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Mancano una manciata di ore all’inizio del summit annuale della Nato. Nel 75simo anniversario dell’Alleanza Atlantica, i suoi 32 capi di Stato e di governo si riuniranno a Washington per discutere di sfide presenti e prospettive future, come delineato dal segretario generale, Jens Stoltenberg

Insieme al summit, si terrà pure il Nato Public Forum, l’occasione per l’Alleanza di incontrare la società civile. L’evento potrà essere seguito solo su Formiche.net, media partner italiano del Forum. Dopo aver intervistato l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, già vice segretario della Nato, e Roberta Pinotti, già ministra della Difesa, Airpress ha raggiunto l’onorevole Giangiacomo Calovini (FdI), membro della delegazione italiana presso l’Assemblea parlamentare della Nato e membro della commissione Affari esteri e comunitari della Camera.

Onorevole, quale crede che sia il contributo dell’Italia alla Nato e come può il nostro Paese migliorare la sua partecipazione e influenza all’interno dell’Alleanza?

Il contributo dell’Italia alla Nato è significativo e multiforme. Storicamente, l’Italia ha ricoperto un ruolo cruciale nel far riconoscere il Mediterraneo come un’area strategica di primaria importanza per l’Alleanza Atlantica. A partire dalla metà degli anni ’90, grazie all’iniziativa italiana, la Nato ha iniziato a considerare il Mediterraneo come una regione unitaria di interesse strategico, capace di influenzare le dinamiche geopolitiche globali. Questa visione ha portato allo sviluppo di nuove forme di cooperazione e nuovi forum di dialogo tra gli alleati, come il Gruppo speciale Mediterraneo e Medio oriente dell’Assemblea parlamentare della Nato, di cui sono vicepresidente.

Per migliorare ulteriormente la partecipazione e l’influenza all’interno dell’Alleanza, l’Italia vuole giustamente incrementare gli investimenti in difesa, adeguandosi al target del 2% del Pil richiesto dalla Nato. Questo non solo dimostrerebbe un impegno tangibile, ma rafforzerebbe anche la posizione dell’Italia all’interno dell’Alleanza, dimostrando un contributo concreto alla sicurezza collettiva. Inoltre, l’Italia deve continuare a promuovere iniziative di cooperazione regionale come il Piano Mattei, che rafforzano i legami con i Paesi africani e del Mediterraneo e contribuiscono alla stabilità regionale. Un aumento della partecipazione alle operazioni Nato e agli esercizi multinazionali dimostrerebbe ulteriormente la capacità operativa e l’impegno italiano alla sicurezza collettiva.

Il tema del contributo del 2% del Pil alla Difesa è stato spesso al centro del dibattito all’interno della Nato. Come vede l’Italia il raggiungimento di questo obiettivo?

L’Italia riconosce l’importanza del contributo del 2% del Pil alla Difesa come un elemento chiave per il rafforzamento dell’Alleanza e della sicurezza collettiva. Tuttavia, il raggiungimento di questo obiettivo rappresenta una sfida significativa, considerata la necessità di bilanciare le priorità economiche interne con gli impegni internazionali. Attualmente, il governo sta lavorando per incrementare gradualmente il budget destinato alla difesa, cercando di raggiungere il target stabilito dalla Nato. Questo processo richiede un impegno politico deciso e una concertazione con gli alleati per assicurare una distribuzione equa degli oneri e una strategia condivisa per il rafforzamento delle capacità difensive dell’Alleanza​.

Il raggiungimento del target del 2% del Pil richiede un approccio olistico che comprenda una riforma strutturale del settore della Difesa, una revisione delle priorità di spesa e un rafforzamento delle partnership industriali per migliorare l’efficienza e l’efficacia delle forze armate italiane. Inoltre, è fondamentale promuovere una cultura della Difesa che sottolinei l’importanza della sicurezza nazionale e collettiva tra la popolazione e i decisori politici.

Quali strategie ritiene siano necessarie per rafforzare la sicurezza del fianco Sud dell’Alleanza, considerato cruciale per la stabilità del Mediterraneo e per la gestione delle crisi provenienti dal Medio oriente e dall’Africa?

Rafforzare la sicurezza del fianco Sud dell’Alleanza è essenziale per la stabilità del Mediterraneo e per la gestione delle crisi provenienti dal Medio oriente e dall’Africa. È necessario promuovere una maggiore cooperazione regionale, implementando iniziative come il già citato Piano Mattei, che mirano a stabilire partenariati virtuosi con i Paesi africani. Questi sforzi contribuiranno a risolvere le cause profonde delle migrazioni e a promuovere lo sviluppo sostenibile​.

Migliorare le capacità difensive della regione è fondamentale. L’incremento della presenza militare e delle esercitazioni congiunte nel Mediterraneo migliorerà la prontezza operativa e la capacità di risposta rapida alle minacce emergenti. È altrettanto importante supportare lo sviluppo di infrastrutture critiche e garantire la sicurezza energetica, riducendo la dipendenza da fonti esterne e aumentando la resilienza regionale. Promuovere programmi di assistenza allo sviluppo e di stabilizzazione politica rafforzerà le istituzioni locali e contribuirà a prevenire l’insorgere di conflitti e crisi umanitarie.

L’Italia, grazie alla geografia e al suo impegno diplomatico, è in una posizione privilegiata per guidare queste iniziative e fungere da ponte tra l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa. Il nostro Paese può sfruttare il proprio ruolo all’interno della Nato per promuovere una maggiore integrazione delle politiche di sicurezza e difesa europee, favorendo la cooperazione multilaterale e contribuendo alla sicurezza e alla stabilità regionale e globale.

In conclusione, l’Italia può rafforzare la sua partecipazione e influenza all’interno della Nato attraverso un impegno più deciso nella difesa, la promozione di iniziative di cooperazione regionale e un contributo attivo alla sicurezza del fianco Sud dell’Alleanza. Questo approccio non solo rafforzerà la posizione dell’Italia all’interno dell’Alleanza, ma contribuirà anche alla stabilità e alla sicurezza del Mediterraneo e delle regioni circostanti.

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