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Scena 1

“A tutte le persone che intervisto chiedo di fare una cosa per me, è una cosa tipica del mio show, le chiedo di alzarsi e fare un piccolo salto”. “Perché dovrei fare una cosa del genere? Non c’è nessun motivo per il quale io debba fare un salto. Io ho fatto grandi balzi in avanti, non piccoli salti in studi televisivi. È un gesto che viene fatto da chi vuole essere considerato normale o popolare. Io non voglio perdere il rispetto delle persone che mi hanno dato fiducia per anni”. Nel 1995, cinque anni dopo aver lasciato Downing Street, Margaret Thatcher, la donna di ferro, rilascia un’intervista alla giornalista Stina Lundberg Dabrowski per la televisione svedese. La conduttrice era famosa per chiedere ai propri ospiti di compiere un piccolo salto davanti alle telecamere, forse per dimostrare l’umanità di questi personaggi iconici, forse per scatenare ilarità nel pubblico da casa. Thatcher, irremovibile, gela Stina Lundberg Dabrowski: “I made great leaps forward, not little jumps in studios”. La Iron Lady non cede nemmeno quando la giornalista le comunica che anche l’ex presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbachev, aveva fatto un piccolo salto per lei.

Scena 2

“L’altra sera avete inviato così tante foto dei vostri ‘bambini felini’ che ho pensato di ripubblicarne alcune, è bello avere qualche micio in pagina che porta un po’ di tranquillità serale.Naturalmente, potete commentare con la foto del vostro!”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha augurato alcuni giorni fa una buona serata ai suoi oltre 3 milioni di follower su Facebook. Per quale motivo una figura istituzionale di tale rilievo è portato a pubblicare foto di gattini sul suo principale canale di comunicazione? Le leggi dei social network hanno stravolto anche la comunicazione politica: non si dice più quello che si vuol dire, si dice quello che i follower vogliono sentire, e questa dei gattini ne è la prova più lampante.

Scena 3

“Quando andavamo in spiaggia papà indossava sempre la giacca e, quando gli chiedevo una spiegazione, lui mi rispondeva che essendo un rappresentante del popolo italiano doveva essere sempre dignitoso e presentabile”. Con queste parole Agnese Moro, figlia dello statista italiano Aldo Moro, raccontava ad alcuni studenti delle scuole medie di Gavirate un lato inedito del cinque volte presidente del Consiglio e leader della Democrazia Cristiana. Uno statista che, anche se al mare con la sua bambina (come testimoniano alcuni scatti fotografici emblematici), non smette mai di rappresentare il suo popolo, neppure nei momenti più privati.

Scena 4

Il ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ospite del programma televisivo “Alla lavagna” in onda su Rai3, decide di gattonare davanti a una classe di bambini esaltati per mimare la frase “Come un gatto in tangenziale”. Una scelta decisamente poco istituzionale soprattutto per un ministro che nei primi mesi di governo ha inanellato una serie indimenticabile di gaffe, basti pensare all’inesistente tunnel del Brennero, all’esultanza da stadio in occasione dell’approvazione da parte del Parlamento del Decreto Genova o, ancora, alla dichiarazione di volere un ponte (o meglio, di un viadotto autostradale) su cui “giocare, mangiare e socializzare”.

A cosa stiamo assistendo? A cosa dobbiamo questa dissacrazione della comunicazione politica e delle figure istituzionali?

Elementi non trascurabili sono l’avvento e la crescita esponenziale dei social network come mezzi di comunicazione veloci, orizzontali e always-on. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività”, affermava Umberto Eco. Per quanto visionaria, la dichiarazione del semiologo è oggi riduttiva. La community online è composta da elettori e da futuri elettori, e i vari Facebook, Twitter, Instagram, sono gli strumenti più diretti e immediati per i politici per catturare l’attenzione delle persone, cercando di portarle dalla propria parte. Sono ormai quasi desueti in Italia i confronti televisivi tra i leader dei principali schieramenti prima degli appuntamenti elettorali: oggi la partita si gioca online, tra dirette video (che sono monologhi degni del miglior “Alò Presidente”, condotto dall’ex dittatore venezuelano Hugo Chavez) e botta e risposta con post – più o meno – accattivanti. Ma il capovolgimento a cui stiamo assistendo è epocale: si passa dai “leader” (termine che può identificare i protagonisti delle scene 1-3) ai “surfer”, capi che cercano ostinatamente e continuamente di cavalcare l’onda, assecondare la folla e i suoi istinti per un pugno di “mi piace” che può tramutarsi in consenso.

Cinquanta anni fa i ministri potevano recarsi liberamente in spiaggia in giacca e cravatta, oggi vanno al Papeete Beach a Milano Marittima con la lingua di fuori, quasi obbligati a ciò per fare “passerella”, e pubblicano sui social network ogni intreccio delle loro vite sentimentali, fino a consentire la diffusione di selfie seminudi su un letto.

Tra il giacca e cravatta di Aldo Moro e i gattini (e i gattoni) si può trovare un equilibrio di forma e sostanza che riporti la politica e la comunicazione politica a un giusto mezzo che sia pop, ma non trash.

 

Per una comunicazione politico istituzionale pop, ma non trash

Scena 1 “A tutte le persone che intervisto chiedo di fare una cosa per me, è una cosa tipica del mio show, le chiedo di alzarsi e fare un piccolo salto”. “Perché dovrei fare una cosa del genere? Non c’è nessun motivo per il quale io debba fare un salto. Io ho fatto grandi balzi in avanti, non piccoli salti…

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