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LE PAROLE DI STOLTENBERG

“Il mondo sta cambiando, e così la Nato si adatta”, ha detto il segretario generale dell’Alleanza Jens Stoltenberg, forte sostenitore della necessità di aumentare il bilancio dell’organizzazione. “Gli alleati stanno investendo nella Nato al fine di affrontare le sfide del nostro tempo, incluse le minacce cyber e ibride, una Russia più assertiva e l’instabilità che attraversa il Medio Oriente e il nord Africa”. Su tutto questo, a luglio, si sono confrontati i capi di Stato e di governo nel summit di Bruxelles, potenziando la deterrenza ad est (ad esempio con i “quattro trenta”) e l’attenzione a sud, con l’Hub di Napoli, dichiarato pienamente operativo. “La Nato – ha aggiunto Stoltenberg – è impegnata ad assicurare che continuiamo a mantenere i nostri popoli al sicuro, in modo che sia efficace e finanziariamente responsabile”.

I NUMERI PER IL 2019

Il budget civile ammonterà a 250,5 milioni di dollari, mentre quello militare a 1,4 miliardi, con un aumento rispettivo del 7,2% e dell’1,9% sull’anno precedente. Il primo include i costi operativi del personale e dei quartier generali a Bruxelles, nonché le capacità di intelligence e pianificazione dei vari asset in dotazione all’alleanza. La seconda si riferisce invece alla Struttura di comando e a tutto quello che riguarda le operazioni e i programmi in giro per il mondo. Per i comandi militari, si prevede un aumento di 1.200 unità nei prossimi tre anni. Tra l’altro, sono compresi anche i fondi destinati ai programmi cooperativi, nonché l’agenda “Women, Peace and Security”. Al budget civile e militare si aggiunge poi quello per il Security investiment programme (Nsip), terzo pilastro del bilancio condiviso, che avrà per il 2019 una dotazione da 700 milioni di euro. L’Nsip copre soprattutto i costi per gli investimenti nei sistemi di comando e controllo.

I PROGRAMMI NEL DETTAGLIO

Per il 2019 circa 273 milioni di euro del budget militare saranno destinati alle missioni e alle operazioni internazionali, tra cui spicca Resolute Support in Afghanistan, la stessa per cui Donald Trump ha annunciato un dimezzamento dell’impegno Usa, pari a circa settemila soldati. Sono coperti poi gli impegni in Kosovo (Kfor) e in Iraq, per cui l’ultimo summit ha lanciato una nuova missione di training. Circa 262 milioni andranno invece a supportare l’operatività dei velivoli di sorveglianza Awacs, impegnati sia nell’est Europa, sia nella coalizione globale di contrasto all’Isis.

QUANTO PAGANO GLI STATI

A tale bilancio contribuiscono tutti e 29 gli Stati membri, in una percentuale che è concordata periodicamente e basata sui rispettivi prodotti interni lordi. Gli Stati Uniti, ad esempio, contribuiscono per il 22% ai budget condivisi, mentre l’Italia copre l’8% del suddetto bilancio. Il Montenegro, ultimo ad essersi aggiunto, paga lo 0,03%, mentre la Germania il 14%, e Francia e Regno Unito quasi l’11%. A tutto questo, è bene dirlo, si aggiunge il contributo definito “indiretto”, quello volontario (a meno di attivazione dell’art. 5 del Trattato, quello che mette in moto il meccanismo di difesa collettiva), fatto di uomini, mezzi e risorse che vengono fornite per le missioni.

LE RICHIESTE USA

I riferimenti in questo caso sono noti, e riguardano il 2% del Pil da spendere in Difesa e il 20% di questo da impegnare in grandi equipaggiamenti, tutto entro il 2024. È proprio su questa seconda parte (indiretta) che si è concentrata negli ultimi mesi la pressante richiesta di Donald Trump. Secondo l’ultimo rapporto del segretario generali, difatti, gli Stati Uniti rappresentano il 51,1% del Pil totale dell’Alleanza, ma arrivano a coprire ben il 71,7% delle spese complessive destinate alla difesa. Washington spende circa il 3,6% del Pil nella Difesa, con percentuali che si prevedono in forte aumento nei prossimi anni grazie all’input consistente che Trump ha dato al budget nazionale, con 700 miliardi nel 2018, 716 per il 2019 e una richiesta che potrebbe arrivare a 750 per il 2020.

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