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L’Europa ha davvero paura dei migranti? Nella sua tradizionale rassegna su Carnegie Europe che coinvolge esperti europei e internazionali, Judy Dempsey prova ad approfondire il tema che ha segnato il dibattito politico del Vecchio continente negli ultimi anni. Ne emerge un quadro piuttosto composito dei sentimenti europei verso i migranti, che se da un lato ci ricorda l’importanza del tema, dall’altro rende ancora più esplicita l’urgenza di politiche efficaci a livello europeo.

“La storia che non si racconta è quella di una parte di Europa che non ha affatto paura dei migranti”, spiega Rosa Balfour, Senior Fellow al German Marshall Fund degli Usa. Secondo l’esperta non è tanto l’attitudine degli europei verso la migrazione a essere cambiata negli ultimi anni, ma piuttosto “la percezione della rilevanza della migrazione”, a causa di politici senza scrupoli che puntano a generare paura per stare al potere. Gli Stati membri, da parte loro, “chiedono all’Ue di inventare politiche – come il rimpatrio degli immigrati nei loro Paesi di origine – impossibili da implementare, rifiutandosi al contempo di compiere le azioni necessarie per una politica migratoria più moderna e più umana”.

Anche per Tony Barber, editorialista del Financial Times, è la politica la prima a descrivere la migrazione “la madre di tutti i problemi”. Simbolo ne è Horst Seehofer, ministro degli interni tedesco e leader dell’Unione Cristiano-Sociale, che punta ad adescare gli elettori dai partiti di destra anti-migranti nelle elezioni dell’Ottobre prossimo. “I sondaggi – osserva però Barber – mostrano che la maggioranza degli europei non ha paura della migrazione…e la più grande ostilità contro i migranti si registra in posti dove il loro numero è più basso”.

L’ostilità nasce d’altronde nella maggior parte dei casi proprio da una “percezione falsa della loro presenza”. Questo, nota Annalisa Camilli di Internazionale, è quello che sta accadendo in Italia, dove la maggioranza degli intervistati ritiene che i migranti siano il 26% della popolazione totale, mentre i dati mostrano che la cifra reale non supera il 9,5%. Non solo la cattiva politica, ma anche l’informazione ha, secondo la giornalista, giocato un ruolo nella diffusione di false percezioni.

Che la maggioranza degli Europei non abbia paura dei migranti è opinione condivisa da Koert Debeug, direttore del Tahrir Institute for Middle East Policy Europe. Tuttavia – avverte – “la paura c’è e sta crescendo, e la ragione principale è la mancanza di una politica europea sulla migrazione”, mentre ci sono sempre più politici che giocano a criminalizzare i migranti.

Come tutti i grandi fenomeni sociali, anche la migrazione produce i suoi effetti collaterali. Tuttavia, spiega Istvan Hegedus, che presiede l’Hungarian Europa Society, la migrazione “è un bene per l’economia, la crescita e il mondo del lavoro”. Il confronto tra “chi usa una retorica xenofoba contro migranti e rifugiati, come Orban e Salvini, e i promotori di società aperte, è inevitabile…I partiti progressisti devono smettere di accettare che a dominare sia la politica dell’identità e dovrebbero invece promuovere dibattiti razionali sui temi della politica”.

Al netto delle strumentalizzazioni populiste però, come l’opinione pubblica percepisce l’immigrazione è un tema centrale in chiave europea. Jacek Kucharczyk, Presidente dell’Institute of Public Affairs di Varsavia spiega infatti che “le ricerche condotte in tutta Europa mostrano che gli atteggiamenti negativi contro la migrazione sono più affidabili nel predire un voto per i partiti populisti rispetto ai tradizionali indicatori socio-economici”. La paura dei migranti però, secondo l’esperto polacco, non è il risultato della mancanza di attenzione della politica per i problemi delle persone, ma piuttosto dell’opera di “media rumorosi e politici senza scrupoli”.

C’è anche chi, come Daniel Schwammenthal, ritiene che la responsabilità per l’ansia crescente che gli europei nutrono nei confronti della migrazione sia almeno in parte da attribuire anche ai partiti mainstreamche, in nome del politicamente corretto, si sono rifiutati di affrontare i problemi reali prodotti dall’immigrazione, soprattutto quella dai Paesi a maggioranza musulmana, lasciando campo libero ai gruppi più radicali. Molti europei, spiega Schwammenthal, “percepiscono i loro leader come isolati dai problemi reali, e per questo incapaci di fornire risposte e soluzioni efficaci”.

Per Gianni Riotta, membro del Council on Foreign Relations, quella europea per l’immigrazione non è semplice paura ma “terrore”. Sarebbe sbagliato tuttavia ricercarne la causa in ragioni religiose – le chiese in Europa sono mezze vuote – o nell’angoscia “di perdere le proprie radici giudaico-cristiane”. La reazione anti-migratoria è presente a destra così come a sinistra. “Nel corso di tre decenni – conclude Riotta – l’Africa avrà 2,5 miliardi di abitanti, l’Europa 716 milioni, 26 milioni meno di adesso. A quel punto il dibattito sarà molto interessante da seguire.

Insomma, la difficile gestione del fenomeno migratorio è un problema che accompagnerà le classi dirigenti europee negli anni a venire. Per ora, e lo dimostra anche questa rassegna, non c’è l’ombra si una strategia chiara per come affrontarlo.

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