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Non solo non mi scandalizzano le parole di Casalino, ma trovo assai utile che siano giunte ad evidenza pubblica. Già, perché così abbiamo messo due punti fermi, uscendo da un’ipocrisia collettiva tanto appiccicosa quanto inutile, anzi dannosa.

Innanzitutto abbiamo conferma “audio” del fatto che Casalino detta la linea, che conta più del premier Conte, che il M5S lo appoggia senza indugio e che quella contro le grandi burocrazie dei mandarini è la vera sfida del movimento. Abbiamo anche capito definitivamente che Casalino è arrogante, dispotico, vendicativo, amante del potere e sommamente volgare, innanzitutto nella scelta dei vocaboli.

Tutte caratteristiche che mal si coniugano con il ruolo di portavoce del governo in verità, perché quello è (ma sarebbe meglio dire era) un ruolo di raffinata gestione degli equilibri.
Però il tempo è passato e la politica è diventata quello che vediamo tutti i giorni sui social: cioè una competizione fra tifoserie a chi la spara più grossa, senza un minimo di stile o di riconoscimento delle ragioni dell’avversario.

Quindi sarebbe sbagliato affermare che Casalino è la febbre: in realtà lui è il semplice termometro, che registra con i suoi comportamenti la temperatura del sistema. Accantonate però le questioni di stile rimane, grande come un palazzo di 100 piani, il merito della vicenda.

Da un lato infatti è vero che la politica ha perso terreno rispetto alle burocrazie finendone quasi sempre succube, non di rado con pubbliche umiliazioni. Quindi, in un certo senso, Casalino ha ragione. Dove però il suo ragionamento crolla miseramente è quando delinea l’obbiettivo, che è quello di fare piazza pulita “di quei pezzi di merda del Mef”.

Casalino mostra così il suo lato brutale e poco democratico, ma, in fondo, anche ingenuo e sempliciotto. Nell’Europa di oggi (e con le condizioni di finanza pubblica dell’Italia) è puramente velleitario ragionare come Casalino, per il semplice fatto che la finanza internazionale può fare coriandoli del governo giallo-verde con conseguente azzeramento anche dell’emolumento del medesimo portavoce (peraltro a mio avviso del tutto ragionevole).

Non siamo cioè nelle condizioni di agire a prescindere da “quei pezzi di merda del Mef”, per il semplice fatto che siamo troppo deboli per sfidare i veri poteri forti del nostro tempo, cioè i gestori dei grandi fondi internazionali, siamo essi di origine privata, bancaria, assistenziale (come i fondi pensione di matrice anglosassone) o pubblica, spesso alimentati (questi ultimi) dai proventi dei giacimenti di petrolio, gas e carbone.

Se qualcuno ha dei dubbi in proposito si rilegga la recente storia della Grecia, dove un primo ministro rivoluzionario (sulla carta) come Alexis Tsipras (già capo del movimento giovanile comunista) ha conservato il suo bell’ufficio a Palazzo Maximou scendendo a patti con la Troika, non certo facendo il fenomeno contro i papaveri di Atene, Bruxelles o Wall Street.

Oggi quindi è una buona giornata, perché la chiarezza è sempre utile. Abbiamo infatti capito che c’è una forte “tendenza Casalino” nel governo e nella maggioranza. Se Conte (qualcuno lo avvisi che c’è un po’ di maretta in giro), Tria, Moavero e soprattutto Salvini e Di Maio faranno come dice il portavoce saranno mazzate (per loro). Sull’immigrazione si può manovrare con ampi margini, sui conti no.

Chi non lo capisce è perduto.

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