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Proprio l’imminente apertura del sinodo sui giovani offre l’opportunità di riflettere sulla portata dell’ecclesiologia di Papa Francesco. Un atto di nascita vero e proprio non c’è, ma certamente la lettera ai cattolici cileni dopo l’esplosione del caso pedofilia ha segnato un punto alto di chiarimento ed esposizione. In breve possiamo dire che il papa ha messo in chiaro che la Chiesa non è dei sacerdoti, ma di tutto il popolo di Dio. La stessa riforma liturgica del Concilio Vaticano II, superando l’idea del celebrante che dà le spalle ai fedeli per guidarli verso Dio, ha superato l’idea di un popolo che segue la casta sacerdotale.

La celebrazione è divenuta un fatto comunitario, tra ministro e fedeli. La ferma e reiterata denuncia del vizio del clericalismo significa questo: la Chiesa, come emerso chiaramente dal Concilio, è del popolo di Dio, sono tutti i battezzati “gli uniti del Signore”. Così oggi sappiamo che per Francesco i sacerdoti hanno un ruolo ministeriale, quello di governo può essere assegnato a loro come ai laici. E la presenza, finalmente, di un prefetto laico in Vaticano dice chiaramente cosa questo voglia dire.

Ora si registra un’altra importante evidenza. Al sinodo sui giovani, che sta per cominciare, ci saranno anche delle donne, alcune suore, altre laiche, una delle quali sposata con un musulmano: il suo matrimonio è stato celebrato alla presenza del vescovo. È un fatto importantissimo all’interno di una circostanza altrettanto importante: lei ha lasciato chiaramente intendere che le avrebbe fatto piacere se al sinodo fosse stato invitato suo marito, ed ha talmente ragione da rendere necessario ricordare quanti musulmani e cristiani non cattolici furono invitato al sinodo sul Libano da Giovanni Paolo II non lo scarso anno ma nel passato millennio. Furono scrupolosamente informati del documento finale ed ebbero il tempo di formulare le loro osservazioni. Ma non basta. Pochi mesi fa la Pontificia Commissione per l’America Latina ha affermato che la Chiesa di quel continente deve riconoscere e valorizzare il ruolo delle donne, ponendo fine alla pratica, largamente diffusa, di fare riferimento ad esse solo come lavoratrici sottomesse nelle parrocchie.

La notizia è stata riportata dall’Osservatore Romano l’11 aprile dedicato al tema “La donna, pilastro nell’edificazione della Chiesa e della società in America Latina”, scelto da papa Francesco. Lo scopo: liberare la Chiesa “dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna” e far sì che le comunità cristiane progrediscano verso una “conversione pastorale” capace di chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali “sono state e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità”. Tutto questo va ricordato per capire il significato della presenza femminile, limitata, a questo sinodo: presenza che pone di tutta evidenza l’esigenza di ampliarne il numero e di prevedere anche per loro la possibilità di votare, cosa che i vecchi sistemi ancora impediscono. Ma se è comprensibile che la Chiesa voglia preservare e conservare la sua dottrina, per cui non possono esistere “sacerdotesse”, questa realtà rende evidente quanto il vecchio sistema sia superato, fuori dalla sensibilità dell’oggi, un fardello impensabile. Si può discutere di famiglia, di giovani e di tanti altri argomenti senza avere tra sé madri, figli, spose, ragazze? È un’esigenza delle donne o un’esigenza della Chiesa? Non si tratta di cambiare chissà cosa… no. Si tratta di capire quanto l’ecclesiologia del Concilio sia stata recepita veramente, quanto la Chiesa voglia veramente essere Chiesa del popolo di Dio.

Il voto è uno strumento, non è un dato essenziale per la Chiesa e la sua natura. Ma se il sinodo dei vescovi è uno strumento collegiale e consultivo del papa, le cui deliberazioni ora possono entrare a far parte del magistero, è bene domandarsi se un’espressione continentale femminile, di suore e di laiche, non serva proprio a portare la dimensione di sinodo a organo consultivo del papa nell’ascolto della Chiesa del popolo di Dio. Non a caso l’associazione “Donne per la Chiesa” ha scritto alle donne invitate al sinodo: “Abbiamo appreso con gioia la notizia della vostra convocazione al prossimo sinodo sui giovani, siamo felici che l’assemblea sinodale sia arricchita dalla vostra esperienza e sensibilità e salutiamo con soddisfazione il fatto che avrete la possibilità di partecipare attivamente sia ai piccoli gruppi sia nei lavori dell’assemblea, portando la vostra parola. Siamo state però amareggiate nel constatare che le nuove regole del sinodo, pur prevedendo la possibilità di votare per alcuni laici (stabilizzando  quanto avvenuto già nel precedente sinodo sulla famiglia, con la partecipazione votante di un fratello religioso), non estendono tale possibilità alle donne, neppure alle religiose.”

Questi sono i processi che apre questo pontificato, le riflessioni che può legittimare, gli aggiornamenti che può sollecitare a cercare. Per questo è un pontificato che dà vita. E causa reazioni veementi. Fuori di qui infatti c’è il ritorno al clericalismo, una prospettiva che potrà soddisfare i nostalgici, chi crede nella società patriarcale, non una Chiesa che sta cercando un rapporto nuovo con gli uomini d’oggi, arricchendo la lezione di 50 anni fa.

Il sinodo, la Chiesa e il ruolo delle donne. L'inizio di un nuovo cammino

Proprio l’imminente apertura del sinodo sui giovani offre l’opportunità di riflettere sulla portata dell’ecclesiologia di Papa Francesco. Un atto di nascita vero e proprio non c’è, ma certamente la lettera ai cattolici cileni dopo l’esplosione del caso pedofilia ha segnato un punto alto di chiarimento ed esposizione. In breve possiamo dire che il papa ha messo in chiaro che la…

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