di Venaus ha l’effetto di rafforzare l’opposizione, in particolare quella dei No Tav. In seguito a numerose proteste, l’8 dicembre 2005 una manifestazione con 30mila partecipanti irrompe a Venaus smantellando il cantiere. Il governo è così costretto a sospendere il proseguimento dei lavori.

IL GOVERNO PRODI

Nel 2006 il governo Prodi istituisce un osservatorio tecnico composto dai rappresentanti della presidenza del Consiglio, dei dicasteri della Salute, dell’Ambiente e delle Politiche comunitarie e dagli esperti designati dagli enti territoriali interessati. L’osservatorio, tuttavia, non serve a placare le polemiche dei No Tav e dei movimenti contrari alla realizzazione dei lavori che, dopo ulteriori ridimensionamenti e revisioni, ripartono con un progetto del 2011. La nuova realizzazione prevede una tratta lunga 65 km tra Susa e Saint Jean de Maurienne, 57,5 dei quali nel tunnel di base del Moncenisio (di cui 45 in territorio francese, 12,5 in quello italiano). Il costo totale dell’opera è di 8,6 miliardi di euro, cofinanziati per il 40% dell’Europa (35% Italia, 25% Francia).

IL DOCUMENTO ITALIA-FRANCIA DEL 2012

Nello specifico, il documento sottoscritto dai due governi il 30 gennaio 2012 prevede 28 articoli e definisce diritto applicabile, struttura e funzioni del promotore pubblico, modalità degli appalti, ripartizione dei costi, misure di accompagnamento.  Il nuovo promotore pubblico (a Ltf subentra Telt, costituito nel 2015 e partecipato al 50% da Italia e Francia) può così predisporre i capitolati e, a partire dalla seconda metà del 2017, bandire le gare d’appalto. Fino a dicembre 2018, secondo Telt la società incaricata per la costruzione e la gestione della Torino-Lione, sono stati scavati un totale di 25 km tra Italia e Francia, pari al 15% dell’intera opera alla quale lavorano 800 persone, 530 nei cantieri e 250 tra società di servizi e ingegneria. Completato anche lo scavo più importante, quello francese di Saint Martin la Porte, la galleria sarà poi l’ingresso del tunnel di base. Nel cantiere di Chiomonte, invece, sono terminati nel febbraio del 2017 i lavori per il cunicolo geognostico di 7 km che servirà come accesso alla galleria principale.

L’ANALISI COSTI BENEFICI E LA CRISI LEGA-M5S

Il resto è storia di questi giorni. La crisi di governo, almeno ufficialmente, non c’è. Ma è dietro l’angolo. L’analisi costi-benefici redatta dal pool di esperti coordinati da Marco Ponti (proprio oggi finito al centro di polemiche a causa di un suo studio gemello sulla Tav e destinato all’Ue e che avrebbe dato parere positivo) ha di fatto aperto le ostilità tra Lega e Movimento Cinque Stelle. I primi desiderano fortemente l’infrastruttura, i secondi no. E anche il premier Giuseppe Conte, dopo la conferenza stampa di ieri, sembra avere seri dubbi sull’utilità dell’opera. Molto dipende certamente dal ruolo dell’Europa. Gli attuali accordi infatti prevedono che all’Europa spetti il 40% delle spese per la realizzazione, il resto ripartito tra Italia e Francia. Roma però vorrebbe che la quota di spesa europea salisse al 50%. Si può fare, ma a una condizione che in realtà rappresenta un problema.

IL GOVERNO ALL’ANGOLO?

La possibilità di un aumento fino al 50%  del cofinanziamento comunitario per la Tav riguarda gli anni 2021-2027, perché l’accordo sancito tra il Consiglio Ue e il Parlamento sul meccanismo per connettere l’Europa riguarda il nuovo esercizio finanziario Ue. Non solo: per beneficiare dell’aumento della partecipazione europea al Tav Lione-Torino, l’Italia dovrà garantire il rispetto dei lavori secondo i programmi e le scadenze già concordate in sede europea sulla base degli accordi Francia-Italia. Lavori che riguardano tutto il periodo precedente il 2021-2027. Dunque non sarebbe possibile accedere al maggiore finanziamento europeo futuro se non si rispettano i patti concordati nel periodo precedente. Il senso è chiaro, l’Italia non sembra avere scampo perché se vuole un maggior impegno dell’Europa deve prima sbloccare l’impasse e dare il via ai bandi Telt in scadenza. Come a dire, prima si inizia a scavare, poi se ne può parlare.

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