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Il centrodestra implode sulla Rai? È l’interrogativo dell’inizio di questa estate che si annuncia climaticamente capricciosa. Intanto non sarebbe la prima volta che gli equilibri Rai travolgono alleanze e governi: la Rai è “il” Palazzo, forse l’unico Palazzo pasoliniano rimasto in piedi nella Roma dal profilo basso (e spesso vuoto) dell’antipolitica. Da sempre gli equilibri Rai precedono quelli del parlamento, nessun sondaggista può prevedere i mutamenti elettorali con la precisione di chi osservi i riposizionamenti di boiardi e giornalisti della tv pubblica.

Tutto ciò premesso, non è la Rai la causa della crisi del centrodestra. Essa ha cause ormai strutturali, sedimentate. Il centrodestra storico si ripropone nel 2018 diminuito nei consensi e nella compattezza: la salute elettorale della Lega ha compensato la caduta di consensi di Forza Italia e del partitino di destra succeduto nel centrodestra ad Alleanza Nazionale. Se ben riflettiamo questi tre partiti si erano separati già più volte nel decennio precedente: Fi e FdI nascono dalla scissione consensuale del Pdl, fallimentare esperimento di partito unico del centrodestra culminato nell’epica tenzone di Berlusconi e Fini; la Lega si era opposta al governo Monti che invece Berlusconi e Meloni avevano appoggiato, e quello spartiacque fu il libro della genesi delle opposte fortune elettorali di Fi e Lega.

Più che un rilancio del centrodestra, l’ultima campagna elettorale ne è stata la finzione scenica, e coerentemente dopo le elezioni Berlusconi e Salvini si sono mossi in direzioni diverse. Berlusconi ha provato a costruire un governo di centrodestra repubblicano aperto a un’astensione benevola o tecnica del Pd; Salvini ha visto in questa ipotesi il pericolo di assumere pesanti responsabilità di governo per giunta in condominio con gli odiati democratici, e lasciando una prateria di elettorato populista all’opposizione pentastellata.

Salvini ha preferito coinvolgere M5S in una esperienza di governo complessa e contraddittoria, rischiosa e scivolosa. Il presupposto di questo esperimento è profondamente moroteo, nel senso della volontà di compromettere col governo un movimento antagonistico altrimenti consegnato all’estremismo populista. L’accostamento del moroteismo a Salvini farà arrabbiare i cattocomunisti, ma concettualmente è lo strumento di analisi più efficace per spiegarci le scelte salviniane.

La conseguenza di queste scelte è che il centrodestra oggi viene derubricato a format per alleanze locali. Lo scenario nazionale prepara un percorso diverso per Berlusconi e Salvini. Se il governo durerà, difficilmente in fondo alla legislatura ritroveremo il centrodestra. La sorpresa potrebbe essere però un superamento del tripolarismo a beneficio di un nuovo assetto bipolare coi giallo-verdi da una parte e un’alternativa gemmata dalle opposizioni parlamentari.

Rotondi

Salvini il moroteo. Rotondi spiega il futuro del centrodestra (diviso)

Di Gianfranco Rotondi

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