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Non è vero che la Commissione europea ha “bocciato” la linea economica del governo italiano. Per dirla con un orrendo luogo comune in voga: questa è una fake news. Anzi, la lettera inviata il 22 ottobre dal ministro Tria ha trovato pieno e consenziente riscontro nelle autorità dell’Unione. Il governo italiano ha scritto che le proprie scelte sono “non in linea con le norme del Patto di Stabilità e Crescita”. Alla Commissione non spetta stabilire se sono belle o brutte, ma se sono in linea o meno. Piena convergenza di giudizio.

Non è neanche vero che le scelte italiane sono immodificabili, perché si modificano a velocità impressionante. Nel giro di due settimane si è passati da “faremo il 2.4% di deficit per tre anni” a “faremo il 2,4 il primo anno, a calare nei due successivi” a “il 2,4 è solo un tetto massimo, speriamo di fare meno”. Tutte parole di governanti, pronunciate sempre come fossero le ultime possibili. Nella lettera di Tria si conveniva con la Commissione su altri due punti: a. è vero che l’Ufficio Parlamentare di Bilancio non ha validato i numeri prodotti dal governo, ma il governo ha spiegato perché non ne terrà conto; b. è vero che i tassi d’interesse sui titoli del debito pubblico, previsti nel Documento Programmatico di Bilancio, sono inferiori a quelli attuali, per non dire a quelli prevedibili. C’è concordia. Salvo il fatto che alla Commissione interessa solo che l’Ufficio Parlamentare italiano non ha creduto a quei dati, sicché risulta complesso lo facciano altri, e che la spesa prevista, per gli interessi, è già oggi irrealistica.

Infine, il governo italiano afferma che i conti andranno meglio di quanto altri prevedono perché saranno subito varate riforme, fra le altre (fra le altre!), del tipo: “semplificazione dei provvedimenti amministrativi e in particolare di quelli rilevanti per le iniziative economiche delle imprese, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, la rivisitazione del codice dei contratti pubblici, la riforma del codice civile e in particolare del diritto contrattuale, lo snellimento della procedura civile e la riduzione dei tempi dei processi”. Tutta roba bellissima, ma occorre una fede infinita per supporre prenda corpo in tempi tali da dare effetti fra … tre mesi. In compenso non fa cenno alle cose che sono state raccontate agli italiani e ribadite ogni giorno: si andrà in pensione prima, avendo già la spesa pensionistica più alta d’Ue, e ci sarà un reddito per chi non lavora. Che, normalmente, si catalogano fra le spese.

Quindi: quella della bocciatura è una balla. La realtà è che la Commissione europea ha riconosciuto come esatte premesse e conseguenze di quanto il governo italiano ha messo nero su bianco: si violano le regole e si iscrive a bilancio una crescita irreale. Con quel che ne segue. E ora? Ora si riparte dall’ultima affermazione della lettera: “Il posto dell’Italia è in Europa e nell’area dell’Euro”. Se è possibile dare un suggerimento, giusto per non rendere surreale la prosa governativa, mi permetterei di osservare che l’Europa è un concetto geografico, dal quale l’Italia non ha alcuna possibilità di allontanarsi, suppongo, pertanto, che si volesse dire “Unione europea”. Molto bene. Spero non lo si intenda come una specie di club dell’insulto. Sia come turpiloquio che come offesa al banale buon senso: quei conti non tornano, sono sballati, e non sarà la stizza capricciosa e arrogante di chi frigna e pesta i piedi a far cambiare questa solare evidenza.

ue, europa

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