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Che succede se uno dei maggiori progetti di investimenti offshore della Russia è all’80% di proprietà di aziende straniere? Che può innescarsi un meccanismo di convivenza complessa e articolata per la gestione lineare dell’investimento.

Il giacimento Sakhalin-1 si trova al largo dell’isola di Sakhalin, a circa 6.329 km a est di Mosca e, di fatto, è la nuova frontiera degli idrocarburi dove si incontrano e si scontrano i maggiori players mondiali.

Infatti è gestita da Exxon Neftegaz Ltd, attraverso la quale ExxonMobil possiede il 30% del progetto mentre Rosneft e Ongc Videsh Ltd sono al 20% ciascuno e il consorzio giapponese Sodeco al 30.

MAXI SCONTO A EXXON

Il consorzio russo Sakhalin-1, guidato da ExxonMobil, ha accettato di pagare al gigante russo dell’energia Rosneft solo 230 milioni dopo un accordo extragiudiziale nella disputa sulla produzione petrolifera. I russi avevano chiesto 1,4 miliardi al tribunale arbitrale del distretto di Sakhalin (nell’estremo oriente della Russia) accusando il consorzio di arricchimento ingiustificato. La questione si trascinava sin dai giorni delle accuse americane a Mosca di ingerenza nelle elezioni presidenziali.

Exxon aveva richiesto il procedimento arbitrale lo scorso 24 aprile, quando era andato a scadenza l’accordo preliminare sul bilanciamento dei flussi. In quella circostanza le parti lo avevano prorogato lo stesso giorno fino al 25 maggio, ma al contempo Exxon aveva deciso di avviare le trattative con Rosneft per una transazione, giunta ufficialmente dieci giorni fa.

Lo scorso mese di giugno l’Opec e produttori non Opec (inclusa la Russia) avevano trovato l’intesa su un accordo di riduzione delle scorte: la mossa era stata immaginata al fine di compensare le carenze di approvvigionamento poiché le esportazioni da Venezuela, Libia e Iran erano diminuite.

SAKHALIN

Sakhalin-1 è il primo progetto offshore su larga scala in Russia e comprende tre giacimenti offshore: Chayvo, Odoptu e Arkutun-Dagi situati nella piattaforma nord-orientale dell’isola russa di Sakhalin. Opera in base ad un accordo di Production sharing raggiunto a metà degli anni ’90 per cui tutti i piani devono essere approvati dal governo locale che ha l’ultima parola.

La punta settentrionale di Chayvo era stata definita come area di licenza separata. Poi Rosneft ha vinto la gara d’appalto per il suo sviluppo e ha iniziato a operare lì nel 2014. Invece le aree centrali e meridionali di Chayvo sono in fase di sviluppo come parte dell’accordo di condivisione con gli altri partner della produzione da parte del consorzio Sakhalin-1.

Accanto a Sakhalin 1 c’è Sakhalin 2 guidato dalla russa Gazprom. Il governo di Sakhalin ha dichiarato che la produzione di condensato di petrolio e gas quest’anno dovrebbe raggiungere 17,4 milioni di tonnellate, equivalenti a 348.000 barili al giorno ma per il 2019 è previsto un calo.

NUOVO METODO

Le perforazioni a Sakhalin sono state condotte con una tecnica peculiare. I pozzi orizzontali più lunghi eliminano la necessità di ulteriori strutture e condotte offshore, utilizzando l’infrastruttura esistente per ridurre i costi.

Secondo ExxonMobil il vantaggio è da ritrovarsi alla cosiddetta “qualità del foro integrata” che tiene conto di variabili progettuali interdipendenti come la resistenza alla roccia o gli stress test legati alla conformazione idraulica del singolo pozzo. Sono stati utilizzati i cosiddetti log sintetici sonic per determinare la forza specifica della roccia.

INDIA & RUSSIA

Gli indiani di NGC Videsh Ltd nel 2001 hanno acquistato una partecipazione del 20% nel progetto Sakhalin-1, mentre più recentemente sono entrati in Imperial Energy in Vankorneft e TasYuryah insieme a Indian Oil Corp (IOC), Oil India. In cambio la russa Rosneft ha acquistato una partecipazione di maggioranza in Essar Oil per quasi 13 miliardi di dollari.

Come sottolineato pubblicamente dal ministro indiano del Petrolio, Dharmendra Pradhan, la Russia è la più grande destinazione indiana di investimenti nel settore del petrolio e del gas: “La nostra relazione testata nel tempo non ha scadenza. La Russia sarà sempre una priorità nella politica estera ed energetica dell’India e entrambi i nostri paesi rimarranno come un ruolo modello per le comunità globali”.

Un sodalizio che si ritrova anche nella scelta dell’azienda di servizi Gail di siglare un contratto ventennale con Gazprom per 2,5 di tonnellate di Gnl.

IN AULA

Non è la prima volta che Rosneft è parte lesa dinanzi ad un tribunale russo: nella controversia con Yuganskneftegaz del 2005 ha ricevuto un rimborso da 1,4 miliardi di dollari, stesso schema per la privatizzazione di Bashneft con la coda della cronaca giudiziaria relativa all’arresto del miliardario Ziyavudin Magomedov, per accuse di appropriazione indebita.

In ballo secondo alcuni analisti ci sarebbe la nuova capitalizzazione di Rosneft che porterebbe un aumento del 2% di valore, ma non mancano le voci critiche sul fatto che il moltiplicarsi dei contenziosi crea comunque un terreno poco cordiale nei confronti degli altri partner internazionali.

twitter@FDepalo

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