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Il CyberCom andrà all’attacco. Con un nuovo ordine firmato dal presidente Usa Donald Trump, i guerrieri informatici delle forze armate statunitensi potranno non solo difendere la nazione nello spazio cibernetico, ma avranno più libertà sul campo di battaglia nel decidere quali obiettivi colpire anche in maniera preventiva, superando alcuni limiti imposti dalla precedente amministrazione Obama.

I NUOVI POTERI

Mentre oltreoceano si discute ancora di Russiagate e di interferenze estere nei processi democratici del Paese, la decisione della Casa Bianca, che assegna nuove deleghe al segretario della Difesa, prosegue in realtà uno sforzo già avviato lo scorso anno per rendere più incisive e all’avanguardia le cyber operazioni statunitensi. D’ora in poi, spiega il Wall Street Journal, il Pentagono potrà utilizzare strumenti e tecniche informatiche per distruggere o degradare la rete di un avversario (una modalità già testata contro lo Stato Islamico) o soffocare gli attacchi in corso.

LE DIFFERENZE CON OBAMA

Si tratta, rileva il Washington Post, di un deciso cambio di rotta rispetto al recente passato. L’ordine informatico di Trump sostituisce, infatti, quello emesso dal suo omologo Barack Obama nel 2012, chiamato direttiva presidenziale 20, che ha definito un quadro per intraprendere azioni informatiche offensive e difensive. Molti operatori cibernetici militari l’avevano però vista come una costrizione inutile, che ora viene meno.

LA SEPARAZIONE DALLA NSA

L’arrivo della direttiva di Trump si incrocia, inoltre, con un altro dei cambiamenti informatici più importanti degli ultimi anni per Washington: la separazione definitiva tra National Security Agency e Cyber Command. Le due realtà sono guidate dallo stesso capo, oggi il generale Paul Nakasone (che ha preso il posto dell’ammiraglio Mike Rogers). La richiesta di porre fine a questo “doppio cappello” risale all’amministrazione Obama, ma la decisione di superarlo è stata via via rimandata. Recentemente, dopo aver valutato il dossier, anche Nakasone ha ritenuto che sia prematuro separare le due entità, perché il braccio militare del CyberCom necessiterebbe ancora del supporto di intelligence dato dalla Nsa.

Le raccomandazioni del generale, presentate il 5 agosto, passeranno ora al vaglio di Joseph Dunford, al vertice del Capo di Stato Maggiore congiunto, per poi arrivare al segretario della Difesa Jim Mattis, al quale spetta l’ultima parola sulla questione.

LA QUESTIONE RUSSA

Qualunque sia la scelta operata, pare però ormai diffusa la volontà di rendere più semplice, per i cyber guerrieri americani, avere la necessaria autonomia per contrastare alcuni pericoli. Il riferimento, rimarcano gli addetti ai lavori, è soprattutto alla Russia. Giocare d’anticipo rispetto alle azioni di interferenza registrate in precedenza e su quelle future – più volte denunciate dai servizi segreti americani e talvolta fonte di tensioni con la stessa Casa Bianca – potrebbe essere decisivo. Sono molti gli aspetti da non sottovalutare in questo cambiamento. Per l’ex coordinatore della cyber diplomacy di Foggy Bottom, Chris Painter, sostenere l’uso di capacità informatiche non deve andare a discapito di altre azioni nazionali né compromettere la raccolta di informazioni o le relazioni tra Paesi.

LA VELOCITÀ NECESSARIA

Tuttavia, attaccare nel cyber spazio, sottolineano gli esperti sentiti dal WaPo, è stato finora troppo complesso per il Pentagono: con Obama, il processo coinvolgeva il Dipartimento di Stato e le agenzie di intelligence sotto la guida del Consiglio di sicurezza nazionale, mentre l’approvazione finale apparteneva sempre al presidente. Questa linea di comando – racconta Politico – avrebbe creato non pochi problemi ed è ritenuta, in ambienti militari ed operativi, troppo lenta per stare al passo con la velocità delle azioni informatiche, spesso determinate in spazi di pochissimi minuti. Senza contare, si evidenzia ancora, che il CyberCom, per essere pienamente funzionale, dovrebbe poter contare su una guida autonoma ed esclusiva.

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